2025-05-28
Il lavoro punta su bonus, veti e studio per frenare l’Intelligenza artificiale
Intelligenza artificiale (iStock)
Il contratto dei call center introduce un garante e aumenti salariali per le certificazioni formative dell’Ia. Nell’intesa di attori e interpreti è vietato riprodurre voci e testi per allenare l’algoritmo. E siamo solo all’inizio.Che il rapporto tra lavoro e intelligenza artificiale sia destinato a segnare il dibattito pubblico dei prossimi anni ce l’ha fatto capire Papa Leone XIV che ha da subito posto la questione al centro del suo pontificato. «Ho pensato di prendere il nome di Leone XIV», ci ha spiegato, «soprattutto perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». Sarebbe sbagliato pensare che il punto di equilibrio tra valore umano e funzione degli algoritmi possa essere trovato con un tratto di penna legislativo, ma di certo parliamo di una materia che necessita di un articolato approfondimento regolatorio. Sarà sempre più centrale fissare dei principi e delle sanzioni nel caso in cui questi vengano violati. Certo, ma come? Una delle sedi naturali non può che essere quella del negoziato contrattuale. Di primo e secondo livello. Che consente di cogliere le specificità delle singole mansioni. Non è la stessa cosa parlare di intelligenza artificiale in relazione agli addetti di una fabbrica Stellantis, ai lavoratori di un laboratorio della griffe Gucci o agli impiegati di un istituto di credito. E i tavoli delle trattative per la definizione dei contratti nazionali e settoriali rappresentano la sede ideale per confezionare vestiti su misura. Nel contratto che regola le attività dei call center, firmato da Assocontact, l’associazione nazionale dei Business Process Outsourcer (BPO), aderente a Confcommercio, (rappresenta decine di aziende con oltre 20.000 lavoratori), vengono fissati alcuni principi base molto interessanti. Viene definito per esempio un sistema formativo innovativo che introduce strumenti che collegano direttamente l’intelligenza artificiale alla crescita professionale. È prevista la formazione certificata obbligatoria e gratuita con l’introduzione dello «scatto pro», un aumento retributivo legato al conseguimento di certificazioni professionali, soprattutto negli ambiti tecnologici avanzati. Il contratto poi promuove la nascita di nuove figure professionali per gestire l’integrazione dell’Ia all’interno delle aziende. Nasce il «Garante dell’IA e dell’Etica» che ha il compito di mitigare i rischi tecnologici per i diritti e la dignità dei lavoratori, di sorvegliare l’utilizzo etico e sicuro dell’intelligenza artificiale e di costruire una governance interna della tecnologia, che metta al centro la persona e la qualità del lavoro.«Con l’avvento dell’Ia generativa», spiega il presidente Assocontact Lelio Borgherese, «alcune delle mansioni affidate a chi gestisce call e contact center sono tra le più esposte alla sostituzione automatica. È una sfida reale, che impone di conciliare competitività e diritto al lavoro e purtroppo su queste problematiche la contrattazione collettiva è in forte ritardo. A oggi, i maggiori sforzi di regolamentazione dell’Ia nella contrattazione collettiva sono appannaggio di ambiti specifici, penso per esempio all’audiovisivo. Noi, in un settore spesso banalizzato come quello di call e contact center, stiamo costruendo un ecosistema che non solo resiste all’automazione, ma la governa».Intendiamoci, stiamo parlando di nicchie contrattuali di settori specifici. Ma è facile prevedere che alcuni accordi del futuro possano andare in questa direzione. Ancor più conservativo se vogliamo è il contratto collettivo di interpreti e attori firmato nel 2024. L’accordo fa salvo l’uso dell’intelligenza artificiale nelle attività di post-produzione, mentre considera illegittima, in assenza di esplicito accordo con i diretti interessati, ogni attività di estrazione di testo e dati (text and data mining) così come qualsiasi attività di campionamento e riproduzione dell’immagine e della voce degli artisti per lo sviluppo o l’addestramento di algoritmi di intelligenza artificiale (machine-learning). Insomma, non si può usare la voce o l’immagine degli attori per allenare l’Ia. Così come è facile prevedere che sempre più contratti nazionali si limiteranno a fissare i principi chiave per poi delegare alle intese di secondo livello con le aziende il compito di indicare le regole specifiche. È il caso del contratto dei chimici (180.000 lavoratori e 2.700 imprese coinvolte). Tra i principi chiave indicati dal Ccnl viene sottolineata la «centralità della persona», che vuol dire garantire la supervisione e il coinvolgimento umano rispetto alle decisioni prese dall’intelligenza artificiale, che deve in ogni caso essere considerata come un «supporto allo svolgimento delle attività umane».Principi assolutamente condivisibili, la sfida dei prossimi anni sarà quella di tradurli in realtà.
Rod Dreher (Getty Images)