2020-03-31
La terza via di Gentiloni si chiama Troika
Il commissario all'Economia finge di fare da mediatore tra il Fronte del Nord e l'Italia in cerca di obbligazioni garantite da tutta l'Ue. Suggerisce però, con l'ok del Fmi e dei saggi tedeschi, «coronabond per obiettivi». Che sarebbero una copia del Salvastati.Dopo una domenica di pausa, gli sherpa della diplomazia Ue sono tornati a riunirsi per cercare una soluzione alla spaccatura tra il fronte del Nord e quello Mediterraneo. Germania, Austria e Olanda guidano la cordata di chi in alcun modo vuole una condivisione del debito. Che sia una emissione obbligazionaria o l'utilizzo del Mes, il Fondo salvastati, per raccogliere miliardi da destinare alle economie devastate dal coronavirus, ognuno dovrà farsi carico del proprio debito e risponderne agli investitori. La lettera inviata la scorsa settimana (Italia, Francia e altri sette Paesi sono i firmatari) ha provato a forzare la mano, spiegando che si sarebbe potuto fare una emissione garantita solo da un gruppo ristretto. Ma nemmeno questa soluzione è andata bene al fronte del Nord. Tanto che il Consiglio Ue è evaporato, e ha passato la palla all'Eurogruppo che si riunirà il prossimo 7 aprile. Così ieri i tecnici hanno cercato di portare avanti il ruolo della Bei, Banca europea per gli investimenti, come veicolo di leva al fine di emettere obbligazioni per importi superiori ai 240 miliardi. Alla Bei serve però un plafond di garanzie iniziali di 25 miliardi e condivise da tutti gli Stati membri. Per due motivi. Il primo è evitare di spaccare l'euro, il secondo mantenere la tripla A nel rating senza la quale le emissioni arriverebbero nel breve a un tasso dell'1%. Troppo, per gli obiettivi da affidare alla Bei. Così nel pieno di queste difficili trattative si è inserito a gamba tesa il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni. Italiano di passaporto, tedesco di fede, l'ex premier si fa sponsor di una terza via. Che a parole vorrebbe essere una mediazione tra i due fronti, ma che nei fatti non lo è. Gentiloni chiede di prendere atto con realismo che un bond «per mutualizzare genericamente il debito non sarà mai accettato», per cui conviene «capovolgere la discussione passando da Mes e coronabond agli obiettivi e sul modo in cui finanziarli». E la suggerisce come via di uscita. In realtà, poi, dialogando in radio a Circo Massimo, tiene a specificare che i coronabond mutualizzati sarebbero accettati solo per finanziare le attività sanitarie e di sostegno immediato alla crisi ospedaliera. Ma «non basterebbe» per il rilancio del sistema Italia, ammette in ultima istanza. Tradotto: la terza via di Gentiloni sarebbe comunque una copia del Mes. Anche sotto altra forma. Non a caso da Berlino si ribadisce che si sta trattando sul ruolo del fondo salva Stati. Tuttavia il ministro Olaf Scholz fa sapere tramite agenzie di stampa che occorre un progetto separato per sostenere l'economia europea a coronavirus ingabbiato. Ma il riferimento è tutto agli interventi tedeschi. Il vice cancelliere annuncia taglio delle tasse ed elargizioni in busta paga per i dipendenti e sui conti correnti per le aziende. Esattamente ciò che deve fare l'Italia, ma che non potrà fare né con il Mes né secondo il modello proposto con il sorriso dal commissario all'Economia.Motivo per cui anche Gentiloni si è messo a tirare per la giacchetta la Bei. Forse con l'Intento di trasformare lo schema in una sorta di Mes iper condizionato. Il rischio però è quello di peggiorare la situazione, e arrivare alla scadenza dell'Eurogruppo con un pasticcio insostenibile. Forzare lo statuto della Bei significherebbe mettere in panchina l'unico strumento in grado di dare un sostegno laterale alle economia. Non sufficiente per sostenere la grave crisi, ma almeno non dannoso. L'effetto della terza via di Gentiloni è far perdere tempo, e alla fine riportare tutto sotto l'ala tedesca. Esattamente ciò che va evitato. Come ha detto proprio Mario Draghi nel suo intervento della scorsa settimana. In pratica serve una maxi emissione di debito per dare liquidità alle aziende tramite le banche, e non piccole linee di finanziamento vincolate a investimenti limitati nel tempo e nella potenza. Se ancora qualcuno avesse dubbi, basta prendere i suggerimenti del Fondo monetario e ovviamente (visto il lungo elenco di economie danneggiate dai suoi interventi) fare il contrario. Il Fmi dal canto suo ha puntato l'attenzione sul Mes: per il direttore del dipartimento Europa, Paul Thomsen, «gli ampi interventi della Bce e l'indicazione al Mes di fornire un sostegno allo sforzo fiscale degli Stati sono particolarmente importanti per assicurare che i Paesi con alto debito pubblico abbiano lo spazio fiscale di cui hanno bisogno». Tradotto: non devono uscire dai perimetri accordati da Bruxelles. Una scelta così anacronistica che giusto i saggi dell'economia tedesca (consulenti del governo) sembrano sposarla. Il team spiega come il Mes possa «stabilizzare le attese sui mercati finanziari», purché l'accesso ai prestiti «possa essere ridotto al minimo necessario per la successiva riduzione del debito». I saggi tedeschi non mentono: la dicono chiara. Con il Mes, poi, scatta la riduzione del debito e la patrimoniale. Almeno non è un inganno. Occhio a Gentiloni, invece.