2021-12-27
Con Lamorgese sbarchi sestuplicati e l’Ue s’è presa un clandestino su 100
Da gennaio gli arrivi via mare sono stati oltre 64.000. Sei volte quelli del 2019 e il doppio del 2020. Salgono le denunce verso stranieri: il 31% del totale, oltre il 50% in caso di furti e rapine. E le carceri si affollano.Dalla firma dell’accordo di Malta i ricollocamenti sono stati 1.209, sebbene gli Stati avessero dato disponibilità (comunque esigua) per 2.028. Quest’anno ridistribuiti in 164.Lo speciale contiene due articoli.Un reato su tre in Italia è commesso da uno straniero. Gli ultimi dati del Viminale sulla sicurezza sono aggiornati al mese di ottobre. E dimostrano che, sul totale di denunce, l’incidenza di quelle rivolte a persone di origine straniera ha evidenziato un leggero incremento rispetto al 2020: ora è al 31 per cento (l’anno precedente al 30). Con i numeri che mutano in modo significativo in base al reato denunciato. Nei primi sei mesi del 2021, oltre la metà delle persone segnalate risultava di origine straniera nel caso di furti con destrezza (59 per cento), di furti negli esercizi commerciali (54 per cento) e di rapine in pubblica via (52 per cento). I reati, insomma, che creano maggiore allarme sociale. Il dato cala ma resta comunque particolarmente elevato (perché la popolazione straniera residente in Italia rappresenta solo l’8,7 per cento del totale) per le violenze sessuali (39 per cento), per i reati di droga (36 per cento) e di minacce o di percosse (25 per cento). Fino a scendere sotto il 20 per cento per omicidi volontari e colposi, truffe e frodi informatiche, riciclaggio e impiego di denaro sporco e delitti informatici. Ad agosto è stato registrato anche un aumento degli scafisti trafficanti di esseri umani arrestati: 147, il 25,6 per cento in più rispetto allo stesso mese del 2020. La gran parte dei timonieri, però, riesce ancora a farla franca. Al 24 dicembre gli scafisti sono riusciti a far sbarcare in Italia 64.632 immigrati. Quasi il doppio rispetto al 2020 (34.104) e quasi sei volte tanto quelli arrivati nel 2019 (11.439), anno in cui Luciana Lamorgese ha ereditato la guida del Viminale da Matteo Salvini a settembre, mese dal quale gli sbarchi sono accelerati. I dati sono destinati a salire, perché bisogna sommare anche i passeggeri dei due taxi del mare arrivati a Natale: sabato a Pozzallo è approdata la Sea Eye 4 con 214 passeggeri; domenica a Trapani ha attraccato la Ocean Viking con i suoi 114 ospiti. In dirittura d’arrivo, poi, c’è la Geo Barents di Medici senza frontiere con 558 passeggeri e la Sea Watch 3 con 350. La prima si trova al largo della Sicilia orientale e pretende un porto, l’altra è ancora nella zona di ricerca e soccorso tra Libia e Malta. Mentre gli ultimi due scafisti sono stati arrestati il giorno di Natale a Leuca, arrivati a riva con un veliero che ospitava 72 passeggeri, quasi tutti minorenni. Vanno a ingrassare le fila della popolazione straniera detenuta. Al 30 novembre, stando alle ultime statistiche elaborate dal Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il totale dei detenuti stranieri ammontava a 17.302, su una popolazione carceraria di 54.593 detenuti. I marocchini sono il 19,6 per cento del totale. I rumeni il 12. Gli albanesi il 10,6. I tunisini il 10,3. Seguono i nigeriani con il 7,9. I dati sono stabili rispetto allo scorso anno. Anche se la presenza di detenuti stranieri negli istituti di pena italiani non è spalmata in modo uniforme. In alcuni penitenziari, infatti, a prescindere dalla loro grandezza, si registra una elevatissima presenza in termini assoluti o percentuali, mentre accade che in altre carceri si riduca a poche unità. Le cinque regioni meridionali (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) più l’Abruzzo, per esempio, ospitano una percentuale di stranieri inferiore al 20 per cento. È straniero un detenuto su due, invece, in Liguria, Veneto, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, con la Toscana sempre al limite tra il 49 e il 50 per cento. In termini assoluti, le regioni con più presenza di detenuti stranieri sono la Lombardia (3.431), il Lazio (2.152), il Piemonte (1.645), la Toscana (1.570) e l’Emilia Romagna (1.521). Quelle con la minore presenza, la Basilicata (42), la Valle d’Aosta (101), il Molise (105), l’Abruzzo (206) e il Friuli Venezia Giulia (249). Alcuni istituti di pena, poi, sembrano essere dedicati ai detenuti stranieri quasi in via esclusiva: le due case di reclusione sarde di Arbus Is Arenas e Onanì contano rispettivamente il 78,5 per cento e il 78,2 per cento (dato ufficiale aggiornato al 31 gennaio 2021, ma dal Dap confermano che le variazioni sono minime) di ospiti non italiani. Anche la tipologia del detenuto straniero è eterogenea rispetto a quello italiano: il 18,1 per cento degli stranieri si trovava in carcere in attesa di primo giudizio. Mentre gli italiani in attesa di primo giudizio rappresentano il 15,4 per cento. Il 16,1 per cento degli stranieri si trova in carcere con una condanna non ancora definitiva, gli italiani nella stessa condizione sono, invece, il 14,7 per cento. Sul numero di condannati definitivi torna in testa l’Italia, con il 69,1 per cento, contro il 65,3 per cento di stranieri. I reati per i quali finiscono maggiormente dietro le sbarre gli stranieri, infine, sono principalmente quelli contro il patrimonio, quelli contro la persona e quelli per la violazione delle norme sugli stupefacenti. Nonostante il moltiplicarsi di inchieste sulla mafia nigeriana e su quella albanese, però, resta molto basso il numero di reclusioni per associazione di stampo mafioso: si contano 250 detenuti stranieri ristretti con l’accusa di 416 bis a fronte di oltre 7.024 detenuti italiani. Ma non bisogna tralasciare che le indagini sulle mafie straniere presentano livelli di difficoltà particolarmente elevati. Inoltre, dopo il periodo di detenzione preventiva, a seguito delle ordinanze di custodia cautelare, molti stranieri si rendono irreperibili e vengono giudicati in contumacia. Quando si arriva alle condanne definitive, quindi, è impossibile portarli in carcere. Il numero di denunciati per 416 bis, infatti, è molto più alto. Per la mafia nigeriana, per esempio, si contano 131 indagati nel 2018 e 251 nel 2019. Per quanto riguarda le pene inflitte, i detenuti stranieri che devono scontare da un mese a un anno rappresentano il 45,9 per cento sul totale dei detenuti in carcere per la stessa pena. Mentre è straniero il 30,3 per cento dei detenuti che deve scontare pene tra 5 e 10 anni. Il dato scende al 12,4 per cento per quelli che scontano oltre 20 anni. E, infine, gli ergastolani stranieri ammontano al 6,3 per cento dell’intera popolazione carceraria italiana.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lamorgese-sbarchi-sestuplicati-ue-2656162845.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-lue-lascia-litalia-ad-arrangiarsi" data-post-id="2656162845" data-published-at="1640559565" data-use-pagination="False"> Ma l’Ue lascia l’Italia ad arrangiarsi L’ultimo anno ha confermato che la solidarietà europea sul ricollocamento dei migranti si è trasformata in uno dei fallimenti più clamorosi. Con tutti e tre i punti cardine rimasti solo sulla carta: trasferimento degli aspiranti rifugiati entro quattro settimane, valutazione delle richieste d’asilo a carico dei Paesi d’accoglienza e porto sicuro a rotazione su base volontaria. Risultato: in tutto il 2021 non si è riusciti a superare i 164 casi. Che, sommati a quelli degli altri due anni, porta a 1.209 il totale delle redistribuzioni, anche se dagli Stati Ue era stata data disponibilità per 2.028 persone (un numero che resta comunque irrisorio rispetto agli ingressi in Italia). Quindi, a fronte di 110.175 arrivi in tre anni, la quota redistribuita agli Stati membri è stata di circa l’1%. E l’ipotesi del porto a rotazione non è mai stata neppure attivata. L’accordo di Malta, firmato dal ministro Luciana Lamorgese a La Valletta nel 2019, era stato propagandato come la soluzione definitiva. Ma già poco dopo aveva dimostrato tutti i suoi limiti: partito con 125 ricollocamenti, a fine 2019 era a quota 478. E nel 2020 ha raggiunto il picco massimo di 567, nonostante lo stop imposto dalla pandemia. Nella classifica dei Paesi «solidali» spiccano Francia e Germania, in testa con 561 e 382 accolti. Seguono il Portogallo, che ha aperto le porte a 103 persone, l’Irlanda a 52 e il Lussemburgo a 29. Anche la Spagna, nonostante le decine di migliaia di sbarchi che assaltano le sue coste, ha accettato di accogliere 29 persone. Secondo l’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, «malgrado il governo italiano abbia ottenuto che il tema delle migrazioni fosse inserito nell’agenda del Consiglio europeo, dal vertice non sono uscite nuove proposte rispetto alla riattivazione degli accordi sui ricollocamenti. Né su quelli obbligatori che avevano suscitato cause legali e polemiche tra il 2015 e il 2018, né su quelli volontari conosciuti come accordi di Malta e attivati nel settembre 2019». Alla fine due migranti su tre restano nei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria che dovrebbero essere utilizzati al momento dell’arrivo, più che per gestire l’accoglienza ordinaria. E a certificare che il sistema dell’accoglienza è fallimentare sono i numeri del Siproimi, che accoglie soltanto 25.000 richiedenti asilo. Schizzano verso l’alto anche i dati dei riconoscimenti dello status di rifugiato. Nel 2021 ha ottenuto esito positivo in Commissione territoriale il 40 per cento circa dei richiedenti protezione, contro il 24 del 2020 e il 21 del 2019. Va sottolineato, però, che nell’ultimo anno sono state esaminate non poche richieste di cittadini afghani, che sono andate a buon fine nel 97,5 per cento dei casi. Molto basse, invece, le incidenze delle tre cittadinanze principali dei richiedenti esaminati: il Pakistan è al 33 per cento, la Nigeria al 30 per cento e il Bangladesh al 13 per cento. Le richieste bocciate dimostrano che dai tre Paesi raggiungono l’Italia soprattutto immigrati economici.