2019-08-06
La speranza di un papà ha salvato due gemelline dall’errore dei medici
Le piccole sono siamesi e secondo l'ospedale senza separazione sarebbero morte entrambe. Ma il padre Ibrahima Ndiaye si è sempre rifiutato di scegliere quale delle due sacrificare. A quanto pare aveva ragione.Il cielo in una stanza, anche se si tratta di quella d'ospedale. L'importante, per vedere il cielo, è che nella stanza bianca con i mobili bianchi, le pareti bianche, le lenzuola bianche e gli infermieri con i camici bianchi, brillino i loro occhi. Quelli di Marieme e Ndeye, gemelle siamesi di tre anni. Papà Ibrahima le osserva, le accarezza con la speranza nel cuore. Per mesi i medici hanno aspettato da lui una risposta che non poteva arrivare. Al Great Ormond Street Hospital di Londra sono stati diretti e duri, ma leali: «Per salvarne una bisogna sacrificare l'altra. Ci dica quale». Lui dal primo giorno si è rifiutato di indicare quale delle sue figlie uccidere, quale di quegli sguardi spegnere per sempre. «Non posso decidere chi condannare a morte. Le amo tutte e due».C'è qualcosa di ancestrale e biblico nella risposta del signor Ibrahima Ndiaye, idealmente con il pugnale alzato e la mano che trema. C'è qualcosa che l'uomo della strada, oggi chiamato dai social network a dissertare su tutto e tutto giudicare, non potrà mai capire. C'è soprattutto qualcosa di istintivo, perché alla fine ha avuto ragione lui. Ieri i medici si sono arresi, hanno capito con l'ausilio della scienza ciò che un padre aveva colto inconsapevolmente. E hanno ammesso: «Prima pensavamo che Marieme dipendesse moltissimo da Ndeye, ma recenti osservazioni hanno mostrato che l'una dipende dall'altra per rimanere in vita. Prima eravamo in preda al problema se separarle o meno, ora questo dilemma non è più sul tavolo. È stata una grande svolta, ma è anche bello che sia così». Le bambine proveranno a vivere in simbiosi nella grande Casa famiglia di Cardiff in Galles, come ha spiegato la Bbc che per prima ha raccontato la storia in un toccante documentario. Quel padre era partito dal Senegal con le due figlie e la speranza di salvarle senza l'incubo del bivio. Le aveva fatte ricoverare nel gigantesco ospedale londinese dalla fama un po' cupa per essere stato il luogo della degenza di Charlie Gard, il bambino affetto da malattia genetica degenerativa che fu lasciato morire con sentenza giudiziaria nonostante l'opposizione dei genitori. Osservando Marieme e Ndeye i medici erano stupefatti; quelle bambine con il fegato, l'apparato digerente e l'intestino in comune avrebbero dovuto vivere qualche mese e invece sorridevano da tre anni. A gennaio gli specialisti avevano studiato il modo di separarle, ma erano arrivati alla conclusione che non sarebbe stato possibile farlo senza mettere in pericolo la vita di entrambe. E che, comunque, una di loro sarebbe morta. Così hanno chiesto al padre di scegliere ma lui non l'ha fatto. E con la sua scelta istintiva ha salvato loro la vita. «Le mie ragazze continuano a crescere e mi danno tanta gioia», spiega oggi. «Le bambine reagiscono bene, stanno godendo un periodo di stabilità e ci sorprendono con i loro progressi». È il meraviglioso mistero della vita. Dove felicità è poter osservare un figlio mentre dorme, quando ha appena preso sonno e con il respiro finalmente regolare ha varcato la soglia che porta dentro il sogno. Lì comincia il viaggio e lì - una mamma, un padre, ancora svegli - si confrontano con il brivido eterno dell'amore che non conosce calcoli e non è mediato dalla ragione. È pura essenza emotiva, «è la sorpresa dell'ovvio» (così la definiva Alessandro Maggiolini vescovo) che ti viene incontro e ti mostra la grazia divina.Come potevano pretendere i medici che il signor Ibrahima Ndiaye scegliesse - senza neppure chiedere consiglio ad Abramo - quale delle sue figlie dovesse morire? Al Great Ormond Street Hospital il delicato intervento di separazione lo sanno fare. Sono tra i più attrezzati al mondo per farlo. Con una maratona chirurgica di 50 ore in tre fasi (la prima nell'ottobre 2018, la seconda nel febbraio 2019) un'équipe ha separato due gemelle unite per la testa, con i vasi sanguigni condivisi. Safa e Marwa Ullah sono pakistane, hanno due anni e oggi vengono fotografate in passeggini gemelli spinti da una mamma felice. Per loro è stata utilizzata l'intelligenza artificiale; con la realtà virtuale è stata ricreata l'anatomia delle bimbe per poter intervenire con assoluta precisione su cervelli, vasi sanguigni e struttura ossea. Un capolavoro chirurgico pagato da un donatore anonimo.Per questo Ibrahima Ndiaye aveva portato lì anche le sue piccole unite dal destino. Un caso ogni due milioni e mezzo di nascite, era toccato a lui che ha immaginato due passeggini identici. E per questo, mentre i medici volevano provare a dividere i corpi, lui non poteva dividere l'amore se non in parti uguali. «Sarò qui con loro fino alla fine, non posso decidere di uccidere una delle mie due bambine. Le amo entrambe», ripeteva nei giorni del dolore, quando l'Inghilterra si divideva. E come dentro un reality si cominciava pensare di mettere la faccenda nelle mani dei giudici. Fermarsi sulla soglia della stanza bianca del grande ospedale è stato un segno di intelligenza e di umanità. «Oggi le bimbe si fanno compagnia. E quando una piange, l'altra la incoraggia a smettere», racconta il padre. Un uomo che ha vinto ascoltando il cuore.