
Lo scrittore predica l'abolizione dei confini per gli immigrati. Se si tratta dei luoghi turistici invece invoca blocchi, muri, divieti che impediscano alla massa di godere dei posti preferiti dalla sinistra. Il prossimo va bene, basta che non entri in casa loro.Dai porti aperti ai numeri chiusi. La sinistra Carola-chic scopre finalmente l'importanza di mettere qualche barriera. Di bloccare l'entrata. Basta con l'idea che ci sia posto per tutti, basta con l'accoglienza senza limite, basta dire che chiunque può arrivare dove vuole. Non è vero. Non c'è posto per tutti. Qualcuno deve stare fuori. E se sta fuori, se ne faccia una ragione. La smetta di lagnarsi. Sopporti i blocchi, i muri, i divieti che impediscono l'accesso, perché impedire l'accesso è necessario. Chiunque lo capisce che «in una bottiglia da un litro, due litri non c'entrano», no? E dunque facciamo finalmente una cosa di sinistra, facciamo rispettare i confini. Dell'Italia? Macché: del Monte Bianco. E forse anche di Monte Faloria, da cui si gode di una meravigliosa vista sulle Dolomiti di Cortina. Ma sì, ecco la nuova parola d'ordine della sinistra Carola-chic magicamente espressa ieri in un da Michele Serra, grande guru dell'intelligentia progressista, in un editoriale intitolato non a caso «Non tutto è per tutti». La parola d'ordine è: facciamo rispettare i confini. Del Monte Bianco. E quelli del Monte Faloria. E quelli delle Dolomiti. E quelli di Venezia, ovviamente, che sarebbe tanto bella, se anziché subire l'affronto di quei puzzoni dei turisti, potesse essere riservata in esclusiva per gli incontri degli editorialisti debenedettiani al Caffè Florian. E allora avanti, che aspettiamo? Mettiamo un po' di barriere all'ingresso: sui cucuzzoli della montagna, nelle spiagge eleganti, nelle località chic, davanti ai tramonti dalle colline bolognesi (vorrete mica che tutti possano vedere il tramonto dalle colline bolognesi allo stesso modo di Michele Serra, no?). E ovviamente nei musei, dove per fortuna, già si fa la coda e si compra il biglietto per avere il diritto ad entrare. Perché dev'essere chiaro: non tutti possono entrare dappertutto. Non tutti possono andare dove vogliono. «In una bottiglia da un litro, due litri non c'entrano». È «un'ovvietà». L'ovvietà, però, attenzione, non vale dappertutto. A Lampedusa, per esempio non vale. E non vale nei quartieri di periferia delle città. E non vale nemmeno nei paesi di provincia che sono colpevoli di non avere l'aria pura come quella del Monte Bianco, e magari si permettono di non essere nemmeno siti Unesco, a differenza delle Dolomiti. L'ovvietà, cioè, non vale nei posti frequentati dalla marmaglia comune, gentaglia populista, quella che si ostina inspiegabilmente ad andare a Ostia Lido, anziché sperimentare la bellezza solitaria della barca a vela in Corsica. Quelli che non capiscono che devono accogliere l'intera Africa nel loro bilocale a Quarto Oggiaro, mentre Michele Serra discetta di numero chiuso sulle vette che sovrastano Cortina o Courmayeur. Possibile che questi sozzoni qualunque e perciò qualunquisti, indegni turisti di massa, pronti a disturbare con la loro presenza plebea la nobile purezza delle Alpi, chiedano di mettere dei limiti all'accesso in Italia, anziché all'accesso in vetta? Devono rendersi conto che quello che disturba (almeno Michele Serra e quelli come lui) non è trasformare il nostro Paese in un immenso centro d'accoglienza (tanto che importa, dalla loro terrazza manco se ne accorgono). Quello che disturba è trasformare in un «formicaio invivibile e inguardabile» il sentiero di montagna su cui i vip fanno la passeggiata del pomeriggio, dopo l'aperitivo al caffè della posta e il pranzetto slow food. Passeggiata che dev'essere rigorosamente a numero chiuso, riservata a pochi eletti, tutti eleganti, con scarpette da trekking ultimo grido, gore-tex d'ordinanza, immersi in un religioso silenzio, in modo da favorire il nobile ruttino digestivo. Che sarebbe, ovviamente, rovinato dal formicaio inguardabile e dalla presenza di gente men che chic.Ecco qual è il problema. Il problema sono quei mentecatti che senza aver mai fatto nemmeno una volta da autori a Fabio Fazio pensano di poter salire sulla stessa vetta su cui sale Michele Serra: miserabili. È nei loro confronti che va applicato il pugno duro, è contro di loro che bisogna essere implacabili, draconiani, forse anche salviniani, per evitare che un bel sentiero di montagna diventi invivibile, magari persino affollato (orrore, orrore). Dunque si introducano barriere, chiusure, se serve anche il filo spinato: quei pezzenti lo devono capire. Per loro non c'è posto. Pazienza. «Non tutto è per tutti». Non si possono aprire le porte in modo indiscriminato. Non si possono accogliere tutti. Ma non provate a applicare lo stesso principio al di fuori del Monte Bianco o del Monte Faloria. Non provate ad applicarlo al di fuori dei colli bolognesi o delle terrazze con vista tramonto. Perché se scendiamo dalle alte vette ai piani bassi della vita quotidiana, eh allora cambia tutto e la sinistra Carola-chic ci insegna ogni giorno che, al contrario, bisogna aprire le porte in modo indiscriminato, che bisogna accogliere tutti, che le barriere non si mettono, che il numero chiuso è criminale, che le frontiere sono assassine, i confini uccidono, e «il concetto del limite», per dirla sempre con Michele Serra, non esiste più. Sul sentiero di montagna, se non c'è posto non c'è posto. A casa nostra, invece, ci dev'essere posto per tutti, e se non c'è posto bisogna per forza trovarlo, altrimenti si diventa razzisti, fascisti e sterminatori di bambini. Evidentemente anche i principi della fisica cambiano a seconda del luogo dove si proclamano: sull'elegante cucuzzolo della montagna, per dire, in una bottiglia da un litro due litri non entrano. A Tor Bella Monaca, invece, in una bottiglia da un litro, due litri entrano eccome. Devono entrare. Anche tre. Anche quattro. E poi la bottiglia entra nello stesso posto in cui entra in genere l'ombrello di Altan. Ma che importa? In cima al Monte Bianco, con il loro bel numero chiuso, non sentono nemmeno un dolorino.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.