2020-05-19
Le balle di Giuseppi non hanno più gambe. Berlino parla chiaro: vogliamo controllarvi
Angela Merkel ed Emmanuel Macron (Adam Berry/Getty Images)
Boom Btp Italia. Angela Merkel ed Emmanuel Macron (senza Giuseppe Conte) spiegano il Recovery fund: una sòla. Manfred Weber (Ppe): diteci come spendete.Giallo sul sito del Fondo salvastati: «Procedure nazionali già avviate». Regling & C parlano di ok già dati. Roberto Gualtieri con che mandato ha agito? E quando? Lo speciale comprende due articoli.Cari concittadini, state sereni. L'Unione europea, infatti, farà il possibile per evitare il fallimento del nostro Paese. Ma non illudetevi, è solo perché conviene a Berlino. È questo, in estrema sintesi, l'incredibile ragionamento esposto da Manfred Weber, capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, nell'intervista pubblicata ieri da Repubblica. Certo, dall'interlocutore di Weber non potevamo aspettarci coccole e grattini. Christoph B. Schiltz è lo stesso giornalista che ai primi di aprile dalle colonne del Die Welt invitava Angela Merkel a essere «irremovibile» in occasione della concessione di fondi all'Italia, dal momento che «la mafia è in tutto il Paese un'entità che non aspetta altro che una nuova pioggia di denaro da Bruxelles». Ma il colloquio tra i due dimostra, casomai ce ne fosse bisogno, come oggi l'unico collante in grado di tenere in piedi l'euro sia la sua utilità per la Germania.«Vogliamo un'Ue che sia una mera unione di interessi, oppure vogliamo costruire un'autentica democrazia europea?», si chiede il presidente del Ppe. «Dobbiamo finalmente essere disposti a mettere da parte gli egoismi nazionali», perché «se ognuno continuerà a cercare di cavarsela per conto suo, ben presto all'Europa verrà a mancare l'aria». Un dialogo che sembra partire bene, ma in realtà si tratta solo un gioco delle parti, con il giornalista a chiedersi se la direzione auspicata non risulti in effetti «molto costosa per le generazioni future in Germania». Altro che solidarietà, spiega Weber: la verità è che «nemmeno la Germania uscirà bene da questa crisi, se il resto d'Europa sarà fra gli sconfitti». Un concetto illustrato bene anche se con altri termini, sempre ieri e sempre su Repubblica, da Hildegard Muller, presidente dell'Associazione tedesca dei costruttori di auto. Senza gli aiuti alla manifattura nostrana, spiega la Muller, la produzione tedesca rischia di naufragare. Ma torniamo a Manfred Weber: «Voglio essere chiaro. Non deve accadere che Paesi come l'Italia o la Spagna utilizzino gli aiuti miliardari del fondo per la ricostruzione per tappare i buchi di bilancio o pagare le pensioni. C'è bisogno di controlli rigorosi, per garantire che il denaro venga speso correttamente». Un pensiero che tradisce la sfiducia di fondo per il nostro Paese, da sempre accusato di essere spendaccione e poco rispettoso delle regole di bilancio. Perciò occorre non solo che il «Fondo per la ricostruzione sia controllato e approvato dal Parlamento europeo», ma anche che tutti i soggetti (oltre al Parlamento, la Commissione e la Corte dei conti europea) abbiano «la possibilità di una verifica diretta» per consentire loro di «accedere alle prenotazioni dei vari Paesi per l'utilizzo dei miliardi provenienti dal fondo». Gli «amici» tedeschi sono disposti a mettere mano al portafogli, ma solo per salvare la propria economia e a patto che i Paesi beneficiari siano sottoposti a rigidissime condizioni e stretta sorveglianza. Uno scenario straordinariamente simile, cioè, a quello già visto in Grecia nel decennio appena trascorso.Ma ieri come oggi in Europa comanda la Germania, e in assenza di una leadership alternativa l'unica possibilità resta quella di rimanere pervicacemente attaccati alla giacchetta di Angela Merkel. Timoroso dei potenziali danni della sentenza di Karlsruhe e tormentato dall'ossessione di finire escluso dai giochi, il presidente francese Emmanuel Macron è tornato come il figliol prodigo tra le braccia di mamma Angela. Con una conferenza stampa «a sorpresa», ieri Francia e Germania hanno annunciato di aver raggiunto l'intesa su un recovery fund da 500 miliardi di euro, con l'obiettivo di «sostenere una ripresa sostenibile che ripristini e rafforzi la crescita nell'Ue». Mica soldi che cadono dal pero, perché la misura sarebbe finanziata sui mercati dalla Commissione europea nell'ambito del Quadro finanziario pluriennale (Mff). Nessun regalo, sia chiaro. Si tratta pur sempre di prestiti, con un «volume e scadenze chiaramente specificate e un piano vincolante di restituzione». In cambio, Francia e Germania chiedono «l'impegno da parte degli Stati membri a mettere in atto robuste politiche economiche e un'ambiziosa agenda di riforme». Tradotto: lacrime e sangue. Nonostante tutto, il piano franco-tedesco rappresenta «un buon punto di partenza» secondo Palazzo Chigi. A proposito, dov'era Giuseppi quando Emmanuel Macron e Angela Merkel prendevano decisioni fondamentali per conto di centinaia di milioni di cittadini europei? Nel frattempo, dopo le aste dei giorni scorsi, ieri abbiamo dimostrato ancora una volta di poterci finanziare con successo sui mercati. Come dimostra l'ottima partenza dell'emissione speciale del Btp Italia dedicata a coprire parte delle spese causate dalla crisi del coronavirus, la cui domanda nella prima delle tre giornate ha raggiunto quota 4 miliardi. Un successo messo a rischio proprio dal premier, che non escludendo il ricorso al Mes - a differenza di Spagna, Portogallo e Grecia - continua a lanciare segnali negativi ai mercati.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/le-balle-di-giuseppi-non-hanno-piu-gambe-berlino-parla-chiaro-vogliamo-controllarvi-2646028943.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="giallo-sul-sito-del-fondo-salvastati-procedure-nazionali-gia-avviate" data-post-id="2646028943" data-published-at="1589842504" data-use-pagination="False"> Giallo sul sito del Fondo salvastati: «Procedure nazionali già avviate» «Procedure nazionali». Sono le due parole che volteggiano da tempo intorno alla parola Mes. Sin dal tormentato Eurogruppo del 9 aprile, la proposta di istituzione, da parte del Mes, di una linea di credito per il finanziamento delle spese sanitarie connesse al Covid 19, è stata accompagnata da «tenendo conto delle procedure nazionali e degli obblighi costituzionali» («while respecting national procedures and constitutional requirements»). Anche nel successivo Eurogruppo dell'8 maggio, si specificava che, solo dopo aver espletato le procedure nazionali, il Consiglio dei governatori del Mes avrebbe deliberato l'istituzione della linea di credito. Al punto 10, si aggiungeva che «fatto salvo l'espletamento delle procedure nazionali riguardanti ciascuna domanda, il Consiglio dei governatori approverà il protocollo d'intesa (ridenominato “Pandemic Response Plan"), la decisione individuale di prestare assistenza finanziaria ed il relativo dispositivo». Il 15 maggio il Consiglio dei governatori, in cui siede il nostro ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, ha infine adottato la decisione. Quasi contemporaneamente la pagina del sito del Mes, annunciava che la linea «dopo l'espletamento delle procedure nazionali, era stata resa operativa». Ma, ancora per tutta la giornata di domenica, la ricerca su Google restituiva nella «meta description» (le due righe che appaiono sotto il titolo di una ricerca) che la linea «dopo l'espletamento delle procedure nazionali, sarà resa operativa». Incuriositi dalla differenza, abbiamo chiesto chiarimenti all'ufficio stampa del Mes. In particolare: 1 A quali procedure nazionali si riferissero e se fossero già state espletate. 2 Se la richiesta del prestito fosse soggetta a tali procedure e se il Mes avesse titolo per verificare, all'atto della richiesta, l'avvenuto espletamento di tali procedure. La risposta ha chiarito solo un pezzo della vicenda, già molto interessante. Le procedure di cui si parla sono relative al potere di prendere certe decisioni conferito a ciascun rappresentante nazionale nel Consiglio del Mes. A seconda dei Paesi e del tipo di decisioni, il potere di voto del rappresentante nazionale può richiedere l'approvazione del governo, del Parlamento o una consultazione parlamentare. Non essendoci stata alcuna consultazione parlamentare, dobbiamo quindi presumere che il voto di approvazione del ministro Gualtieri, rientrasse nei suoi poteri o in quelli conferitigli da un atto collegiale del governo. E già questo è indicativo della subalternità del nostro Paese: consentiamo a un nostro ministro di decidere in un consesso così importante, senza un preventivo atto dell'esecutivo o, meglio ancora, un avallo parlamentare. Altri Paesi lo fanno ed il loro rappresentante nel Consiglio del Mes non può esprimere un voto se non esplicitamente autorizzato. Il Mes, per deliberare, deve attendere il completamento di questa procedura. Ma è sulla seconda domanda, a cui non abbiamo ricevuto risposta, che ora si concentrano i riflettori. Secondo il punto 10 sopra menzionato, le procedure nazionali sono previste anche qualora si chieda il prestito. A tale richiesta, farà seguito la firma di un protocollo di intesa e la decisione del Consiglio specifica per il Paese richiedente. Tutti atti in cui il Consiglio del Mes dovrà verificare che il soggetto firmatario (ministro o capo del governo) abbia adeguati poteri. Allora, nella malaugurata ipotesi che il nostro Governo decida di accedere a quel prestito, ci si chiede come il Mes e il Governo possano ignorare l'articolo 5 della Legge 234 del 2012. Il cui primo comma dispone che «Il governo informa tempestivamente le Camere di ogni iniziativa volta alla conclusione di accordi tra gli Stati membri dell'Unione europea che prevedano l'introduzione o il rafforzamento di regole in materia finanziaria o monetaria o comunque producano conseguenze rilevanti sulla finanza pubblica». Riuscirà forse il governo a negare che richiedere il Mes non «produca conseguenze rilevanti sulla finanza pubblica»?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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