2021-06-16
L’Aifa giura: cocktail sicuro. Dieci giorni fa ammetteva che i dati erano insufficienti
L'Agenzia approva le vaccinazioni eterologhe sulle quali lamentava scarsità di studi. Le ricerche straniere che giustificano il via libera, inoltre, sono poco più che bozze.«Opzione interessante, ma ancora non ci sono dati scientifici definitivi». Era questa, meno di due settimane fa, la posizione ufficiale dell'Agenzia italiana del farmaco circa la possibilità di somministrare vaccini diversi tra la prima e la seconda dose. «Fino a quando gli studi non verranno pubblicati non possiamo dire nulla di più e bisognerà valutare bene sia il profilo di efficacia che di sicurezza», tagliava corto ai primi del mese Patrizia Popoli, presidente della Commissione tecnico scientifica dell'Aifa. Stessi dubbi espressi in quei giorni dal direttore generale Nicola Magrini. «Attendiamo la pubblicazione degli studi», glissava Magrini ai microfoni di Radio24, aggiungendo che in uno dei due studi disponibili «vengono segnalati molti più effetti collaterali che nell'altro». Prese di posizione che cozzano con il giudizio positivo espresso l'altro ieri dalla stessa agenzia. «Si ritiene che i dati disponibili possano supportare l'utilizzo del vaccino Comirnaty (Pfizer, ndr) e, per analogia, del vaccino Moderna, come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto, nei soggetti di età inferiore ai 60 anni che abbiano già effettuato una prima dose di vaccino Vaxzevria (Astrazeneca, ndr)», si legge nel parere della Commissione tecnico scientifica dell'Aifa che accompagna il comunicato stampa e la relativa circolare del ministero della Salute. Quale evento potrà mai aver fatto cambiare radicalmente idea ai vertici del regolatore italiano?Versione ufficiale: l'approvazione del mix vaccinale si basa su «studi clinici pubblicati nelle ultime settimane», i quali dimostrerebbero un «potenziamento della risposta anticorpale e un buon profilo di reattogenicità». Gli esperti della Commissione tecnico scientifica, riunitasi in tutta fretta domenica, spiegano che il via libera alla vaccinazione eterologa è «sostenuto dai dati clinici che derivano da due studi clinici pubblicati nelle ultime settimane condotti rispettivamente in Spagna e in Inghilterra, e che mostrano buoni risultati in termini di risposta anticorpale (lo studio spagnolo Combivacs, ndr) e sicurezza (in termini di accettabilità degli effetti collaterali)». «Pochi ma robusti», li ha definiti Guido Rasi, ex direttore dell'Agenzia europea del farmaco e oggi consigliere del commissario straordinario per l'emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo. Ma è davvero così? Quelli citati dalla Commissione tecnico scientifica sono i medesimi lavori scientifici di cui abbiamo parlato proprio ieri su queste pagine. Coinvolgono, complessivamente, appena 1.300 volontari e gli stessi autori non si trattengono dall'invitare apertamente alla cautela quando si tratta di valutarne le conclusioni. Partiamo dallo studio inglese, pubblicato su Lancet il 12 maggio scorso. La sperimentazione è stata condotta dall'Oxford vaccine group dell'omonimo ateneo nell'ambito del progetto Com-Cov e ha coinvolto poco più di 800 partecipanti. Si tratta di una analisi intermedia di sicurezza, dal momento che prende in esame l'andamento delle reazioni avverse a seguito dello «switch» in seconda dose, senza però giungere ad alcuna conclusione sulla qualità della risposta immunitaria. Gli autori precisano che «le due vaccinazioni eterologhe possono presentare svantaggi a breve termine», avendo rilevato un incremento delle reazioni avverse, potenzialmente ancora «maggiore nei soggetti più giovani». Proprio, cioè, la fetta di connazionali interessata all'incrocio dei sieri. In realtà, la pubblicazione citata dall'Aifa non rappresenta un articolo vero e proprio, bensì una corrispondenza. Secondo il glossario di Lancet, le lettere riportano «le riflessioni dei lettori sui contenuti pubblicati sulla rivista oppure su altri argomenti di interesse generale», e «solitamente non sono peer reviewed» cioè sottoposte a revisione paritaria, la procedura di valutazione da parte degli specialisti del settore per decretare la validità di una pubblicazione.Realizzato da un gruppo di ricercatori spagnoli, il secondo studio è stato pubblicato sempre per Lancet il 27 maggio scorso. Nel valutare la reazione dei 441 volontari ai quali è stato somministrato il vaccino Pfizer dopo la prima dose di Astrazeneca, gli scienziati hanno osservato una «robusta risposta immunitaria», accompagnata da un «profilo reattogenico accettabile e gestibile». Presentando il progetto Combivacs, il team ha parlato tuttavia di risultati «preliminari», chiedendo «prudenza» per ciò che concerne la loro interpretazione. C'è di più, in quanto il lavoro degli spagnoli in gergo viene definito un «preprint», ovvero «la versione di un manoscritto scientifico pubblicato prima di ogni formale revisione paritaria». Secondo i redattori di Lancet, i preprint servono principalmente a scopo di ricerca e per alimentare il dibattito interno alle istituzioni scientifiche, e «non dovrebbero essere utilizzati per giustificare decisioni cliniche oppure riportarli a un pubblico laico senza indicare che si tratta di uno studio preliminare e non sottoposto a revisione paritaria».Vale a dire l'esatto contrario di quanto fanno l'Aifa e il ministero della Salute nel dare il via libera al mix dei vaccini, dando per assodate pubblicazioni che in realtà sono ancora poco più che bozze. Sullo sfondo, un'Agenzia del farmaco in balia delle pressioni politiche, con il dg Nicola Magrini sempre più appeso alla poltrona assegnatagli e difesa dal ministro Roberto Speranza quando a marzo di quest'anno, come raccontato dalla Verità, le Regioni minacciavano di volerlo spodestare.