2020-11-05
Conte fermo al semaforo, il governo è in pieno caos
«È come comprare una casa senza vederla». Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, centra il problema: passano le ore e bisogna aspettare l'appuntamento in tv per conoscere il piano di Giuseppe Conte. Siamo rossi, arancioni o gialli? Gli italiani ripiombano improvvisamente dentro un quiz di Mike Bongiorno. La solita conferenza stampa di Palazzo Chigi si sposta di ora in ora fino a ridosso della cena. E in pieno marasma, mentre l'ultimo dpcm risulta firmato ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, di una cosa sola siamo certi: il caos è diventato un metodo di governo. Mai le istituzioni erano state così inaffidabili. Mai gli italiani (comunque avvezzi ad aggrapparsi allo stellone) erano stati costretti a vivere alla giornata come in queste ore febbrili con un destino appeso (... alla roulette. La pallina gira, il premier la osserva come un croupier inebetito e tutti attendiamo di sapere in quale casella andrà a fermarsi. «Scusi, domani il ristorante è aperto?». La domanda nel centro di Milano ottiene una risposta disarmante: «Non lo so, andrò a fare la spesa e poi, eventualmente, la regalerò alla mensa dei poveri». Siamo al livello minimo di sopportazione. Anche un leone da scendiletto finora appiattito alle logiche di partito come Giuseppe Sala, ieri all'imbrunire ha avuto un sussulto e ha twittato: «Caro governo sono le sei di sera, un bar milanese sta chiudendo e ancora non sa se alle sei di domattina potrà riaprire. Quando glielo facciamo sapere?».Le indiscrezioni diventano legge, gli annunci cambiano un destino commerciale ogni quarto d'ora. Una giornata di ansia totale. E mentre si avvicina il lockdown a macchia di leopardo verrebbe voglia di sbranare chi ha creato questa giungla. I presidenti di Regione non ne sanno più del gestore del barista milanese. Attilio Fontana è sfibrato: «Non ci sono ancora i dati nuovi dopo i due dcpm della scorsa settimana, si stanno decidendo le chiusure in base a dati vecchi». Il governo è nel panico oppure gioca scientemente allo sfascio per poi incolpare i governatori. Lo ha intuito anche Vincenzo De Luca, il piddino meno allineato, che tuona: «Più che contro il Covid, la chiusura dalle 22 alle 5 sembra una misura contro il randagismo, visto che non interessa al 99% dei cittadini. La cosa grave è che non si decide nulla rispetto alle decine di migliaia di persone che nei fine settimana si riversano sul lungomare e nei centri storici senza motivi di salute o di lavoro». Siamo alle regole del caos ma qui è in gioco il destino degli italiani, non il giardino della reggia di Versailles. Il premier ha lasciato trapelare tutto, però ha atteso l'ultimo secondo per ufficializzare qualcosa. E l'attesa ha favorito il consueto muoversi «con il favore delle tenebre» della banda Conte. Scuole elementari aperte o chiuse, trasporti al 50 o al 70%, autocertificazioni con formule nuove. Dipende dal colore. «Le misure saranno in vigore da venerdì 6 novembre». Ben due giorni dopo l'allarme terrificante del ministro Roberto Speranza. Allora spuntano due domande: se la situazione sanitaria è così grave perché perdere 48 ore? E se non lo è, perché questa babele frettolosa e contraddittoria di decisioni che il compianto professor Franco Scoglio definirebbe «ad minchiam»? In mezz'ora Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno informato tedeschi e francesi dando linee guida severe e precise. Da noi ecco le regioni rosse, arancioni o gialle. Invece che a una pandemia siamo dentro un gioco di società. Luca Zaia è scettico: «Non ho notizie sulla classificazione del Veneto. La mia preoccupazione non è il colore della fascia, ma che la fascia più bassa venga recepita come semaforo verde». Secondo il dpcm fantasma, a decidere quali territori vengono abbinati ai colori è il ministero della Salute, che ieri s'è degnato di vergare le sue ordinanze solo a sera. E i parametri per stabilire dove una regione si posiziona? Sarebbero 21, li ha decisi il Comitato tecnico scientifico. Ma non ci sono i tamponi rapidi quindi, per esempio in Veneto, quegli indicatori valgono poco. A guidare il Paese dentro il tunnel del virus c'è un dottor Stranamore che ha messo le dita nella presa. E 60 milioni di persone hanno scoperto solo dopo un giorno sulla graticola se il semaforo della loro vita segnerà rosso, giallo o verde. È ancora Fedriga a suscitare sconcerto: «La preoccupazione più grande è chiedere sacrifici drammatici ai cittadini senza che questi siano realmente efficaci». Il caos come metodo di governo ha un effetto sicuro: fiducia sottozero. Più che la zona rossa, a far paura è la zona manicomio.