2022-06-07
Lavrov «perde» l’aereo per Belgrado. Tre Paesi chiudono i cieli al ministro
Impossibile atterrare in Serbia perché Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro impediscono di sorvolare i loro territori. Intanto le truppe di Vladimir Putin avanzano in Donbass. Volodymyr Zelensky: «Severodonetsk è una città morta».Arrivati al centoquattresimo giorno di guerra si fanno sempre più stretti gli spazi di manovra per il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov che ieri ha dovuto annullare la prevista visita in Serbia che sarebbe dovuta durare fino alla giornata di oggi. Il ministro e la sua delegazione sono infatti rimasti a terra dopo che Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro hanno chiuso il loro spazio aereo all’aereo che da Mosca sarebbe dovuto arrivare a Belgrado. Non si è fatta attendere la reazione piccata del diplomatico che ha dichiarato all’emittente televisiva e radiofonica serbo-bosniaca Radio Televizija Republike Srpske (Rtrs): «É inconcepibile la chiusura dello spazio aereo. Se la visita del ministro degli Esteri russo è percepita in Occidente come una minaccia su scala globale, allora, a quanto pare, le cose in Occidente vanno piuttosto male». Successivamente Lavrov ha proseguito parlando di «centinaia di funzionari della Cia e dell’intelligence britannica che lavorano in Ucraina da circa dieci anni e di come i Paesi occidentali, rifiutando le proposte e i compromessi della Russia, hanno giustificato i peggiori timori secondo cui, in pratica, l’Ucraina stesse creando un punto d’appoggio per minacciare e frenare la Federazione Russa». A proposito della decisione di Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro di chiudere il proprio spazio aereo al volo che doveva portare il ministro a Belgrado - dove avrebbe dovuto incontrare il presidente serbo, Aleksandar Vučić, - non può sfuggire il fatto che sia la Serbia così come la Macedonia del Nord e il Montenegro siano Paesi candidati ad entrare nell’Unione Europea, tuttavia, i serbi da tempo paiono essere più a loro agio all’ombra del Cremlino e di Pechino piuttosto che con le istituzioni europee. A questo proposito nell’agosto 2020 la Cina consegnò sei droni d’attacco alla Serbia, che diventò così il primo Paese europeo a schierare velivoli senza pilota militari di fabbricazione cinese. Prima di questa frattura vi fu la lite tra Belgrado e la Nato, dopo che i serbi mostrarono interesse per il sistema di difesa antiaerea russo S-400. A proposito dei Paesi candidati, negli scorsi mesi Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, ha più volte richiamato gli Stati candidati all’ingresso nell’Ue ad uniformarsi alle decisioni prese dalla Commissione europea contro la Russia. Sanzioni comprese. Di armi ha parlato sempre ieri all’agenzia Tass Lavrov che a proposito dei nuovi sistemi a lunga gittata in arrivo all’esercito ucraino (anche dalla Spagna che ha garantito carri armati e missili), ha minacciato pesanti ritorsioni: «La Russia è pronta a colpire territori ucraini più lontani dai propri confini quanto più potente sarà la portata delle nuove armi che Kiev riceverà dall’Occidente. Il presidente Vladimir Putin ha già commentato la situazione che emergerà con l’arrivo di nuovi armamenti, io posso solo aggiungere che più lunga sarà la gittata degli armamenti che fornirete, più noi sposteremo avanti dal nostro territorio la linea oltre la quale la presenza dei neonazisti verrà considerata una minaccia per la Federazione Russa». Intanto le forze russe continuano a combattere all’interno della città di Severodonetsk e secondo lo Stato Maggiore dell’esercito ucraino «hanno lanciato missili contro le città vicine di Slovyansk, Lysychansk e Orikhov e hanno sparato contro le unità ucraine che difendevano Severodonetsk con mortai e artiglieria, danneggiando le infrastrutture nelle città di Metolkino, Borivske, Ustynivka e Toshkivka». Parlando alla stampa a Kiev, il presidente Zelensky ha riferito che la situazione sul fronte orientale è «difficile». Severodonetsk e Lysychansk «sono città morte oggi», ha detto. Sul fronte diplomatico ieri è anche andata in scena l’ennesima puntata dello scontro Usa-Russia e stavolta sono i media americani il bersaglio del Cremlino infatti i rappresentanti del Wall Street Journal, Cnn, Ap, Npr, Alhurra TV sono stati convocati al ministero degli Esteri di Mosca dalla portavoce del ministero Maria Zakharova e secondo il corrispondente capo della compagnia televisiva americana Alhurra TV, Feras Almardini, «i giornalisti sono stati avvertiti di possibili misure di ritorsione se Washington non cambierà atteggiamento nei confronti dei giornalisti russi che lavorano negli Stati Uniti». Infine, in serata il viceministro della Sanità ucraino Igor Kuzin ha affermato che esiste un alto rischio che il colera si diffonda a Mariupol: «La situazione è particolarmente critica. A causa delle sepolture di massa e della mancanza di accesso all’acqua potabile comprendiamo che i rischi aumenteranno gradualmente data la temperatura dell’aria, perché il caldo può contribuire alla diffusione di malattie infettive».