2022-06-04
La «vittoria» italiana sul tetto al gas è retorica per nascondere la crisi
Il prezzo è alto perché la domanda supera l’offerta, dinamica iniziata prima dello scoppio della guerra. Visto che l’export nel breve termine non crescerà, dovremo ridurre i consumi: pagheranno le aziende.Grano per l’Africa: sfida Mosca-Ue. Vladimir Putin incontra il presidente del Senegal e dell’Ua, che chiede la revoca delle sanzioni. Intanto Banca mondiale e Bruxelles danno all’Egitto un finanziamento da 600 milioni.Lo speciale comprende due articoli. Al termine del Consiglio europeo del 30 e 31 maggio scorso, tra le conclusioni della riunione leggiamo: «Il Consiglio europeo invita la Commissione a esaminare […] modalità per contenere l’aumento dei prezzi dell’energia, compresa la fattibilità dell’introduzione di tetti temporanei ai prezzi all’importazione, se del caso».Secondo la critica plaudente al seguito del presidente del consiglio Mario Draghi, si tratterebbe di una grande vittoria del nostro governo. Ma cosa significa «tetti temporanei ai prezzi all’importazione»? Quasi nessuno lo sa, perché quasi nessuno sa di cosa sta parlando. Non si tratta del price cap imposto in Spagna e Portogallo: questo si applica solo al costo del gas utilizzato per produrre energia elettrica, per cui l’effetto calmiere si ottiene su quella. La differenza tra il cap e il prezzo reale del gas viene recuperato poi spalmando l’onere su tutti i consumatori. L’idea del tetto ai prezzi del gas nasce invece dalla convinzione che l’Europa, essendo un grande acquirente netto, disponga di un potere contrattuale sinora inespresso nei confronti dei venditori. Aggregando la domanda europea di gas, è la ratio della proposta, si può imporre al venditore un prezzo più basso, perché esso preferirà guadagnare qualcosa piuttosto che non guadagnare nulla. Questa è la teoria economica, illustrata da Ehlanan Helpman e Paul Krugman in un saggio di qualche anno fa.Poi c’è la realtà. La prima obiezione è la seguente: e se ci dicono di no? Cioè se la Russia, fuori dal puro ambito economico, prendesse la decisione strategica di rinunciare piuttosto all’export di gas? A chi si rivolge l’Europa per comprare il gas che le serve? Non esiste nessuna alternativa, oggi. L’ipotesi di un «no» non è peregrina, perché l’Europa per prima sta rinunciando a un fornitore sin qui affidabile e a basso costo non per motivi economici, ma per motivi strategici.Fingiamo che il problema non esista e analizziamo la proposta. Come è fatto il prezzo a cui l’Europa importa gas? È alto, è basso, è fisso, è indicizzato? Per quanto riguarda l’Italia, il solo soggetto in possesso di tali informazioni è l’Arera, che ha in mano i contratti di import di tutti gli operatori. Nel frattempo, però, qualcuno ha gridato allo scandalo perché i prezzi all’import sarebbero molto bassi, sotto il prezzo di mercato attuale. Dunque, gli importatori avrebbero incassato extraprofitti ritenuti immorali, tanto da muovere il governo a tassarli al 25% con una legge apposita. Se fosse così, però, significherebbe che i prezzi del gas importato dalla Russia sono bassi. Dunque, perché mettere un tetto a prezzi bassi? Non ha senso. Se gli odiosi extraprofitti sono stati fatti dagli importatori che hanno marginato sulla differenza tra costo di acquisto del gas di importazione (basso) e ricavo da vendita a prezzo di mercato (alto), non c’è nessun tetto da mettere al prezzo del gas all’importazione. Ipotizziamo allora che i prezzi all’esportazione dalla Russia siano alti (se fosse così non ci sarebbe alcun extraprofitto degli importatori da tassare, ma passons). Trattandosi di contratti pluriennali, quasi certamente si parla di prezzi indicizzati a una grandezza di riferimento variabile. Tempo fa questa era una media ponderata dei prezzi di un paniere di petroli greggi, calcolata su più mesi. Da qualche anno il riferimento è diventato il prezzo che si forma sul mercato europeo Ttf. Dunque, il prezzo del gas di importazione a cui imporre un tetto è in realtà il prezzo del Ttf. Cioè l’Europa dovrebbe mettere un tetto al mercato che essa stessa ha creato e coccolato. Chi è causa del suo mal...Come mai il prezzo del gas al Ttf è alto? Perché lo scorso anno aspettative errate hanno determinato una situazione di corto fisico che si sta riflettendo anche su questa stagione e sulla prossima. Mentre si attendeva un calo della domanda di gas, a calare è stata l’offerta, che ha dovuto essere integrata con maggiori importazioni di Lng. Essendo quello Lng un mercato mondiale su cui influisce la domanda di grandi acquirenti come Cina, Corea del Sud e Giappone, con un’offerta ristretta e concentrata, il prezzo del Lng è diventato il prezzo marginale del gas venduto al Ttf. Assieme ad altri fattori, la salita del prezzo del gas al Ttf è dovuta all’aggancio di questo alla domanda asiatica di Lng. Poiché ormai il Ttf è un mercato inserito nelle dinamiche globali, imporre un tetto al prezzo avrebbe l’effetto di allontanare l’offerta verso altri lidi disposti a pagare meglio. Oggi il prezzo al Ttf è tra 80 e 90 euro al megawattora, cioè altissimo rispetto ad un anno fa, ma è il prezzo a cui Cina e Giappone comprano Lng. Se si vuole evitare un calo dell’offerta (che farebbe schizzare i prezzi europei ancor più verso l’alto) è necessario che il tetto sia almeno pari al prezzo attuale o superiore, cosa che lo renderebbe del tutto inutile.L’unico modo per far calare i prezzi è tornare ai fondamentali: aumentare l’offerta o far scendere la domanda. L’offerta ha tempi lunghi per adeguarsi, poiché necessita di investimenti. Appare più semplice abbattere la domanda, che purtroppo è esattamente quello che sta accadendo. I prezzi alti stanno scoraggiando i consumi industriali, in calo del 10% in Italia. La sensazione è che la discussione sul tetto ai prezzi del gas, venduta come un successo tutto italiano, sia invece un cinico espediente per prendere tempo, un tentativo di far vedere che si sta facendo qualcosa, in attesa che il mercato si aggiusti da solo distruggendo la domanda e, con essa, la nostra economia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-vittoria-italiana-sul-tetto-al-gas-e-retorica-per-nascondere-la-crisi-2657455313.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="grano-per-lafrica-sfida-mosca-ue" data-post-id="2657455313" data-published-at="1654283725" data-use-pagination="False"> Grano per l’Africa: sfida Mosca-Ue Per l’Ue è il ricatto della fame; gli africani che sono i diretti interessati non vogliono schierarsi contro Vladimir Putin e chiedono pane e fertilizzanti in cambio del no alle sanzioni rovesciando sull’Occidente la scelta se provocare o meno la crisi alimentare, per Recep Tayyip Erdogan se l’accordo fosse farina del suo sacco sarebbe un terno al lotto. Il grano resta uno dei capitoli più delicati della guerra d’Ucraina. Perciò l’Unione europea e la Banca mondiale hanno deliberato un finanziamento congiunto di 600 milioni di dollari per l’Egitto di Abdel Fattah Al Sisi. È il Paese che consuma più pane (118 chili pro capite) e dipende quasi del tutto dall’import di grano russo e ucraino. Il motivo c’è: è quello che costa meno. Per consentire al Cairo di accedere agli stock di cereali di prezzo maggiore arriva questo finanziamento. Ieri comunque è sembrato che si facesse un passo avanti. Stando all’agenzia di stampa di Ankara Anadolu, Turchia e Nazioni Unite hanno negoziato un’intesa - la firma dell’accordo è prevista a Istanbul - per un corridoio navale che consenta ai cargo carichi di cereali di lasciare il Mar Nero scortati dalla Marina turca. Dove ha fallito Mario Draghi starebbe per riuscire colui il quale è per il nostro presidente del Consiglio «un dittatore». Sul grano Vladimir Putin sta costruendo una diplomazia parallela riuscendo a far passare l’idea che l’Occidente ci stia speculando sopra. Opinione condivisa in Italia da Beppe Grillo. Il garante del M5s sul suo blog sostiene: «È la finanza a speculare. L’aumento dei prezzi si determina alla Borsa di Chicago, è un becero oltraggio alle spalle della gente». La Fao ieri ha fatto sapere che sono in ribasso i prezzi alimentari, ma l’indice dei cereali (anche del riso, ed è una pessima novità) è salito in un mese del 2,2% e si prevede un calo di 16 milioni di tonnellate negli imminenti raccolti. Il leader dell’Unione africana e presidente del Senegal, Macky Sall, ieri a Sochi ha incontrato Putin. Sall ha ribadito: «Diversi Paesi hanno votato a favore di risoluzioni all’Onu e la posizione del continente africano è molto diversa e, nonostante le grandi pressioni, molti Paesi continuano a non condannare la posizione della Russia. Noi abbiamo due veri problemi: la crisi e le sanzioni. Dobbiamo lavorare insieme per risolvere proprio questi due problemi in modo che i prodotti alimentari, in particolare i cereali, e i fertilizzanti siano rimossi dalle sanzioni». Dunque l’Africa chiede grano e fertilizzanti (sono il vero problema) e non rinuncia al dialogo con Mosca. Putin ha ribadito: «L’interscambio tra la Russia e i Paesi africani è in crescita, nei primi mesi del 2022, di oltre il 34%. Ci sforziamo di sviluppare legami umanitari con i Paesi africani e faremo tutto il possibile per dare slancio a questo processo». Sall ha aggiunto su Twitter: «La Russia è pronta a garantire l’esportazione del suo grano e dei suoi fertilizzanti. Invito tutti i partner a revocare le sanzioni». Da Sochi è tutto.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)
Massimo Cacciari (Getty Images)