2023-11-09
L’accordo con Tirana rispetta i regolamenti. Chi lo sta criticando dice falsità giuridiche
Edi Rama e Giorgia Meloni (Ansa)
Su porti sicuri, diritto d’asilo e respingimenti, il patto stretto con l’Albania appare del tutto in linea con le leggi vigenti.Come ampiamente prevedibile, la notizia dell’accordo italo-albanese per la creazione in Albania di due centri destinati ad accogliere i «migranti» soccorsi in mare da navi italiane ha dato luogo, da parte della sinistra, ad una pavloviana reazione di assoluto, pregiudiziale rigetto. A sostegno di essa non si è mancato di evocare, per denunciarne la pretesa violazione, la cosiddetta «legge del mare» (cioè, essenzialmente, la Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo), come pure le direttive europee in materia di diritto di asilo e protezione internazionale ed il precedente della Corte europea dei diritti dell’uomo costituito dalla nota sentenza Hirsi c. Italia, del 2012, che ritenne l’Italia responsabile di illecito «respingimento collettivo» di migranti che erano stati ricondotti in Libia, in attuazione di accordi all’epoca vigenti con il governo di quel Paese, dopo essere stati soccorsi da una nave della marina militare italiana. A tale pronuncia, in particolare, come riferito da Avvenire, avrebbe fatto riferimento l’ex ministro Graziano Delrio, prospettando la possibilità che, sulla base di essa, la collocazione dei «migranti» nei centri albanesi configuri il «reato di respingimento»; reato, peraltro, inesistente, essendo il respingimento espressamente previsto dalla vigente normativa (art. 10 del T.U. sull’immigrazione emanato con D.L.vo n. 286 del 1998) e potendosi quindi parlare soltanto, semmai, quando ne ricorrano le condizioni, di respingimento illegittimo, con conseguente annullabilità del relativo provvedimento, se oggetto di impugnazione. A tali denunce può rispondersi, senza entrare in eccessivi dettagli (a fronte, anche, della loro estrema genericità), mettendo in luce alcuni punti che gli affannati e precipitosi critici dell’accordo non sembrano aver adeguatamente considerato. Il primo di essi riguarda il cosiddetto «porto sicuro» (o, più propriamente, «place of safety») al quale, secondo la Convenzione di Amburgo, integrata dalle linee guida elaborate nel 2004 dall’Imo (International maritime organization) debbono essere condotte le persone soccorse in mare, dopo il loro salvataggio. Esso viene testualmente definito come «una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove: la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale». Come si vede, non è affatto previsto che debba anche trattarsi del porto «più vicino» al luogo in cui viene effettuato il soccorso. Appare, quindi, del tutto privo di fondamento l’assunto di quanti (tra essi, in particolare, l’eurodeputato dem Brando Benifei) , hanno voluto sostenere che motivo di illegittimità dell’accordo in questione sarebbe, tra gli altri, quello che esso consentirebbe di condurre i migranti soccorsi in mare in un porto albanese e non, invece, in un più vicino porto italiano. Il secondo punto da mettere in luce è quello attinente alle direttive europee in materia di diritto d’asilo e protezione internazionale, che sono essenzialmente quelle nn. 32 e 33 del 2013. Nessuna delle due contiene un espresso divieto a che le procedure di trattazione delle relative richieste siano effettuate in luoghi non compresi nel territorio dello Stato al quale le stesse sono rivolte, fermo restando, naturalmente, che deve trattarsi di luoghi sottoposti alla sua giurisdizione e che debbono essere le autorità del medesimo Stato, senza alcuna interferenza esterna, ad esaminarle e a decidere su di esse. Il che corrisponde, per quanto è dato sapere, a quanto è appunto previsto nell’accordo in questione. Appare, del resto, significativo, al riguardo, che la portavoce della Commissione europea, Anita Happer, non ha espresso alcuna pregiudiziale contrarietà al suddetto accordo, limitandosi a dire che occorreva prima accertare quale fosse il suo specifico contenuto e che, comunque, lo stesso appariva, a prima vista, diverso, da quello tra Gran Bretagna e Ruanda per il trasferimento, in quest’ultimo paese, di coloro che avessero chiesto asilo o protezione nel primo. Tale accordo, com’è noto, è stato censurato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ed è tuttora «sub judice» nella stessa Gran Bretagna. Terzo punto è quello attinente alla ricordata sentenza della stessa Corte europea Hirsi c. Italia, a proposito della quale appare sufficiente osservare che essa, come si è già detto, aveva ad oggetto il caso di «migranti» che, in base all’accordo all’epoca vigente con la Libia, erano stati puramente e semplicemente respinti nel territorio di quest’ultimo Paese, senza neppure essere identificati. Ben diverso è, invece, il contenuto dell’attuale accordo con l’Albania, non prevedendo esso alcuna forma di «respingimento» dei «migranti» verso uno Stato estero al quale essi restino incondizionatamente affidati, ma soltanto la loro materiale collocazione, sotto controllo e giurisdizione italiani, in località non compresa nel territorio nazionale. Appare, quindi, chiaramente da escludere ogni e qualsiasi equiparabilità tra le due situazioni. Tutto ciò non significa, naturalmente, che l’accordo in questione (il cui contenuto, in dettaglio, è, peraltro, ancora da verificare approfonditamente) non possa dar luogo a dubbi e difficoltà di attuazione, anche sotto il profilo giuridico. Ma onestà intellettuale e comune buon senso vorrebbero che, prima di bocciarlo, venisse per lo meno sottoposto ad adeguato esame, avendo anche cura, magari, di ripassare prima i testi sulla base dei quali l’esame andrebbe condotto.Presidente di sezione a riposo della Corte di cassazione
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.