2020-11-04
La super riforma del golden power si rivela una pistola che spara a salve
Il sottosegretario di Stato, Riccardo Fraccaro (Ansa)
Durante il lockdown, il governo ha varato norme rigide a tutela delle aziende tricolore contro lo shopping straniero. Ma su 250 segnalazioni sensibili, Palazzo Chigi non ha mai messo il veto. E ora si deve cambiare.Il Covid porta povertà e crisi di liquidità. Le aziende italiane storicamente poco capitalizzate sono le più esposte alle scorrerie di fondi stranieri. Motivo per cui ad aprile - in piena pandemia - il governo ha inserito nel decreto Liquidità un pesante rafforzamento delle norme sul golden power. Il potere di veto da parte del governo sulla possibilità o meno di acquistare aziende italiane in settori delicati era già stato modificato nel 2019, ma ad aprile è stato esteso anche a banche, assicurazioni e infrastrutture di varia natura. Senza dimenticare che in via provvisoria la stretta ha raggiunto pure investitori residenti in Europa e non solo, come in precedenza, quelli extracomunitari. Abbiamo da queste colonne elogiato l'intento. Basti pensare a come si comporta la Francia, che sul tema della protezione dei propri gioielli non è seconda a nessuno.Nel nostro caso, la necessità di tutelare quelle poche aziende che portano ricchezza, crescita tecnologica e futuro occupazionale si è resa ancora più stringente, visto il contesto di instabilità sociale ed economica. Così, ad aprile Giuseppe Conte ha tessuto una rete a maglie molto strette e l'ha lanciata, raccogliendo tutti i pesci dello stagno. Ci spieghiamo meglio. Fatte salve le tematiche relative al 5G, fino al 2018 le aziende tenute a comunicare a Palazzo Chigi le proprie iniziative o le offerte ricevute erano poche. In gran parte si trattava del settore della Difesa. Non a caso la media di notifiche inviate al comitato viaggiava sulle 50 all'anno. Come si evince dalla relazione presentata dal sottosegretario Riccardo Fraccaro, nel 2019 il numero ha subito uno scatto per via delle norme dedicate alle Tlc e al 5G. In ogni caso le pratiche non hanno superato le 90 unità. Da gennaio scorso a oggi invece le notifiche giunte agli esperti sono 250 e secondo stime della Verità potrebbero arrivare a fine anno a rasentare il numero di 300. Da qui l'idea da parte dell'esecutivo di rimettere mano alla norma.Entro la fine dell'anno il governo varerà due nuovi dpcm attuativi. Il passaggio dovrebbe aiutare proprio a sfoltire la mole di notifiche di operazioni in coda alla presidenza del Consiglio. Uno dei due decreti è già passato per il parere delle Camere e potrà essere adottato a breve. Si tratta del dpcm che regola i settori dell'energia, dell'acqua, della salute, dell'accesso e del controllo di dati e informazioni sensibili. E, ancora, i comparti finanziario, assicurativo e creditizio nonché le infrastrutture e le tecnologie dell'aerospazio non per fini militari e l'agroalimentare. In particolare, il testo darà una definizione più dettagliata di infrastrutture, tecnologia e fattori produttivi critici così da circoscrivere al meglio l'uso dei poteri speciali a tutela degli asset.Il governo sta inoltre valutando se il decreto del presidente della Repubblica numero 85 del 2014, con il quale sono state individuate le attività da proteggere nei settori dell'energia e delle comunicazioni, debba essere integrato ai sensi del regolamento europei sugli investimenti esteri, la cassetta degli attrezzi di cui Bruxelles si è dotata per evitare acquisizioni ostili o da parte di soggetti extraeuropei che godono di vantaggi competitivi perché sostenuti dallo Stato. Resta infine da definire la taglia dei pesci da pescare. Servirà infatti una precisa indicazione del fatturato sotto il quale in automatico il comitato del golden power non sarà tenuto a intervenire. Proprio per non ingolfare la macchina di Palazzo Chigi. D'altronde avere troppe informazioni crea un effetto distorsivo: non consente un'attenta analisi. O rende sfocati gli obiettivi. In questi ultimi mesi su 250 notifiche per attività sensibili, escludendo le pratiche relative al 5G, solo 25 si sono trasformate in dpcm. E stando a quanto risulta alla Verità, nessuno di questi conteneva veti o prescrizioni sostanzialmente limitanti. Il che porta a una domanda di fondo. Perché - con tutto quello che sta accadendo e dopo numerosi annunci e alert pubblici - dotarsi di una delle leggi più aspre e stringenti del panorama europeo per poi alla fine sparare a salve? Possibile che in tutti questi mesi il governo non abbia mai ravvisato gli estremi per far valere il proprio peso politico? A partire da gennaio l'obbligo di notifica da parte delle aziende Ue decadrà, si tornerà indietro di un passo ma al tempo stesso sarà necessario che qualcuno metta a fuoco il mirino. O il governo deciderà quali sono le aziende e gli asset intoccabili oppure dovrà smontare la legge che ha costruito negli ultimi mesi. Perché o non funziona l'arma o i giallorossi non sanno come usarla. Entrambe le ipotesi sono un problema per il Paese. D'altronde il numero uno della Consob, Paolo Savona, ha più volte sollecitato una sorta di lista o almeno indicazioni più precise. Proteggere tutto significa non proteggere nulla. Ci auguriamo che entro Natale si possa aggiustare il sistema di protezione nazionale, altrimenti avremo sprecato la solita occasione e ci toccherà dire che, come spesso accade, alle parole del governo non seguono i fatti.