2024-02-28
Laura Ephrikian: «Ho sposato Morandi fregando i paparazzi»
L’ex moglie del cantante rivela: «Per depistare la stampa, annunciammo le nozze in Scozia, ma noi eravamo in una chiesa a Roma alle 7 del mattino». A Sanremo «Modugno e altri mi fecero la corte», mentre Bobby Solo no: «Lui era divertentissimo».La genesi della vita di Laura Ephrikian, attrice, nata a Treviso nel giugno 1940, si deve a due colpi di fulmine. Il primo fu tra il nonno Akop, scampato dal genocidio degli armeni, e la nonna Laura, da cui nacque un unico figlio, Angelo, suo padre, violinista e direttore d’orchestra. Il secondo scoccò tra questi e sua madre Bruna, sposi a Milano nel 1939. Poi giunse quello con Gianni Morandi. Nel 1998 si è innamorata del Kenya. Gira l’Italia per illustrare i suoi progetti di sostegno alle popolazioni di quel Paese. Stavolta è in Veneto, ospite, al castello di Bevilacqua, del Lions Club di Legnago (Verona). Eccola arrivare, in una tiepida mattina di febbraio. Suo nonno, di cui porta il cognome, era di origini armene. «Fuggì prima del genocidio, quando bande di turchi bruciavano i villaggi. A 8 anni riuscì a nascondersi e camminò fino a Istanbul. Amici armeni dei genitori lo condussero al porto, chiedendo quale fosse la prima nave in partenza. Quella nave andava a Venezia. Lì divenne sacerdote ma s’innamorò di mia nonna Laura. Si scrissero 66 lettere d’amore». Il primo colpo di fulmine. Il secondo fu tra suo padre e sua madre.«Mamma era milanese. Finite le scuole, andò a lavorare alla previdenza sociale. Mio padre, anche se voleva fare il conservatorio, divenne avvocato e lo mandarono alla previdenza sociale di Milano. Lui era il direttore, mia madre la segretaria. Si guardano negli occhi e s’innamorano. La stessa cosa accadde a me e Gianni». Come ricorda la sua infanzia a Treviso?«Quando, a tavola, si parlava di cosa avrei fatto da grande, a 8 anni dissi a miei: “Vorrei fare l’attrice”. Scendevo in biblioteca e riuscivo ad arrivare solo ai primi libri, le commedie goldoniane. Leggendole, ho intuito il mio futuro. Rimasi a Treviso fino a 17 anni, al liceo classico».E poi dove andò? «Andai a stare dalla mia nonna materna, a Milano. Feci l’esame di ammissione al Piccolo Teatro, guidato da Giorgio Strehler. Studiai tanto, fui ammessa ai corsi di dizione e recitazione. Dopo l’esame finale, in luglio, partii con una compagnia per una commedia diretta da Foà con Virna Lisi e Arnaldo Linchi».Nel 1961 è stata annunciatrice in Rai.«Mi scoprì Evi Maltagliati. La televisione era nata da poco. Venivo da un anno di accademia. Fui una delle prime annunciatrici del Secondo Canale…».Ricorda il primo annuncio?«No, ma: “Signori e signore buonasera, andrà in onda, tra pochi minuti, il Telegiornale della sera” (improvvisa un annuncio con dizione perfetta, ndr.). Durò pochi mesi, e facevo anche fotoromanzi per Grand Hotel e Sogno. Mi chiamarono a presentare Canzonissima, ma feci solo due puntate, perché andai a Venezia per girare il film Il delitto non paga…».Nel 1962 presentò Sanremo. Come lo ricorda quel festival?«Ricordo che rimanevamo lì in un angolino, perché dietro le quinte c’erano liti fra tutti cantanti, i loro discografici, “no, deve vincere lui”, un casino tremendo. Comunque vinse Modugno (in coppia con Claudio Villa, ndr.), che ancora oggi ascolto, in macchina».Le fece la corte?«(sorride) Mah, un pochino… All’epoca ero talmente carina, diciamo che tutti ci hanno un po’ provato, ma pur sembrando la più dolce e tranquilla, davo risposte mirate».Che abito indossava all’Ariston?«Un abito lilla, con perle, lungo fino al ginocchio, senza spalline. Mi telefonarono: “Per carità, nei primi piani sembra nuda, metta delle bretelle”. Le sarte le attaccarono».Lei, una ragazza degli anni Sessanta. E quelle di oggi? «C’è una marea d’illuse che girano le varie tv. È come fossero saltate fuori da un cavolo. Quando ho preso 4 in latino, una volta, mio padre mi ha fatto scrivere 500 volte in un quaderno “Con lo studio e col lavoro non si discute”». Con Bobby Solo fece Una lacrima sul viso. Bobby fece avance? «(ride) No, come mi sono divertita con Roberto! Molto spiritoso! Lui però non aveva la minima idea di cosa sia recitare. Dovevi essere al trucco alle 5 di mattina. Arrivava con la chitarra: “a La’, mo’ che devo fa’?”». Poi i musicarelli con Gianni Morandi. Qual è l’antefatto?«Una lacrima sul viso ebbe un successone, ma per me non c’erano grandi guadagni. Il produttore, Gilberto Carbone, napoletano, mi disse: “a guagliò, tu sei un portafortuna, quel film con Bobby Solo ha fatto milioni. Te dico na cosa. Quello che conoscerai, Gianni Morando, è uno bello, bravo, simpatico”. Dissi: “Ma ho un altro film che deve andare al festival di Venezia”. E lui: “Ma lascia perde’!”. Stremata, risposi: “Lei mi può convincere dandomi il doppio di quello che mi ha promesso”. E lui: “Vedi la guagliona? E io sti soldi te li do, perché so che poi me li riprendo”. Aveva ragione».E così, per fare In ginocchio da te, incontrò per la prima volta quel ragazzo di Monghidoro…«Balestrazzi, dell’ufficio stampa, andò a prenderlo all’aeroporto perché tornava da una tournée in Giappone. Lo porta a casa mia. Lui era vestito da militare. Apro la porta. Lì avviene, per la mia famiglia, il terzo colpo di fulmine. È successo a tutt’e due. Era un ragazzo pulito, straordinario, aveva questa faccia gioiosa, gli occhi gli brillavano, rimase incantato. Io pensavo: “Che bello”. Non a caso, è un uomo che l’11 dicembre 2024 farà 80 anni ed è ancora il primo, per la sua umiltà, onestà, essere lui». Ma lo conosceva già come cantante?«No, era agli inizi, poi seguivo la musica classica, la letteratura».Fu scritto che vi sposaste in Scozia in gran segreto.«Non è vero. Eravamo tormentati dai giornalisti. Per depistarli, dicemmo che c’eravamo già sposati in Scozia. Il matrimonio fu qualche mese dopo, il 13 luglio 1966, in una chiesa di Roma. Fuori misero dei cartelli, “Chiuso per restauri”. Arrivammo alle 7 del mattino. Da un confessionale saltò fuori un fotografo che era stato lì tutta la notte, ma non riuscì. Poi le foto, fatte fare da Gianni e me, le regalammo ai giornali». È vero che i genitori di Gianni non vedevano bene questo matrimonio?«Sì, la famiglia pensava “questa è un’attrice”, erano tesi. Gianni disse: “No, a me va bene così, so io chi è Laura”. La sua casa discografica era terrorizzata: “Perderai tutte le fan”. Ma dopo il matrimonio, invece di essere innamorate solo di Gianni, s’innamorarono della coppia. Divenni “la fidanzata d’Italia”». Eravate, a vicenda, gelosi?«Io ero abbastanza gelosa, lui diceva che non lo era, ma non è vero, perché ero sempre chiusa in casa e uscivo solo con lui. Per anni mi è stato anche fedele, ma 15 anni sono tanti e qualche “svista”…». Da In ginocchio da te a Chimera, con la celebre sequenza in cui Morandi, in ospedale, invoca il miracolo. Le storie di questi film sono intrecciate con le vostre vite reali. «In In ginocchio da te soprattutto, perché in quel momento abbiamo vissuto il nostro amore contemporaneamente al film. Poi gli altri sceneggiatori possono averci giocato… In Chimera avevo perso Serena prima e scopro di essere incinta di Marianna». Quali ritiene siano state le cause della crisi della vostra unione? «Mi sentivo quella che annaffia i fiori e tutti i miei sogni di ragazzina, accademia, teatro, si fermarono…».Ma era Gianni che…?«Lui preferiva che rimanessi a casa. Quando mi hanno offerto uno sceneggiato, lui disse: “Mah, veramente”… Ma sono stata consapevole di aver lasciato tutto per amore. La sera che ci siamo baciati, nell’ultima scena di In ginocchio da te, sono andata con lui in Svizzera». Provaste a evitare il divorzio?«Sì, l’abbiamo fatto, anzi, sembrava che le cose andassero meglio di prima. Siamo riusciti ad avere l’affidamento congiunto dei nostri due figli (Marianna, 55 anni, e Marco, 50, ndr.), sei mesi per ciascuno, io ho potuto lavorare ed educarli e così anche Gianni». C’è una canzone di Morandi ispirata da lei? «Penso che Migliacci, quando veniva a trovarci, trovasse ispirazione. Comunque Gianni mi ha detto che quella che più mi rispecchia è Canzoni stonate. Quando andavamo al mare, anch’io, nel gruppo, cercavo di cantare, ma ero così stonata…». Vi sentite? «Sì, ci siamo visti anche a Natale, ci telefoniamo per i nostri compleanni, ma lui vive a Bologna e io a Roma, siamo sempre in giro. Il rapporto è buono».Ha mai pensato di risposarsi?«Ho avuto un compagno, quando sono andata in Africa lavorava lì, un rapporto di amore, sì… Ma forse io non sono fatta per il matrimonio. Uno l’ho avuto, bellissimo, innamoratissima, figli stupendi, basta, non ne voglio più sapere, un’amicizia sentimentale ci può stare, ma con grande libertà».Com’è avvenuto l’incontro con il Kenya?«Ventisei anni fa andai in vacanza in Kenya, vidi le spiagge, i resort di lusso. Pensai: “Ma il popolo nero dov’è?”. Tornai e visitai un orfanotrofio. E poi incontrai un bambino che era caduto. Lo presi in braccio, era molto malmesso. Mi prende per mano e mi porta nella sua capanna, vivevano in 6-7. A 12 chilometri da lì si spendono una marea di soldi. Dovevo fare qualcosa. Questo incontro ha cambiato la mia vita».Cosa intende?«Non faccio opere grandi. Portiamo derrate alimentari, farina, zucchero, fagioli. Manca l’acqua, la cosa che più manca, io faccio pozzi, poi per l’educazione cerchiamo i maestri più bravi, coinvolgo amiche per l’adozione a distanza, solo 300 euro l’anno, e vorrei fare una piccola Croce Rossa tra Mambrui e Malindi».Chi volesse contribuire, cosa può fare?«Cerco chi finanzi pozzi. Dipingo piatti e quadri. I proventi del mio libro Una famiglia armena (ed. Spazio Cultura) servono a questo. Basta poco, ma date, contattando Maria Tarantola, su Messenger». Se tornasse indietro, si risposerebbe e rifarebbe una famiglia?«Sì, rifarei tutto quello che ho fatto».
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)