
Il caso di Bing, accusato di essere scorretto sui temi razziali, pone quesiti inquietanti sugli oracoli del Web. Che influenzano e pilotano sempre di più il flusso di notizie. Come fa Google, multato più volte per comportamenti scorretti e violazione della privacy.Può un motore di ricerca essere definito razzista? È ciò che è accaduto a Bing, creatura di Microsoft e antagonista di Google, accusato di essere particolarmente politically incorrect sui temi razziali (a causa di filtri politici quasi assenti e suggerimenti di ricerca al limite dell'ingiurioso). Basta fare la prova con qualche parola politicamente «calda» in lingua inglese come per esempio muslim o jew. Il fatto però che Bing mostri nei propri risultati un'altra realtà rispetto a quella raccontata da Google pone comunque delle domande importanti (e inquietanti). Quanta realtà e in quale grado alterano i motori di ricerca? Chi decide che cosa mostrare e propagare? Si tratta solo di un algoritmo, di un'asettica machine learning? E tali strumenti sono sempre impolitici oppure tendenziosi? A quali regole di cancellazione si attengono - per la politica - i supervisori ai contenuti ovvero quelle persone che cancellano su internet i contenuti estremi o sgradevoli? Sono tutte domande che riecheggiano - e danno corpo - alla polemica innescata da Donald Trump intorno a Google accusato di silenziare programmaticamente i siti dei conservatori e parteggiare per la sinistra, rilanciando altresì nei risultati di ricerca solo le fake news contro di lui. Nei fatti quelli di Google non hanno mai chiarito l'arcano, nascondendosi dietro la formula magica degli algoritmi, ben più ardui dell'einsteiniano E=mc² che a loro confronto pare una bazzecola. È ovvio però che l'idea trumpiana di regolare una volta per tutte i signori del Web e il loro strapotere, non può garbare a quei signori e perciò è altrettanto ragionevole pensare - questo lo capirebbe persino un bambino - che costoro si difendano con i loro strumenti, ovvero influenzando e manipolando il flusso di notizie a sfavore del proprio nemico. Quindi forse Bing, più che un motore di ricerca «razzista», è solo meno controllato, calmierato e pilotato (all'insaputa dell'utente) rispetto a Google, il quale con la propria schermata bianca e immacolata gioca a impersonare il bene assoluto, al di sopra delle parti, un po' come il vecchio ventriloquo imbroglione si spacciava per il favoloso Mago di Oz.Google, Bing, Aol o Baidu in Cina sono ormai i nuovi oracoli laici a cui miliardi di utenti fiduciosi e sprovveduti (nel senso che i più non riflettono sull'esistenza dei filtri, pensando che tutta la realtà vi appaia come duplicata e sistematizzata) fanno ogni sorta di domande - da come si prepara un'omelette sino all'esistenza di Dio - in quanto nuove enciclopedie dell'umanità e suoi nuovi precettori. In tal senso è molto interessante la crescita in sordina del motore Duckduckgo che ha appena raggiunto le 30 milioni di ricerche giornaliere, superando Aol. Benché a una distanza siderale dai numeri di Google o Bing, Duckduckgo è il solo motore di ricerca a non tracciare gli utenti, cookie-free cioè gelosamente attento alla privacy, e ciò in aperta opposizione proprio con le numerose infrazioni e magagne di Google che - come dimostrato da infinite inchieste e denunce - spia di continuo i propri utenti, capillarmente, usando poi le informazioni per scopi commerciali. I tempi in cui Internet era il regno della libertà e dell'onniscienza, appaiono mitici e lontani come un'età dell'oro; oggi la rete ha semmai le sembianze di un ciclopico Big brother da cui occorre difendersi e soprattutto diffidare. Duckduckgo viene premiato, da un numero sempre maggiore di utenti informati, anche e soprattutto a causa di tali distonie del Web.Quindi non solo molti libri di scuola fanno propaganda politica, alterando surrettiziamente la storia e di conseguenza falsando tutta la realtà, ma pure i motori di ricerca che quei libri sempre più sostituiranno sia nell'educazione scolastica che nell'informazione adulta. A breve, i più avvertiti, inizieranno a distinguere i portali in base al loro colore politico, alle loro simpatie partigiane, e a far loro la tara. È una tendenza inevitabile e già cominciata, forse proprio grazie a Trump. Assisteremo a delle guerre stellari tra il niveo e politicamente corretto Google e il fosco e cattivo Bing come in Star Wars vedevamo fronteggiarsi Obi Wan e Darth Vader a colpi di spada laser. E a chi - come Davide Casaleggio - vede nel Web il futuro inarrestabile e trionfale della democrazia diretta, bisogna ricordare che il suo lato oscuro - sempre presente e possente - è quello di una tirannia indiretta.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





