L’ex sottosegretaria alla Salute in pubblico difendeva le decisioni del governo. Su cui poi però sparava a zero in privato, a partire dal blocco degli arrivi senza controllare gli scali intermedi. Critiche anche ai colleghi del ministero: «I nostri sono tragicomici».
L’ex sottosegretaria alla Salute in pubblico difendeva le decisioni del governo. Su cui poi però sparava a zero in privato, a partire dal blocco degli arrivi senza controllare gli scali intermedi. Critiche anche ai colleghi del ministero: «I nostri sono tragicomici».Sbagliavano sapendo di sbagliare. Sbagliavano sapendo che neanche la logica, oltre alla scienza, era dalla loro parte. Quale logica, del resto, poteva ispirare un provvedimento come quello di bloccare i voli da e per la Cina, sapendo che chiunque provenisse da Pechino poteva comunque entrare in Italia attraverso coincidenze aeree con altri scali? Eppure, non solo il provvedimento fu adottato il 30 gennaio con una circolare del ministero della Salute e rivendicato come «doloroso ma necessario» dai soliti soloni televisivi, ma fu poi sconfessato dalla stessa Sandra Zampa (Pd), all’epoca sottosegretaria alla Salute, nelle conversazioni private con Goffredo Zaccardi, potente capo di gabinetto dell’allora ministro Roberto Speranza. È il 23 febbraio 2020, sono passati 24 giorni dalla decisione del governo di sospendere tutti i collegamenti aerei tra l’Italia e la Cina. Il giorno prima, il Consiglio dei ministri approva un decreto legge che introduce drastiche restrizioni nei Comuni focolaio. All’inizio di quel lungo day after, Zampa si lascia andare a un mea culpa con Zaccardi: «Le persone che rientravano transitando da qualunque aeroporto del mondo dalla Cina andavano messe in quarantena». Poi aggiunge: «Non ci avrebbe messo al riparo dal virus totalmente, ma dalle responsabilità sì». Cautelarsi e scaricare la responsabilità sugli altri: sono queste le inquietudini che tengono occupati i politici in quei giorni, come emerge dalle carte sull’inchiesta della gestione della prima fase della pandemia, sotto la lente dei magistrati di Bergamo. «La gente non sarebbe rientrata in modo incontrollabile», continua Zampa, per poi lanciare l’affondo: «Non ne farò parola con nessuno, ma voglio che tu sappia che non ho più nessuna fiducia in questa gente, compreso Ippolito (Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani, e membro del primo e del secondo Cts, ndr), che partecipa alle assemblee Pd per farsi pubblicità».Zampa non è nuova ad esternazioni di questo genere: lo stesso giorno confida infatti a Zaccardi di pensare che «i nostri, da Ruocco in giù (Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della Salute, ndr), non sono stati all’altezza». Eppure, in quel ministero, il suo ruolo era rilevante.La futilità dello stop ai voli cinesi era stata constatata due giorni prima anche dal professor Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità (Iss) in un messaggio inviato al professor Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss riconfermato lo scorso 14 febbraio: «Ah, ’sti cinesi - dice Rezza - andava fatta la quarantena a tutti quelli che sono stati in Cina». Sarebbe stato complicato, nel Paese in cui i compagni di coalizione di Speranza mangiavano involtini primavera e prendevano aperitivi sui Navigli, ma tant’è. Di quella misura il governo era andato particolarmente fiero: il 30 gennaio, nell’annunciare il provvedimento, è lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte a rivendicare tronfio che l’Italia è «il primo Paese Ue che adotta una misura cautelativa di questo genere», per poi essere applaudito dal cantore ufficiale della gestione pandemica, Roberto Burioni («Siamo stati gli unici ad avere bloccato i viaggi aerei dalla Cina, provvedimento doloroso, ma secondo me indispensabile e molto saggio»). Non è necessaria una laurea in Medicina per capire che l’Italia era raggiungibile anche attraverso scali: Burioni non lo comprenderà neanche dopo, ma Zampa sì, eppure governo e ministero continueranno a non ammettere mai gli errori commessi. La sottosegretaria ha sempre avuto enorme potere, nel Pd e all’interno del dicastero guidato da Speranza: decaduta dal ruolo ministeriale dopo l’insediamento del governo di Mario Draghi, rientrerà dalla finestra ottenendo un contratto di 48.000 euro lordi annui per lavorare come «esperto per la comunicazione». La sua preoccupazione principale sembra essere quella di non essere esclusa dalle riunioni importanti per poter tirare le fila: in un messaggio del 26 febbraio 2020 scambiato con Zaccardi, si lamenta di Ruocco («non gode di mio gradimento ma soprattutto rischia un vero conflitto d’interessi, Coccoluto sa tutto e concorda, ti prego di facilitare la sua uscita dalla lista degli esperti»). Il 4 marzo 2020 si accanisce contro Tiziana Coccoluto, vice di Zaccardi («Che la dottoressa Coccoluto non inoltri a me la bozza di atti normativi ministeriali per paura di fughe di notizie richiederebbe reazioni serie. Ma solo se fosse una cosa seria. Non lo è») e lui la accontenta: «D’accordo. Provvedo». Il 21 marzo chiede a Zaccardi di essere coinvolta nella task force che si occupa di tecnologie e Covid: «Ti chiedo di farmi avere notizia delle convocazioni delle riunioni», ordina. Il 26 marzo in uno sfogo con il capo di gabinetto di Speranza torna all’attacco dei funzionari ministeriali: «Goffredo, questi giorni drammatici ci hanno mostrato l’inadeguatezza enorme dei nostri burocrati. Alcuni nostri del ministero, poi, sono tragicomici». Eppure, il potere di levare la voce rispetto alle caotiche decisioni dettate dal panico, Zampa lo aveva. È il 10 marzo, all’indomani del dpcm n.14 con il quale Conte chiude l’Italia, che la sottosegretaria si fa carico dei problemi dei cittadini avanzando rimostranze sul testo del dpcm: «I Comuni praticamente si devono occupare dei disabili con squadre speciali senza risorse. Gli anziani, le persone immunodepresse e con problemi psichici, così come chi viene dimesso per fare posto, li dimentichiamo? I miei sono suggerimenti, si può correggere?». Fu corretto ben poco: quando si occupava di salute pubblica anziché di potere, l’opinione di Zampa contava di meno.
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