
Il mensile musicale chiama a raccolta un po' di vip contro il leghista. Tra questi arruola, a sua insaputa, Enrico Mentana. Che si dissocia e non perdona: «Mediocri».Dalla versione italiana della rivista Rolling Stone non è venuta buona musica ieri, ma qualche nota stonata e due notizie abbastanza tragicomiche. La prima: è partita la «resistenza» contro Matteo Salvini. La seconda: la «resistenza» è finita subito, dopo appena un paio d'ore di «combattimento», a causa di una figuraccia memorabile.Procediamo con ordine, iniziando da personaggi e interpreti, come nei migliori film. Protagonista della vicenda, il direttore editoriale di Rolling Stone Massimo Coppola, da anni al centro di una matrioska di insuccessi e disavventure: prima il fallimento della casa editrice Isbn (con un rumoroso strascico di contenziosi con autori e traduttori), poi il ripescaggio in Rai nella sfortunata parentesi di Antonio Campo Dall'Orto (nientemeno che - tenetevi forte - nella veste di «consulente editoriale per l'elaborazione di strategie e prodotti e per il supporto al posizionamento di brand e reti»), e infine il ritorno alla guida di Rolling Stone, che già diresse tra il 2015 e il 2016. In tutti questi anni, un solo filo conduttore: la pretesa di «rieducare» lettori e telespettatori, che però - ostinatamente - continuano a rifiutare le preziose lezioni di Coppola, ex vj di Mtv. Stavolta al centro dell'indignazione di Coppola sembra esserci il suffragio universale, visto che quegli screanzati degli italiani hanno largamente votato per Salvini, contro cui Rolling Stone ha avviato una crociata. Domenica scorsa, l'account Twitter della rivista è stato tra i primissimi a buttare in politica il successo delle quattro staffettiste ai Giochi del Mediterraneo, provando a trasformare le atlete in altrettante testimonial anti leghiste: è finita in autogol, come sappiamo.Ieri è andata anche peggio, con l'uscita di un numero intero della rivista intitolato «Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice», sullo sfondo della bandiera arcobaleno, e con un editoriale (attribuibile a Coppola) dai toni apocalittici: «…un'Italia sempre più cattiva, lacerata, incapace di sperare… Questa rabbia si è fatta potere. Non possiamo tacere. Not in my name». E a seguire una sfilata di dichiarazioni contro Salvini di vip veri o presunti, tra cantanti, attori, scrittori.Alcune di queste dichiarazioni fanno francamente sorridere, ma almeno sono vere. Daria Bignardi (già direttrice filo renziana di Rai 3): «Vanno smontate pazientemente tutte le sue (di Salvini) balle». Il cantante Vasco Brondi: «La giungla, l'intimidazione mafiosa istituzionalizzata». Il rapper Caparezza: «Voglio la Padania via dall'Europa per il gusto di chiamarli extracomunitari». Chef Rubio: «Ogni giorno (Salvini) posta abomini e menzogne». L'attrice Carolina Crescentini: «Intolleranza, razzismo e ferocia sono stati legalizzati». Il raffinatissimo Marco D'Amore: «Dobbiamo fare tanta “plin plin" e restituire i residui al luogo deputato». Quelli dello Stato Sociale: «Operato del ministro dell'Interno: disumano». I Subsonica: «La smetta di usare i più deboli come cavie». Lo scrittore Sandro Veronesi, per cui siamo ormai a pochi minuti dall'Apocalisse: «Se la società occidentale ha un futuro, ciò che vi sta accadendo oggi apparirà ripugnante così come oggi a noi appare ripugnante la schiavitù. E se non ce l'ha, allora la sua fine è questa, è arrivata».Insomma, più che Lotta Continua, si direbbe Lagna Continua. Seguono poi, un po' raccolte dalla redazione di Rolling Stone e un po' tratte dalle loro pagine Facebook, altre citazioni sparse di Erri De Luca, Fabio Fazio, Fiorella Mannoia, Vinicio Marchioni, e tanti altri, tra cui anche il direttore del Tg di La7 Enrico Mentana. Tutti più o meno «arruolati» e «cooptati», nell'inevitabile semplificazione comunicativa, in una specie di mega-appello resistenziale anti Salvini. E qui è scattata la figuraccia, quando ad accorgersene è stato proprio Mentana, di buon mattino. Mentana, su Facebook, non solo ha stroncato l'iniziativa, ma ha anche smentito categoricamente la propria adesione: «Quando voglio dire qualcosa, la dico. In prima persona, avendo la fortuna di poterlo fare in tv, e potendolo fare come tutti qui su Fb. Non credo agli appelli o alle prese di posizione perentorie e che servono solo a scopi identitari, o a volte peggio mirano a un po' di pubblicità gratuita. Con sorpresa ho trovato il mio nome tra gli aderenti a questa iniziativa (a meno che “Enrico Mentana, giornalista" non sia un omonimo). È un caso di malcostume, trasandatezza, sciatteria? Non so, non ho ancora letto la rivista. So però che il suo direttore mi aveva chiesto l'adesione, e la risposta è stata chiara: "No"». In prima battuta, a corredo, Chicco Mitraglia aveva postato la chat con il direttore Coppola, nella quale quest'ultimo lo incitava a partecipare all'appello «contro questi mentecatti...», conversazione poi cancellata dall'ex direttore del Tg5 «perché c'era di mezzo un'altra persona», ha sottolineato in una controreplica a Coppola. Sì perché tra i due le bizze sono continuate. Il direttore di Rolling Stone si era scusato con Mentana dando la propria versione: «Abbiamo deciso di includere i post pubblici sul tema dopo che molti ci hanno detto “ci sto, ma ho già detto quel che penso, non potete pubblicare il mio post?"... Mi scuso per non averti detto che lo avrei fatto, una dimenticanza, anche se ripeto, abbiamo ripreso una tua dichiarazione pubblica...». Mentana, però, non gli dà requie: «No, Coppola. Il mio no era chiaro. Non puoi decentemente sostenere che siccome altri ti hanno detto che ne avevano già scritto, allora questo ti permetteva di prendere oltre ai loro anche brani di altri che erano ignari della tua iniziativa o peggio, come nel mio caso, si erano dichiarati esplicitamente indisponibili, per di più usandone il nome come elemento di richiamo pubblicitario. È stata un'operazione mediocre».Schiaffo anche da Selvaggia Lucarelli, per tre mesi direttrice del sito della rivista: «Se fate una copertina di sinistra, parlando di libertà, accertatevi di praticare tutto ciò che vi rende così diversi da Salvini. Nei tre mesi in cui ho provato a lavorare con voi, mi è stato impedito di realizzare un servizio su ticket one e la truffa del secondary ticketing per ragioni di convenienza (...). È venuto l'Inpgi per controllare le posizioni lavorative dei giornalisti e diverse persone sono state fatte scappare giù in strada perché avevano contratti da lavoratori esterni e erano gentilmente invitate a lavorare in ufficio». A peggiorare le cose per Rolling Stone - che nel 206 lanciò la volata (contro il muro) al referendum costituzionale dedicando la foto di copertina a Matteo Renzi definito «Young pop - è giunto il plauso del Pd, attraverso un tweet del presidente Matteo Orfini: «C'è ancora chi ha il coraggio di reagire e combattere la barbarie. Grazie a Rolling Stone Italia e agli artisti che hanno scelto di schierarsi». Giù il sipario.
Mattia Furlani (Ansa)
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