2019-12-03
L’Anticristo esiste ed è un globalista. L’ultimo argine è il genio di Ratzinger
Il nuovo libro di Antonio Socci è un viaggio - sotto la guida di Benedetto XVI - tra Carl Schmitt, Papi e mistici sulle tracce del Nemico. Un'entità non solo metafisica ma politica, che c'entra con l'economia e con la Chiesa.Solitamente si addebita ad Adam Smith l'idea fondamentale della teoria economica contemporanea: la cosiddetta «mano invisibile» del mercato. Ma in realtà la sua dottrina era molto più complessa e quella che domina oggi il mainstream e piuttosto l'interpretazione ultraliberista che ne hanno dato i moderni. Anzitutto, però, vorrei sottolineare che lo stesso concetto che si racchiude nell'espressione «mano invisibile» del mercato e un'evidente laicizzazione mondana della nozione cattolica di Provvidenza. E lo stesso Adam Smith che suggerisce questa sovrapposizione, ma in realtà è una deformazione gnostica del concetto di Provvidenza.In pratica tale teoria, che facciamo convenzionalmente risalire a Smith, celebra - per così dire - il «miracolo del mercato». Il presunto «miracolo» consiste in questo: l'operatore economico che, in un mercato di libera concorrenza, si muove ricercando esclusivamente il proprio interesse, automaticamente produce l'efficienza, l'ordine, lo sviluppo e la prosperità di tutti. Quindi la necessaria conseguenza inintenzionale dell'egoismo individuale - considerati i processi socio-economici da esso prodotti - e il bene generale, la prosperità generale.Per questo - dice questa dottrina - occorre spazzar via lacci e limitazioni alla libera iniziativa e al libero commercio. Lo Stato deve limitarsi al minimo, in pochi settori (come la difesa), per non intralciare il dispiegarsi delle potenzialità del mercato. Ovviamente questa assoluta centralità del mercato non significa - spiegano i liberisti - assenza di regole, né di un quadro giuridico. Né, in riferimento a Smith, della morale.Il problema, però, non è vedere quanto ciò sia vero, ma se sia giusto e veritiero l'assunto fondamentale. La crisi del 2007-2008 mostra che la ricerca esclusiva dell'interesse egoistico - lasciata massimamente libera di dispiegarsi in tutta la sua potenza - ha portato il mondo sull'orlo del baratro. La smentita della storia è dunque altrettanto clamorosa di quella subita dalla teoria marxista.Il motivo è - appunto - quello che già nel 1985 il cardinale Ratzinger aveva individuato. L'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede spiegava: «Per quanto questa concezione si fondi sulla libertà del singolo soggetto economico e pertanto possa essere considerata in quanto tale liberistica, tuttavia nella sua essenza essa e deterministica. Presuppone che il libero gioco delle forze di mercato, con questi uomini e in questo modo, spinga verso una sola direzione, cioè verso l'equilibrio tra offerta e domanda, verso l'efficienza economica e il progresso. Ma in questo determinismo - nel quale l'uomo, nonostante la sua apparente libertà, in realtà opera esclusivamente secondo le costringenti regole del mercato - è insito anche un altro forse ancor più sconcertante presupposto: che le leggi naturali del mercato - se posso cosi esprimermi - sono essenzialmente buone e conducono necessariamente al bene, senza dipendere dalla moralità della singola persona».Si tratta dunque di un «determinismo» specularmente uguale a quello della dottrina marxista. Infatti, notava Ratzinger, rispetto al libero mercato capitalistico «l'economia centralizzata appare essere l'alternativa morale, alla quale ci si rivolge con una fiducia quasi religiosa e la sua forma diviene addirittura contenuto della religione. […] Tuttavia, nonostante questo contrasto fondamentale sui meccanismi economici concreti, esistono dei punti in comune nei principi filosofici di base. Il primo sta nel fatto che anche il marxismo e un determinismo e che esso promette la totale liberazione come frutto del determinismo. […] Pertanto, considerando i suoi fondamenti, è un errore pensare che il sistema centralizzato sia un sistema morale contrapposto al sistema meccanicistico dell'economia di mercato. Ciò risulta chiaro se si considera per esempio che Lenin aderiva alla tesi di Sombart, secondo cui nel marxismo non ci sarebbe assolutamente alcuna etica, ma solo norme economiche. Indubbiamente qui il determinismo è molto più radicale e profondo che nel liberalismo».Sappiamo bene quale tragica smentita la storia abbia dato (anche) a questa ideologia che pretendeva di essere scientifica. In entrambi i casi siamo in un orizzonte ideologico gnostico che fa deterministicamente derivare la «salvezza» dell'umanità, cioè il bene, l'ordine e la felicita, da un meccanismo storico che elude il bisogno di una scelta morale dell'uomo e il mistero dell'imponderabile, ciò che eccede le capacità umane.Si tratta in entrambi i casi di costruzioni ideologiche che - derivando dal protestantesimo - cercano di sfuggire alla drammatica avventura della libertà umana e della grazia (com'è nel cattolicesimo), rifugiandosi in un «sistema» che garantisca la salvezza, la felicita, il bene.Purtroppo, però, il 1989 per gli uni e il 2007-2008 per gli altri rappresentano le smentite della storia. Da papa, Benedetto XVI, una volta scoppiata la crisi del 2007-2008, tornò sui temi dell'economia, della finanza e della globalizzazione con il messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio successivo (2009): è un testo complesso e profondo, dove il pontefice evidenziava tutti i drammi dell'umanità, da quello della povertà e della guerra, a quello delle politiche demografiche e sulla vita. Per questo Benedetto XVI forniva il punto di appoggio certo per ripartire, dopo le macerie del 1989 e del 2007, basando sui principi giusti le politiche economiche e sociali: la «legge naturale».Il papa scriveva infatti: «È necessario un “codice etico comune", le cui norme non abbiano solo un carattere convenzionale, ma siano radicate nella legge naturale inscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano. Non avverte forse ciascuno di noi nell'intimo della coscienza l'appello a recare il proprio contributo al bene comune e alla pace sociale?».Benedetto XVI ricordava che già il suo predecessore, Giovanni Paolo II, aveva affermato che la globalizzazione «si presenta con una spiccata caratteristica di ambivalenza» quindi «va governata con oculata saggezza. Rientra in questa forma di saggezza il tenere primariamente in conto le esigenze dei poveri della Terra».La necessita di governare la globalizzazione deriva dal fatto che «la globalizzazione da sola e incapace di costruire la pace e, in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti». Quindi nessuna «mano invisibile del mercato» può essere la salvezza.Nelle stesse settimane del 2008 Giulio Tremonti fece riferimento all'antica conferenza del cardinale Ratzinger del 1985. La ricordò intervenendo all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Cattolica di Milano, nel novembre 2008. La riflessione di Tremonti, allora ministro dell'Economia, sulla crisi esplosa negli Usa che rimbalzava in Europa, si sviluppò poi in alcuni suoi libri, mettendo sotto i riflettori e sotto accusa «lo strapotere della finanza e in specie quello della speculazione finanziaria». Questo «nuovo tipo di capitalismo» che divora l'economia reale e - invece di beni - produce devastanti bolle speculative, veniva definito da Tremonti addirittura «fascismo finanziario». E «l'odierna dittatura del denaro» che tiene gli Stati alla sua mercé.Ma - con la crisi del 2007-2008 - si è capita la causa del disastro? Tutt'altro. L'ex ministro dell'Economia spiegava che affrontando questa crisi l'Occidente ha fatto altri «tre tragici errori: non ha capito la differenza tra un normale ciclo economico e una crisi storica; ha pagato con denaro pubblico il conto dell'azzardo privato; ha scambiato regole false per regole vere. In sintesi, ha passivamente accettato la vittoria della finanza sulla politica». Inoltre il trasferimento «nei debiti pubblici» delle «perdite private» non ha comportato nemmeno delle correzioni nelle regole: «Nessuna nuova vera regola per la finanza e davvero entrata in vigore» e «l'élite finanziaria e rimasta a tenere le leve del potere e, evitato per ora il fallimento, somministra le sue lezioni morali e fallimentari ai giovani, ai popoli, ai governi. Da ultimo, non esitando nel ricorso alla presa diretta del potere».Detto tutto questo, la globalizzazione vissuta nell'Unione europea è ancora più penalizzante. Spiega Tremonti: «A differenza degli Stati Uniti d'America e della Cina, l'Europa e dentro la globalizzazione, ma non come soggetto attivo, piuttosto come oggetto quasi totalmente passivo. […] Ciò riduce fortemente fino a comprimerlo il grado della sovranità democratica. […] L'Unione europea, con una popolazione maggiore di quella degli Usa (508 milioni rispetto a 321 milioni) e con un prodotto interno lordo in assoluto pure maggiore rispetto a quello degli Usa (circa 19 trilioni di dollari rispetto a 18 trilioni di dollari), ha invece privilegiato il mercato globale e con questo ha sacrificato e sottomesso le democrazie e gli Stati».La strada che consiglia Tremonti è la stessa che abbiamo sommessamente prospettato in queste nostre pagine: «E arrivato il tempo di mettere di nuovo lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto lo Stato. […] Farlo, finalmente, vuole dire chiudere un ciclo ventennale di prevalenza contronatura dell'interesse particolare sull'interesse generale». Lo stesso Benedetto XVI, nel messaggio del 1° gennaio 2009 che abbiamo citato, prospetta e suggerisce questa via: «La storia dello sviluppo economico del XX secolo insegna che buone politiche di sviluppo sono affidate alla responsabilità degli uomini e alla creazione di positive sinergie tra mercati, società civile e Stati». È in effetti la storia del trentennio d'oro dell'Italia (e dell'Europa), quello che va dal 1945 al 1975 e che ha rappresentato per il nostro Paese (come per tutta l'Europa occidentale) il più straordinario periodo di prosperità, di democrazia e di libertà.
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)