2024-04-24
Le contorsioni di Speranza davanti ai giudici
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
L’ex capo della Salute si smentisce da solo davanti al Tribunale dei ministri durante l’interrogatorio Sui social aveva detto di aver firmato lui per i sieri, coi giudici cambia: «Le trattative? Fatte dell’Ue».È impressionante la serie di contraddizioni, bugie e arrampicate sugli specchi che Roberto Speranza ha collezionato nel suo interrogatorio del 3 febbraio scorso, dinanzi al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Roma. I giudici hanno archiviato l’ex ministro, ma il contenuto delle sue dichiarazioni si presta a riflessioni che vanno ben al di là delle questioni penali. E chiamano in causa, semmai, le responsabilità politiche dell’uomo che ha spadroneggiato negli anni della pandemia. Responsabilità politiche che, a quanto risulta, Speranza non ha alcuna voglia di discutere. Non per nulla egli continua a ondeggiare tra due atteggiamenti: da un lato rivendica la sua formidabile azione ministeriale, suggerendo che dovremmo ringraziarlo; dall’altro si pone come vittima di perfidi odiatori che lo crocifiggono per colpe non sue.Ma veniamo all’interrogatorio. L’ex ministro s’impantana quasi subito, quando gli viene chiesto di ricostruire la vicenda delle trattative che avevano portato all’acquisto dei vaccini. «Tutti i contratti con le compagnie farmaceutiche», spiega, «sono stati sottoscritti dalla Commissione europea. I Paesi membri hanno dato mandato alla Commissione europea di contrattare, e successivamente sottoscrivere, questi contratti». Perché? Al cospetto delle multinazionali, i negoziati separati, «Stato per Stato», avrebbero comportato «condizioni contrattuali, probabilmente, peggiorative». Almeno col senno di poi, possiamo sostenere che tanta fiducia nelle doti dei funzionari di Bruxelles è stata mal riposta: alla fine, le nazioni dell’Unione hanno dovuto sgomitare per liberarsi delle clausole capestro contenute negli accordi cui avevano lavorato l’italiana Sandra Gallina e - anche in maniera opaca, tramite i famosi messaggini scomparsi nel nulla - Ursula von der Leyen. Ma ciò che non torna della versione dell’ex ministro è un altro dettaglio.Secondo Speranza, la «consapevolezza» che si sarebbe dovuta coinvolgere l’Europa era nata «in un confronto prima di tutto tra me e il ministro tedesco, poi coinvolgiamo il ministro francese e quello olandese, costruiamo noi quattro per primi una alleanza dei vaccini, per l’acquisto dei vaccini e quando ci rendiamo conto che i principali Paesi del mondo stavano procedendo all’acquisto dei vaccini, e sulla base della nostra iniziativa, la Commissione europea guidata da Von der Leyen e dalla commissaria alla Salute Kyriakides (Stella, ndr), valutano positivamente il senso della nostra iniziativa […]».La brillante trovata cui si riferisce il politico potentino è quella che lui stesso annunciò, con un post su Facebook, il 13 giugno 2020, nel giorno in cui partirono gli Stati generali dell’economia voluti dall’allora premier, Giuseppe Conte: «Insieme ai ministri della Salute di Germania, Francia e Olanda», giubilò il ministro, «dopo aver lanciato nei giorni scorsi l’alleanza per il vaccino, ho sottoscritto un contratto con Astrazeneca per l’approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi di vaccino da destinare a tutta la popolazione europea». Ai magistrati, però, Speranza racconta un’alta storia. Spiega che, avendo deciso di affidare la pratica all’Ue, «noi abbiamo rinunciato a una trattativa individuale come Paese e ognuno di noi è stato beneficiario di una quota di vaccini proporzionale agli abitanti». E precisa: «Noi non abbiamo mai firmato un contratto, cioè io personalmente non ho firmato contratti, non ho fatto trattative, perché sono state delegate alla Commissione europea». Poco dopo, ribadisce: «Io personalmente non ho mai firmato contratti con aziende farmaceutiche». Ma come? Il 13 giugno 2020, sui social, Speranza proclamava trionfante di aver «sottoscritto un contratto con Astrazeneca»; davanti al Tribunale dei ministri, invece, dichiara addirittura di non aver «mai firmato un contratto», almeno non «personalmente»? A siglare quello con la società anglosvedese ci aveva mandato il suo Doppelgänger? O forse anche quel vecchio comunicato è frutto di una trama no vax? Delle due l’una: o Speranza ha mentito agli italiani, oppure non l’ha detta giusta alle toghe.La sensazione è che, insieme a quello sull’Aifa, lo scaricabarile su Bruxelles servisse all’ex ministro per dribblare ogni critica sulle condizioni - non proprio vantaggiose - ottenute da Big pharma. Insomma, l’Italia e gli altri partner europei hanno rinunciato alla sovranità in buona fede; «io come ministro della Salute non ho firmato contratti con le compagnie e aziende farmaceutiche, e ci siamo anche impegnati a non fare trattative»; se lui c’era, dormiva; di tutto il resto, va chiesto conto alla Von der Leyen e al suo entourage.«Io non ho trattato in nessuno modo», insiste Speranza. «Non era mia competenza, io da ministro davo l’indirizzo politico». Torna, come sulla questione degli effetti avversi e della gestione della campagna vaccinale, l’improvvisa modestia dell’uomo che sostiene di doversi limitare a dare istruzioni generiche. Stavolta, l’«indirizzo politico […] era quello di provare a salvare vite». Era Batman o l’inquilino di lungotevere Ripa? È a questo punto che emerge una cornucopia di inesattezze scientifiche. La presidente del collegio chiede all’ex ministro lo scopo per cui erano stati autorizzati i vaccini. Risposta: «Contrastare la diffusione del virus e le conseguenze che la diffusione del virus aveva sulla popolazione e sul Servizio sanitario nazionale. Quindi contenere, provare a limitare i danni della pandemia». Si tratta di un passaggio cruciale. Il decreto sull’obbligo vaccinale per i sanitari, difatti, disponeva «disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da Sars-Cov-2 mediante previsione di obblighi vaccinali». Non parlava di «limitare i danni» del Covid. La differenza è sostanziale, benché persino la Consulta, pur di salvare la norma voluta dal governo Draghi, si sia aggrappata all’equivoco.Il magistrato domanda: «I vaccini sono stati autorizzati per la cura della malattia, o come prodotti per prevenire il contagio, e impedire la trasmissione del virus?». Così, Speranza indossa i panni del manzoniano Azzeccagarbugli: «Sì, la malattia arriva se nel corpo di una persona arriva questo virus» e, per la proprietà transitiva, «la malattia non arriva se non c’è il virus nel corpo dell’uomo». Pacifico. Se ne dovrebbe concludere che, siccome il vaccino non previene il contagio, esso andava considerato al più una terapia preventiva. L’ex ministro, tuttavia, si avventura in una articolata illustrazione del meccanismo con il quale quei farmaci educano il nostro sistema immunitario a riconoscere e neutralizzare la proteina Spike del Sars-Cov-2. Ne desume che «questa discussione» (cioè quella sulla differenza tra prevenzione del contagio e della malattia) sia solo «teorica». Eppure, è costretto ad ammettere che «l’obiettivo» del vaccino - ovvero rendere inoffensiva la Spike - «non avviene sempre pienamente, ma la contiene». Ergo, bisogna accontentarsi del fatto che, «nel caso in cui un vaccinato contrae il Covid, […] mediamente i casi sono meno gravi». Già. Peccato che le leggi non debbano procedere per approssimazione: un obbligo vaccinale stabilito per la «prevenzione del contagio» è diverso da uno che mira a «contenere» la gravità della malattia, o a «evitare che il Covid esplodesse».Anche perché - sta qui l’altra contraddizione di Speranza - il Covid è esploso ugualmente. Quello che le mail interne all’Aifa, svelate da Fuori dal coro, definivano, già a inizio 2022, «fallimento vaccinale», era diventato sistematico con la comparsa della variante Omicron. Erano ormai motivo di imbarazzo i report dell’Iss, dai quali veniva fuori che le infezioni erano più frequenti tra i vaccinati che tra i non vaccinati. Ora, è vero che, complice anche l’attenuazione della virulenza del Sars-Cov-2, i casi gravi, in proporzione, calavano. Ma le restrizioni non cessarono affatto; anzi, il regime fondato sul green pass si inasprì. E su questo aspetto, l’ex ministro racconta ancora inesattezze.«Prima del vaccino», argomenta durante l’interrogatorio, «noi avevamo il distanziamento […] fino all’estrema arma del lockdown». Ma il distanziamento e persino il lockdown, con diverse modalità rispetto alla prima ondata, ce lo siamo tenuto ben oltre l’arrivo del vaccino. Ricordate le Regioni-semaforo? Le zone bianche, gialle, arancioni e rosse? Ebbene: il sistema a colori fu abolito, insieme alla scadenza dello stato d’emergenza, soltanto il 31 marzo 2022. Oltre un anno dopo l’inizio delle vaccinazioni. Sì, le chiusure erano diventate selettive e colpivano quasi esclusivamente i renitenti, sebbene, dati alla mano, avessero persino meno possibilità di infettarsi rispetto a chi aveva ricevuto due o tre dosi. Fatto sta che, per andare al ristorante, al bar o sul treno, bisognava esibire il famigerato codice a barre. Di sicuro, i consigli degli esperti non c’entravano. Anzi, di recente, Gianni Rezza ha rinnegato il super green pass: «Un eccesso», l’ha definito l’ex direttore della Prevenzione al dicastero. Sarebbe interessante sapere a questo punto: chi dobbiamo considerare responsabile per l’imposizione del super green pass? Speranza o altri? La tessera verde, a noi risulta, fu in effetti un memorabile capolavoro dell’arte di imprimere un «indirizzo politico». Un’arte che Speranza dice di padroneggiare solo quando gli fa comodo.
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)