2019-03-09
L’Azerbaijan falsifica la storia e veicola propaganda anti armena
Ogni anno si commemorano le vittime della strage di Sumgait e di Khojalu. L'ambasciatrice della Repubblica d'Armenia in Italia Victoria Bagdassarian: «I copresidenti del gruppo di Minsk dell'Osce sottolineano costantemente la necessità di adottare delle misure per stabilire una fiducia reciproca, di mettere fine alla propaganda a livello statale che semina odio e ostilità tra i popoli e alla retorica belligerante».Il conflitto del Nagorno Karabakh è scoppiato negli ultimi anni dell'esistenza dell'Urss, a seguito dell'aggressione dell'Azerbaijan contro gli armeni del Nagorno Karabakh al fine di contrastare la loro decisione di esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione. Le autorità dell'Azerbaijan hanno contrastato le manifestazioni pacifiche del popolo del Nagorno Karabakh con violenze organizzate contro la popolazione armena in numerose città dell'Azerbaijan. A fine febbraio di ogni anno gli armeni di tutto il mondo commemorano le vittime dei massacri avvenuti nella città di Sumgait nel 1988.Una risoluzione del Parlamento europeo adottata il 7 luglio 1988, a distanza di pochi mesi dalla tragedia, definisce l'accaduto come «massacro di armeni». Allo scopo di ridurre la risonanza internazionale degli eventi di commemorazione delle vittime di Sumgait, l'Azerbaijan ha orchestrato delle speculazioni sulla tragedia accaduta agli abitanti di Khojalu nel 1992, durante la guerra del Nagorno Karabakh. L'Azerbaijan continua a affermare che «le forze armate armene hanno attaccato la località di Khojalu, dove sono stati uccisi dei civili». In questo modo l'Azerbaijan cerca di sottrarsi alla responsabilità per i massacri commessi nei confronti degli armeni non solo a Sumgait, ma anche a Baku, Kirovabad, Maragha e in altre città dell'Azerbaijan. In realtà gli abitanti di Khojalu avevano utilizzato il corridoio umanitario lasciato dagli armeni e avevano raggiunto la regione di Aghdam, che si trovava sotto il controllo azerbaijano dove poi sono stati uccisi. Tutti questi fatti sono stati dimostrati proprio dalle fonti azere, dai racconti dei testimoni oculari e di vari giornalisti. Subito dopo questi eventi tragici, l'allora presidente dell'Azerbaijan, Ayaz Mutalibov, aveva rilasciato un'intervista nella quale denunciava che i colpevoli per l'uccisione degli abitanti di Khojalu non erano i militari armeni, ma i gruppi armati azeri per una lotta interna per il potere in Azerbaijan. In particolare, in un'intervista rilasciata al periodico Nezavisimaya Gazeta il 2 Aprile 1992, il presidente Mutalibov aveva detto «...gli armeni avevano lasciato il corridoio per la fuga dei civili. Quindi perché avrebbero dovuto aprire il fuoco? Specialmente nell'area intorno ad Aghdam, dove all'epoca c'erano abbastanza forze azere per aiutare i civili?». Ma diffondendo delle infondate accuse di violenza, l'Azerbaijan tenta di giustificare la falsità delle proprie tesi e di presentare gli armeni non come vittime, ma come perpetratori stessi dei massacri. È spiacevole constatare che le autorità azere portino avanti una propaganda antiarmena mirata, radicalizzando la società azera, cercando di unirla nella cosiddetta lotta contro il nemico. Ne è una prova evidente anche la guerra dei quattro giorni dell'aprile 2016 scatenata dall'Azerbaijan, durante la quale sono stati uccisi, con gravi violazioni dei diritti umani, numerosi abitanti civili del Nagorno Karabakh. Questo conferma che i crimini come quelli di Sumgait fanno tutt'ora parte inscindibile della politica delle autorità azere. È importante sottolineare che il conflitto del Nagorno Karabakh non è una rivendicazione territoriale, ma è una questione di esistenza fisica delle persone che vivono in quel territorio. L'Azerbaijan falsa completamente l'essenza e le cause alla radice del conflitto e cerca costantemente di presentare il problema come una disputa territoriale tra l'Armenia e l'Azerbaijan, un approccio che ostacola gli sforzi dei mediatori per la soluzione pacifica del conflitto. L'Azerbaijan usa anche le piattaforme internazionali, le Aule dei Parlamenti dei vari Paesi per veicolare la sua retorica e la sua propaganda antiarmene, cosa che non favorisce assolutamente la soluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh. L'unico formato che ha pieno mandato a livello internazionale di occuparsi della soluzione del conflitto del Karabakh, è la copresidenza del gruppo di Minsk dell'Osce, in base ai tre principi del diritto internazionale: il non ricorso alla minaccia o all'uso della forza, l'integrità territoriale e il diritto all'autodeterminazione dei popoli. I copresidenti del gruppo di Minsk dell'Osce sottolineano costantemente la necessità di adottare delle misure per stabilire una fiducia reciproca, di mettere fine alla propaganda a livello statale che semina odio e ostilità tra i popoli e alla retorica belligerante. Per poter instaurare la sicurezza, la pace e la stabilità nella regione è importante innanzitutto educare le popolazioni alla pace e non alla guerra.