Il rapporto Istat mostra che nel 2023 il prodotto interno lordo ha riagguantato i valori precedenti al crollo di Lehman Brothers: bruciati 17 anni di crescita. Aumentano i dipendenti in condizioni di totale indigenza.
Il rapporto Istat mostra che nel 2023 il prodotto interno lordo ha riagguantato i valori precedenti al crollo di Lehman Brothers: bruciati 17 anni di crescita. Aumentano i dipendenti in condizioni di totale indigenza.Gli italiani sono sempre più poveri. A indicare la desolante situazione di chi vive nel nostro Paese è l’Istat, all’interno del suo rapporto annuale che spiega come solo l’anno scorso siamo tornati a livelli pro capite di Pil del 2007: quasi 20 anni di crescita buttati nel caminetto. «La buona performance dell’economia non è riuscita a intaccare le disuguaglianze economiche, che si sono ampliate», ha detto il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli. «Le distanze in termini reali tra le famiglie benestanti e quelle in difficoltà», ha sottolineato, «si sono ampliate in particolare nell’ultimo triennio».Come spiega l’istituto, gli indicatori di povertà assoluta nel 2023 mostrano che nel nostro Paese sono stati raggiunti «livelli mai toccati negli ultimi dieci anni» e, forse ancor peggio, che aumentano i lavoratori poveri con «il reddito, in particolare quello da lavoro dipendente, che ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico». In pratica, persone che lavorano ma che comunque non riescono ad arrivare a fine mese. A essere più di tutti in difficoltà sono i minorenni: 1,3 milioni in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta. L’Istat ha poi puntato l’accento sul Reddito di cittadinanza evidenziando come la misura cara al Movimento 5 Stelle abbia «permesso di uscire dalla povertà a 404.000 famiglie nel 2020, 484.000 nel 2021 e 451.000 nel 2022». Il vero problema è che il Pil pro capite italiano, in termini reali, spiega l’Istat, solo nel 2023 è tornato ai livelli del 2007 (il che significa che dopo tanta fatica siamo agli stessi livelli di 17 anni fa). Inoltre, rispetto al 2022 il recupero è stato pieno solo al Nord. Al Centro, nelle Isole e al Sud lo svantaggio è stato rispettivamente dell’8,7%, del 7,3% e del 3,4%. I dati mostrano quindi che il Centro è la zona che l’anno scorso si è più impoverita. Secondo il rapporto annuale, in Italia il 9,8% degli individui è sotto la soglia id povertà assoluta, così come l’8,5% delle famiglie. In totale si tratta di 2,2 milioni di nuclei famigliari e 5,7 milioni di individui che non riescono a sostentarsi. È il record negativo degli ultimi dieci anni. «L’incremento di povertà assoluta ha riguardato principalmente le fasce di popolazione in età lavorativa e i loro figli», ha ricordato l’Istat. Secondo l’istituto presieduto da Chelli, dunque, gli indicatori di povertà negli ultimi dieci anni evidenziano una «convergenza territoriale tra le ripartizioni, ma verso una situazione di peggioramento». In dettaglio, nell’ultima decade, il peso della povertà assoluta è salito a livello familiare dal 6,2 all’8,5%, e quella individuale dal 6,9 al 9,8%. Per intenderci, rispetto al 2014 il numero di famiglie in difficoltà è aumentato di 683.000 unità, mentre gli individui in povertà sono 1,6 milioni in più.Stando ai dati, l’incidenza della povertà assoluta familiare è minore al Centro (6,8%) e al Nord (8%, sia Nord Est sua Nord Ovest) e più alta nel Sud (10,2%) e nelle Isole (10,3%). Lo stesso andamento vale per i singoli individui: 8% nel Centro, 8,7% nel Nord Est, 9,2% nel Nord Ovest e 12,1% nel Sud e nelle Isole. In particolare, tra il 2014 e il 2023 l’incidenza della povertà assoluta familiare è cresciuta molto nel Settentrione (nel Nord Ovest, dal 4,6 all’8%; nel Nord Est, dal 3,6 all’8%). È aumentata in maniera più ridotta nel Centro (dal 5,5 al 6,8%) e nel Sud (dal 9,1 al 10,2 %) e non ha mostrato cambiamenti o quasi nelle Isole (dal 10,6 al 10,3%). Per i singoli individui, l’incidenza è salita nel Nord Ovest dal 5,9 al 9,2%; nel Nord Est dal 4,5 al’8,7%; nel Centro dal 5,7 all’8%; nel Sud dall’8,9 al 12,1 e nelle Isole dall’11,8 fino al 12,1%.Sono i più giovani, in particolare, che se la passano peggio. Oltre agli 1,3 milioni di minorenni in povertà assoluta con una incidenza del 14%, l’Istat rileva valori più elevati della media nazionale anche fra i 18-34 anni e fra i 35-44 anni (rispettivamente 11,9% e 11,8%). Va meglio per chi è più avanti negli anni con una incidenza individuale fino al 5,4% nella fascia 65-74 anni. Si tratta del valore più basso. Si torna a salire, poi, per chi ha più di 75 anni. Ma la notizia peggiore è quella che riguarda i lavoratori. In pratica, sta continuando a salire la quota di persone che, pur lavorando, non riesce a far fronte alle spese mensili per via della caduta libera del potere d’acquisto. Il reddito da lavoro ha infatti visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico. Negli ultimi dieci anni, l’incidenza di povertà individuale tra gli occupati ha avuto un incremento di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9% nel 2014, al 5,3% nel 2019 fino al 7,6% nel 2023. Da notare che nel 2014, l’incidenza di povertà era su livelli simili per i lavoratori dipendenti (5%) e quelli indipendenti (4,7%). L’anno scorso i livelli di povertà assoluta erano all’8,2% per i dipendenti e al 5,1% di incidenza per gli indipendenti.
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2025-10-19
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