2019-12-08
L’Aula approverà a scatola chiusa. La Lega vuol ricorrere alla Consulta
La legge di bilancio non sarà discussa dal Parlamento. Un anno fa, per lo stesso motivo, il Pd chiamò in causa la Corte costituzionale. Ma allora era colpa della trattativa con l'Ue, oggi delle divisioni nella maggioranza.Il Carroccio raccoglie firme contro il Mes. Matteo Salvini: «Giuseppi tolga il disturbo». E per fermare il salva Stati Giorgia Meloni e i parlamentari di Fdi manifestano a Bruxelles.Lo speciale contiene due articoli.«Questa mattina, attraverso il nostro collegio di avvocati, abbiamo depositato il ricorso alla Consulta per violazione della Costituzione, un ricorso che noi riteniamo importante, essenziale, molto grave, per ciò che è successo in queste settimane, prima al Senato e poi alla Camera, sulla legge di bilancio». Parole e musica di Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, che aggiunge: «C'è stata la volontà precisa di impedire al Parlamento di conoscere cosa si stesse votando. Questa cosa», attacca Marcucci, «non ha nessun tipo di precedente e mina le fondamenta della nostra democrazia parlamentare e questo ricorso è stato fatto per ristabilire le regole fondamentali della democrazia, che questo governo sta rompendo con regolarità. È ridicolo ascoltare esponenti della maggioranza parlare di una manovra che non conoscono». Marcucci è impazzito? Ricorre contro la maggioranza di cui fa parte? No: Marcucci è semplicemente, in termini politici, un ipocrita. Il motivo? Le sue parole che abbiamo riportato risalgono al 28 dicembre 2018, quando Marcucci e il Pd erano all'opposizione e bombardavano l'allora maggioranza Lega-M5s, «colpevole» di aver trascinato troppo per le lunghe l'elaborazione della manovra, violando, a loro avviso, l'articolo 72 della Costituzione. In sostanza, il Pd, che presentò un ricorso alla Consulta, firmato da Marcucci e altri 36 senatori dem, denunciava che l'elaborazione della manovra era andata talmente tanto per le lunghe che il Senato era stato costretto ad approvare il testo praticamente a scatola chiusa. L'opposizione dell'epoca fece fuoco e fiamme, denunciando la esautorazione del parlamento, e in particolare del Senato, che non ebbe il tempo nemmeno di iniziare a discutere il testo della legge di bilancio, la più importante di tutte. Presentò, come detto, un ricorso alla Corte costituzionale in cui denunciava «la grave compressione dei tempi di discussione del Ddl, che avrebbe svuotato di significato l'esame della commissione Bilancio e impedito ai singoli senatori di partecipare consapevolmente alla discussione e alla votazione».La Consulta, il 10 gennaio, dichiarò inammissibile il ricorso del Pd, spiegando che la contrazione dei lavori per l'approvazione della manovra targata Lega-M5s era stata caratterizzata da «una lunga interlocuzione con le istituzioni dell'Unione europea che ha portato a una rideterminazione dei saldi complessivi della manovra economica in un momento avanzato del procedimento parlamentare e ha comportato un'ampia modificazione del disegno di legge iniziale, confluita nel maxi-emendamento». Del resto, ricordiamo tutti molto bene il tremendo braccio di ferro tra il governo Conte 1 e Bruxelles, con minacce di procedura di infrazione, riscritture, polemiche, deficit-pil al 2,4%, poi al 2,04% e così via. La Corte costituzionale concluse con un avvertimento: «Resta fermo», scrissero i giudici, «che per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità». Bene (anzi male): il governo Conte 2, ha fatto di peggio. Molto di peggio. La Camera dei deputati non avrà il tempo di fare altro che approvare il testo a scatola chiusa. Esattamente quello che accadde l'anno scorso, a camere invertite, ma con tre aggravanti. La prima: lo scorso anno, seppure in fretta e furia, le letture parlamentari erano state comunque tre, e non solo due come quest'anno. La seconda: la Consulta lo scorso anno aveva raccomandato di non ripetere questa compressione dei tempi. La terza: la stessa Consulta aveva «assolto» il governo gialloverde alla luce della «lunga interlocuzione con le istituzioni dell'Unione europea». Quest'anno, invece, l'Europa non ha disturbato il manovratore, ha accompagnato l'iter di elaborazione della legge di bilancio con raccomandazioni come quelle che i nonni fanno ai nipotini, carezze, incoraggiamenti e apprezzamenti.Le polemiche che hanno provocato l'allungamento a dismisura dei tempi sono state tutte interne alla maggioranza giallorossa. Tutto talmente inverosimile da sembrare quasi «doloso», come se M5s, Pd, Iv e Leu avessero voluto arrivare all'ultimo minuto per evitare discussioni potenzialmente pericolosissime in parlamento. La visita lampo di Giuseppe Conte al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mentre ancora era in corso l'ultimo vertice di maggioranza, è certamente stata dettata dalla necessità di informare il Quirinale del contingentamento dei tempi. Il governo ha intenzione di apportare tutte le modifiche alla manovra al Senato per procedere a Montecitorio solo con un voto confermativo in aula, bypassando l'esame nella commissione Bilancio della Camera, il cui presidente, Claudio Borghi, della Lega, è andato su tutte le furie: «Come volevasi dimostrare», ha scritto ieri sera Borghi su Twitter, «uno scandalo. Uno schifo. Platealmente incostituzionale. La Camera tagliata totalmente fuori dalla legge di Bilancio. Ci vediamo alla Consulta». L'idea di ricorrere alla Corte costituzionale non viene esclusa da Matteo Salvini, mentre anche Forza Italia attacca: «Il governo», dice la capogruppo azzurra al Senato, Anna Maria Bernini, «prima ha tenuto in ostaggio il Senato a causa dei suoi litigi, e ora si appresta a porre la fiducia recapitando alla Camera una manovra blindata. È un atto di protervia che offende il Parlamento e la stessa democrazia». E Marcucci? Il capogruppo al Senato del Pd, che lo scorso anno aveva fatto fuoco e fiamme, parla d'altro. Sull'argomento, glissa. Forse ha dimenticato tutto quello che aveva detto l'anno scorso, le accuse, il ricorso. O forse, anzi certamente, finge di averlo dimenticato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/laula-approvera-a-scatola-chiusa-la-lega-vuol-ricorrere-alla-consulta-2641543861.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-da-lavviso-di-sfratto-a-conte" data-post-id="2641543861" data-published-at="1757986445" data-use-pagination="False"> Salvini dà l’avviso di sfratto a Conte «I sottoscritti impegnano il governo italiano a non approvare la riforma del Mes in quanto serio pericolo per i risparmi degli italiani e per la stabilità economica del Paese, ma anzi ad attivarsi per l'abolizione del Mes stesso e per la restituzione del capitale versato». È questo il testo - stringato ma chiarissimo - della petizione lanciata dalla Lega per un weekend di mobilitazione sia nelle strade sia online, in vista del dibattito parlamentare che la prossima settimana precederà il Consiglio europeo del 12-13 dicembre. Sempre sul Mes, domani alle ore 12 Giorgia Meloni, insieme con i parlamentari nazionali ed europei di Fdi, manifesterà a Bruxelles davanti al Consiglio europeo, contro il salva Stati. A seguire, la delegazione italiana del gruppo Ecr terrà anche una conferenza sulla riforma. Tornando alla Lega, ieri mattina Matteo Salvini in persona si è presentato a Milano al gazebo di largo Cairoli per incontrare militanti, cittadini e giornalisti: «Gli italiani hanno capito», ha esordito il leader leghista. «Questi giocavano sulla segretezza e sul silenzio, invece abbiamo portato il tema nelle piazze, mercoledì lo porteremo in Parlamento, e conto che tanti parlamentari sceglieranno secondo coscienza e non secondo convenienza». Preoccupato per il rischio di ristrutturazione del debito reso più concreto dalla riforma del Mes («Non è automatico, ma è possibile»), Salvini, pur sollecitato polemicamente da alcuni cronisti, ha schivato le polemiche sull'euro («L'uscita dall'euro non è nel programma, non c'è nulla da chiarire»), e ha ribadito una linea orientata a uno stare nell'Unione europea a testa alta («Vogliamo stare in Europa ma da protagonisti, non da servi di qualcuno»). Dunque, centralità dell'interesse nazionale come bussola («La Germania i suoi interessi li ha curati in Europa, l'Italia molto meno»). Poi il leader leghista ha invitato i cronisti a fare spazio («Potete cortesemente allontanarvi un momento? Sono qui per i cittadini»), e, armato di megafono, ha rivolto un breve saluto alla folla dei presenti: «Grazie a tutti, buon Sant'Ambrogio, buona Immacolata in anticipo, viva Milano, viva il presepe, e viva un'Europa che o è cristiana oppure non è. Grazie per le decine di migliaia di firme che, dalle prime ore di stamattina, state dando per fermare un trattato internazionale che mette a rischio il futuro, il lavoro e il risparmio di milioni di cittadini italiani. Io vi ringrazio per quello che state facendo e farete». E poi ancora un ringraziamento e una battuta: «Grazie, quando il popolo si sveglia e si mette in cammino, non ci sono banchieri, finanzieri o Giuseppi che tengano, l'Italia agli italiani». E proprio a Conte e alle difficoltà del suo governo sono state dedicate le altre risposte di Salvini ai giornalisti, anche con riferimento all'accordo faticosamente raggiunto dalla maggioranza sugli ultimi aspetti della manovra: il premier «tolga il disturbo perché il suo è il governo sbagliato nel posto sbagliato». Conte dice che è stata scongiurata la recessione? «Guardate l'economia italiana, è la penultima in Europa. Questo è il governo delle tasse, se le rinvii di tre mesi sempre tasse sono». E ancora: «Hanno deciso di tassare gli italiani una volta al mese, un po' a maggio, un po' a giugno, un po' ad agosto», ha ironizzato il leader leghista sul rinvio di alcune nuove tasse. «È un governo che sta insieme con lo scotch. Prima prendono atto, e prima prende atto il presidente Mattarella che l'Italia sta perdendo aziende e credibilità nel mondo, meglio è».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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