- Ursula Von der Leyen vuol approvare entro dicembre il trattato di libero scambio col Sudamerica, che ci invaderà di cibi con basso standard di sicurezza e aumenterà la deforestazione dell’Amazzonia. Alla faccia del green...
- Lula ne approfitta per rifilarci carne sintetica. La multinazionale Jbs investe in Spagna, scommettendo sulle politiche di Bruxelles contro le stalle.
Ursula Von der Leyen vuol approvare entro dicembre il trattato di libero scambio col Sudamerica, che ci invaderà di cibi con basso standard di sicurezza e aumenterà la deforestazione dell’Amazzonia. Alla faccia del green...Lula ne approfitta per rifilarci carne sintetica. La multinazionale Jbs investe in Spagna, scommettendo sulle politiche di Bruxelles contro le stalle. Lo speciale comprende due articoli.Per capire l’importanza e la gravità della posta in gioco conviene guardare a Parigi piuttosto che a Roma. In Francia, dove rombano di nuovo i trattori che hanno già dato luogo a 80 manifestazioni di protesta degli agricoltori, dagli «Insoumise» di ultra sinistra di Jean-Luc Mélenchon, al Front National di Le Pen-Bardella passando per i Repubblicani di Laurent Wauquiez sono tutti concordi: «Il Mercosur non s’ ha da fare né domani né mai». Se un Parlamento diviso come non mai trova l’unità su questo no, un motivo ci deve essere. Da noi se ne parla meno. La nostra sinistra, Pd in testa, usa l’Europa per fare opposizione a Giorgia Meloni e quando sente parlare di green o di ciò che rientra nel mainstream europeista sta sempre dalla parte opposta dell’Italia. Peccato che l’accordo Mercosur sia una clamorosa smentita di tutta l’ideologia verde che ha governato l’Ue in particolare in rapporto con l’agricoltura. Stavolta la faccenda è seria davvero e meriterebbe un po’ più di attenzione, al punto che in margine al G20 che si è tenuto, guarda te, a Rio de Janeiro, il presidente francese Emmanuel Macron si è complimentato con il nostro presidente del Consiglio per «la bella mossa che ha fatto sul Mercosur». Giorgia Meloni, in piena trattativa per far assurgere Raffaele Fitto al ruolo di vicepresidente esecutivo della Commissione, non si è però peritata di sussurrare a Ursula von der Leyen: noi il Mercosur così com’è te lo bocciamo. Di che si tratta? È uno dei tanti accordi di libero scambio che gli europei hanno messo in moto venti anni fa immaginando di diventare con l’euro – è una moneta con cui non si fa il prezzo di nessuna merce – i padroni del commercio mondiale. Uno, assai compromettente per la nostra agricoltura, c’è già: è il Ceta con il Canada, grazie al quale ci arriva il grano essiccato col glifosato, un diserbante che da noi non si può usare in pre raccolto, ma che, siccome il principale produttore è la Bayer tedesca, deve avere lunga vita. Il bis è l’accordo col Mercosur che da più di quattro lustri è in discussione, ma che ha avuto un’improvvisa accelerazione tant’è che Ursula von der Leyen lo vuole firmare entro i primi giorni di dicembre. Una spiegazione c’è: Volkswagen, Audi e ora anche Mercedes grazie all’ideologia green che ha imposto le auto elettriche – a proposito, dal prossimo anno scattano le multe pari a 16 miliardi per le case automobilistiche che non producono più del 30% di auto a pila, che nessuno vuole – sono in panne, e se Brasile & Co si comprano un po’ di vetture europee il gioco è fatto. Solo che questo dovrebbe succedere a scapito dei formaggi, dei salumi, dei vini, dell’extravergine e poi della pasta, della frutta, del miele europei. Che significa soprattutto agroalimentare italiano e francese. Ancora una volta l’Europa per vendere le polizze olandesi, le macchine tedesche, i servizi della Spagna, svende l’agroalimentare come ha già fatto con il Ceta. La crisi dell’auto in Germania ora pesa troppo ed ecco che Ursula von der Leyen ha dato un’accelerata al Mercosur: vuole chiudere entro i primi di dicembre, al massimo lo vuole offrire come regalo di Natale alla Cdu tedesca in vista delle prossime elezioni. Ne hanno parlato con Luiz Inácio Lula da Silva – presidente brasiliano che sta assumendo toni peronisti, visto che la sua filosofia è: non importa come o con chi, l’importante è il risultato – che non a caso ha lanciato il fondo contro la fame nel mondo convinto che dall’agricoltura può venire la svolta economica del Brasile. È lui il primo motore del Mercosur, un accordo di mercato – una sorta di Mec dell’America Latina: Mercado Comun del Sur – che lega Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile, a cui partecipano però anche Bolivia, Cile ed Ecuador e che ha già intese con altri Paesi africani, col quale l’Ue vuole stringere un’intesa bilaterale che abbatte i dazi di alcune merci del 90% e la tassazione soprattutto sui servizi finanziari. Il fatto è che questi dazi si riducono per tedeschi e spagnoli (Madrid è favorevolissima all’accordo così come l’Aia), agevolano le compagnie marittime, la finanza e le Borse dei Pasi Bassi, in cambio di una penalizzazione dell’agroalimentare, soprattutto quello di altissima qualità e cioè di Francia e Italia. La materia del contendere è la mancanza di reciprocità. Cioè, i prodotti agricoli e agroalimentari del Mercosur che l’Ue importerà non devono sottostare agli stessi standard di qualità e di salubrità imposti ai produttori europei. Ma c’è anche, e per paradosso, il mantenimento da parte di Brasile e alleati di divieti fitosanitari: le barriere veterinarie poste su più prodotti trasformati – un esempio sono i prodotti di salumeria italiana che sono vietati e resteranno vietati – restano in piedi. La cosa curiosa è che il Mercosur le fa valere mentre l’Ue per i prodotti in importazione le fa cadere. Basta ricordarsi che di recente l’Ue ha varato un regolamento sulla deforestazione che impone la messa a riposo di altre terre limitando la produzione agricola. Lula aveva fissato l’obbiettivo deforestazione zero per l’Amazzonia eppure ha autorizzato nuove coltivazioni e soprattutto nuove estrazioni di greggio affermando: «Tutti vogliono risolvere il problema dei combustibili fossili, ma sfortunatamente l’umanità non può ancora farne a meno». Il risultato è che mentre l’Europa ha perso 10 milioni di terra coltivata e ha acquistato negli ultimi 30 anni 12 milioni di ettari di boschi (in Italia siamo ormai al 38% di superficie nazionale coperta da alberi) il solo Brasile ha disboscato per 90 milioni di ettari. Come avvertiva Divulga – uno dei più accreditati centri studi d’Europa sull’economia agraria – col Green deal agricolo l’Europa rischia una diminuzione di produzione del 20%, un aumento dei prezzi del 42%, una decrescita dell’export del 50% per i prodotti di punta, compensata da aumenti d’importazione record: mais più 209%, colza più 94%, agrumi più 92%, senza contare l’impatto sulla zootecnia e il lattiero caseario. Ciò spiega la fretta di fare acquisti col Mercosur nonostante questo significhi contribuire alla deforestazione (l’Ue negli ultimi 20 anni ha col proprio import prodotto l’abbattimento di 11 milioni di ettari di foresta nell’area del Mercosur). Limitandoci al solo Brasile, che è già oggi il secondo fornitore agricolo dell’Europa con esportazioni pari a 9 miliardi cresciute dell’11% dalla pandemia in avanti, va detto che mentre l’Ue vieta ai suoi contadini l’uso di fitofarmaci e fertilizzanti (il Farm to Fork pone al 2030 il dimezzamento delle quantità) proibendo – e giustamente – del tutto gli ormoni negli allevamenti e limitando in maniera stringente gli antibiotici, i brasiliani hanno aumentato del 38% l’uso di chimica in campo: un terzo delle sostanze usate in quella nazione è vietata in Ue e negli ultimi tre anni il Brasile ha autorizzato 37 molecole messe al bando in Europa. Cina, Brasile e Usa – i nostri principali fornitori agricoli – da soli coprono circa il 27% delle emissioni agricole globali. Sono cresciute di circa il 15% tra il 1990 e il 2019 e solo l’Ue ha un saldo negativo (-18,5%). Nello stesso periodo le emissioni dell’agricoltura brasiliana sono cresciute del 47%. Forse non è così conveniente barattare i nostri campi in cambio di qualche auto in più. Anche perché se va avanti così l’Europa mostra quanto sia ipocrita il suo afflato verde.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-ue-sacrifica-la-nostra-agricoltura-per-fare-un-favore-allauto-tedesca-2669993949.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lula-ne-approfitta-per-rifilarci-carne-sintetica" data-post-id="2669993949" data-published-at="1732482821" data-use-pagination="False"> Lula ne approfitta per rifilarci carne sintetica L’aspetto più delicato e in parte inquietante dell’accordo Mercosur riguarda la zootecnia. Come si sa l’Ue, inseguendo l’ideologia green, fa di tutto per azzerare gli allevamenti. La Danimarca che ospita i bioreattori della Remlink – la multinazionale israeliana che ha brevettato il latte prodotto dalla fermentazione di funghi geneticamente modificati – ha varato una supertassa sulle flatulenze delle bovine e ha provato a forzare la mano nell’ultimo Agrifish (è il Consiglio europeo dei ministri dell’agricoltura). Nella risoluzione finale avevano inserito una clausola secondo cui l’Europa doveva sostenere le proteine alternative, sia quelle a base vegetale sia quelle di derivazione animale ottenute con processi di replicazione cellulare. L’Italia con il ministro Francesco Lollobrigida si è opposta e anche la Francia sta drizzando le orecchie. Brasile e Argentina sono tra i maggiori produttori di carne al mondo e in Brasile è basata la Jbs, la multinazionale della bistecca. È il maggiore produttore mondiale con un fatturato di 70 miliardi di euro. È già di per sé un temibilissimo concorrente per la Francia – che con quasi 19 milioni di capi è il primo produttore europeo di bovini – ma soprattutto potrebbe essere il cavallo di Troia per la carne sintetica. Jbs ha già investito 400 milioni di euro per costruire in Spagna a San Sebastian il più grande impianto al mondo per la produzione di carne da replicazione cellulare. Lo ha fatto entrando in società con la spagnola BioTech Foods guidata da Iñigo Charola. Eduardo Noronha, responsabile delle attività a valore aggiunto di Jbs, ha dichiarato che l’investimento europeo «pone Jbs in una posizione unica per guidare il segmento e cavalcare questa ondata di innovazione». I brasiliani sono convinti che grazie alle politiche di Bruxelles anti stalle il mercato continentale sarà il più grande per la carne coltivata. Per l’Italia è una prospettiva funesta: siamo deficitari di carne per il 60%. L’unico settore dove siamo in linea con i consumi è quello avicolo: anzi esportiamo un po’ di polli e uova. Ovviamente tra i campioni del made in Italy ci sono i salumi, ma appunto buona parte dei suini serve per produrre i nostri salumi Dop. Lo stesso vale per le stalle. Il nostro patrimonio di bovine è quasi tutto destinato alla produzione di latte per i nostri formaggi che al recentissimo World Cheese Awards hanno conquistato tre posti tra i primi dieci, e da noi formaggio significa cooperative. Una recentissima indagine di Nomisma – resa nota durante il primo meeting della cooperazione organizzato da Giampaolo Buonfiglio (Agci Agrital ), Cristian Maretti (Legacoop Agroalimentare) e Davide Vernocchi (Confcooperative Fedagripesca) – ha messo in rilievo come con 17.000 stalle, 540 imprese di trasformazione e più di 13.000 lavoratori, la cooperazione rappresenta oltre il 65% del latte raccolto in Italia e il 70% della produzione dei principali formaggi Dop. Nella classifica delle prime 20 imprese del settore lattiero-caseario, 7 sono cooperative. E dai numeri dei bilanci si evince che chi conferisce latte in cooperativa ha un differenziale positivo del 16% rispetto al prezzo del latte in Lombardia, mentre in alcune aree di montagna si arriva addirittura a un prezzo più alto del 30%. Ebbene tutto questo mondo, se avanzano la carne sintetica – lo sanno tutti che una vacca per fare il latte deve aver partorito almeno un vitello – e il latte estratto dai funghi, è seriamente minacciato. Si scrive rischio, ma si legge Mercosur.
Paolo Longobardi (Getty images)
Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
Lo speciale contiene due articoli.
Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».