2019-10-28
L’alleanza tra capitale e progressisti per abolire le famiglie «subalterne»
Un volume del 1969 di Anthony M. Platt, autore di sinistra, consente di tracciare le origini del sistema di tribunali e affidi. E svela il qual è il suo reale obiettivo che, dagli Usa a Bibbiano, resta sempre uguale: colpire i genitori poveri. In uno splendido passaggio del capolavoro Rifugio in un mondo senza cuore, lo storico americano Christopher Lasch racconta di come il capitalismo abbia esteso il suo potere sulla vita privata dei lavoratori facendo in modo che «medici, psicologi, insegnanti, puericultori, funzionari dei tribunali minorili e altri professionisti» cominciassero a «vigilare sull'educazione del fanciullo, un tempo di competenza della famiglia». Questa tendenza al controllo sulle famiglie - che porta alla inevitabile sanzione di quelle considerate «devianti» o soltanto troppo povere - è il frutto di un cocktail ideologico di cui non è troppo difficile identificare gli ingredienti. Da un lato, come dice Lasch, c'è il capitalismo sfrenato. Dall'altro, però, c'è l'insistenza tutta liberal sui «diritti» e la fissazione per le buone cause. Gli effetti terrificanti di questa unione perversa li abbiamo visti a Bibbiano e dintorni, ma pure in altre zone d'Italia. Per comprendere a fondo che cosa sia successo da quelle parti, oltre al libro di Lasch, vale la pena di leggere un saggio straordinario intitolato Salvare i bambini. L'invenzione della delinquenza di Anthony M. Platt. Lo ha appena ripubblicato in Italia l'editore Meltemi in una bella e ricca edizione. La prima versione del tomo uscì negli Stati Uniti nel 1969. Platt era fortemente influenzato dalla situazione politica dell'epoca. È un autore di sinistra estrema, un radicale dei più puri. Tuttavia le sue idee si discostano moltissimo da quelle «liberal» che oggi vanno per la maggiore. Egli sostanzialmente ricostruisce l'origine dei tribunali minorili, e racconta il modo in cui agivano i cosiddetti child savers, i salvatori di bambini, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Stiamo parlando di filantropi, fondatori di associazioni e riformatori sociali la cui pressione portò alla creazione del primo tribunale dei minori a Chicago, nel 1899. A lungo questi personaggi - tutti di orientamento progressista - sono stati presentati come benefattori che agivano nel miglior interesse della società tutta. Ma Platt fornisce una lettura pesantemente critica. Egli spiega che i child savers «avevano stabilito standard così alti per determinare l'adeguatezza familiare, che quasi tutti genitori potevano essere accusati di non adempiere alla “proprie specifiche funzioni". Di fatto, solo le famiglie delle classi inferiori venivano valutate in base alla loro capacità, dato che alle famiglie della classe media non veniva riservato lo stesso trattamento». Insomma, dietro la patina progressista si celava l'intenzione - funzionale al capitale - di controllare e sanzionare le classi subalterne. E questo, purtroppo, è un sistema che ritorna costantemente anche oggi in tanti casi di bambini tolti alle famiglie d'origine. Pure in Italia, del resto, questa «interessata attenzione» verso i minori è nata in un ambiente progressista. Come spiega Gabriella Petti in un saggio che introduce il libro di Platt (e che picchia durissimo sull'approccio fascista alla giustizia minorile) tra i primi child savers italiani troviamo donne come «Ersilia Majno Bronzini, direttrice di un istituto di assistenza per fanciulle “traviate" (l'Asilo Mariuccia, tutt'ora esistente) e Lucy Re Bartlett, fondatrice della rete di patronati per l'assistenza ai giovani in libertà condizionale. Entrambe laiche, borghesi, femministe e progressiste con buone frequentazioni politiche». C'erano poi «professioniste come Fanny Dalmazzo», che «auspicava la fondazione di un tribunale specifico, non tanto contro i giovani pericolosi, ma a tutela dei minori, che si facesse carico di stabilire se e quando allontanarli dalla famiglia». Anche qui, dice la Petti, «come per i child savers descritti da Platt, non si trattava di tutelare la famiglia tout court, ma di distinguere tra quelle meritevoli e non meritevoli di allevare i propri figli». Nel nostro Paese, l'istituzione di tribunali per i minori si deve soprattutto agli scienziati successori di Cesare Lombroso, ai positivisti che si proponevano di catalogare e sorvegliare i potenziali futuri criminali. Furono questi studiosi a influenzare la Commissione Quarta, istituita nel 1909 proprio per occuparsi di giustizia minorile. Tale commissione non produsse granché, anche per via della «opposizione della Chiesa cattolica in difesa dei diritti dei genitori nell'educazione dei figli». Quelle idee partorite agli inizi del Novecento, tuttavia, sono giunte fino a noi per vie traverse, e ancora influenzano il nostro approccio nei confronti delle famiglie. Specie di quelle più povere e fragili, come dimostra il caso Bibbiano.
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