2025-02-17
La sostituzione fa scorrere il nostro sangue
Oggi più che mai, l’accoglienza senza limiti mostra le sue nefaste conseguenze: basti vedere gli ultimi attentati a Villach e Monaco. Lo profetizzò oltre 50 anni fa pure lo scrittore Raspail, che aveva previsto l’orda di arrivi dall’Africa, ma fu tacciato di razzismo.Nulla accade che non sia già stato ampiamente previsto e annunciato. Il flusso dei barconi che non si arresta, l’Europa ancora funestata da attentati, talvolta commessi da coloro che sono stati amorevolmente accolti in qualità di rifugiati. (come accaduto a Villach sabato sera per mano di un siriano, ennesimo episodio di una lunga serie, tra cui l’attentato di giovedì scorso a Monaco di Baviera, dove un afgano ha falciato con la sua auto la folla, uccidendo una madre e la figlia di due anni). Qualcuno - più di uno, a dire il vero - aveva già scritto ogni cosa. Il più preciso fu senz’altro Jean Raspail, geniale e troppo poco noto scrittore francese nato a Chemillé-sur-Dême il 5 luglio 1925. Ed è forse qualcosa di più di una sinistra coincidenza il fatto che nel suo centenario si ripetano spargimenti di sangue. Nel 1973 Raspail diede alle stampe Il campo dei santi, un romanzo che ha il respiro della profezia, purtroppo nefasta. La trama, all’epoca, aveva un profumo fantascientifico, oggi decisamente meno. Storia semplice: una folla immensa di immigrati giunge sulle coste europee (quelle francesi, nello specifico) il lunedì di Pasqua del 1990. Di fronte a questi sbarchi di massa, l’Occidente è prono, si limita a crogiolarsi nel piagnisteo. Ed ecco le conseguenze: radicalizzazione di una parte dei musulmani, «forte pressione psicologica delle associazioni umanitarie, l’estremizzazione del vangelo sociale da parte di alcuni esponenti religiosi, falso irenismo delle coscienze, rifiuto di affrontare la verità e così via». A orchestrare le partenze, nel romanzo, è un personaggio chiamato «il Coprofago», il quale ben rappresenta i trafficanti di uomini che abbiamo imparato a conoscere in questi anni.Già nei primi Settanta Raspail descriveva perfettamente quel che accade oggi in Italia e in Europa: i barconi carichi di disperati che arrivano sulle coste del Sud, le persone che sbarcano a migliaia, quando non restano sul fondo del mare, morte. E ancora, l’esplosione delle tensioni sociali e religiose, la reazione ipocrita di politici e commentatori. «Il Campo dei Santi», spiegava lo scrittore, «è un romanzo che anticipa una situazione oggi plausibile e una minaccia la cui eventualità non sembra più inverosimile a nessuno: esso descrive l’invasione pacifica della Francia, e poi dell’Occidente, da parte del Terzo Mondo diventato moltitudine. A tutti i livelli, coscienza globale, governi, equilibrio delle civiltà, ma soprattutto, sul piano individuale, ci si pone, tardivamente, la domanda: che fare?».Già, che fare? Lo scrittore francese non ha fornito facili soluzioni. Si è limitato a narrare la sua visione, e a spiegare come sia scaturita. «Ero nel mio ufficio, di fronte al mare, in una bella villa che una delle mie zie mi ha prestato per lavorare, e guardavo il Mediterraneo. Mi venne in mente una frase: «E se fossero arrivati?». E con quella frase venne tutto Il Campo dei Santi. Senza problemi. È caduto come il getto d’acqua», ha raccontato Raspail. «Anch’io ho sempre pensato che fosse un libro ispirato, non so da chi, ma ispirato. Sapete perché si chiama Campo dei Santi? È una frase dell’Apocalisse: “Invaderanno tutti i Paesi della terra e distruggeranno il campo dei santi”, cioè noi».Il compito dello scrittore, dopo tutto, non è quello di stilare programmi politici, semmai quello di intravvedere il futuro. Raspail lo vide e lo indagò a fondo: «Per tornare all’azione del Campo dei Santi, se pure rappresenta un simbolo, essa non appartiene all’utopia, non vi appartiene più», ha scritto. «Se vi è profezia, noi ne stiamo vivendo il primo adempimento. Nel Campo dei Santi essa viene presentata, semplicemente, come una tragedia antica, rispettando l’unità di tempo, di luogo e di azione. Tutto si svolge in tre giorni sulle coste del Mezzogiorno della Francia e laggiù si compie il destino del mondo bianco. Nella realtà, anche se il processo è iniziato da tempo, e proprio secondo i meccanismi descritti nel romanzo [...], la conclusione non avverrà in tre giorni ma, quasi certamente, al termine di molte convulsioni, nei primi decenni del terzo millennio, ovvero nello spazio di due o tre generazioni. Consapevoli che le attuali generazioni della nostra vecchia Europa sono generazioni-coccige, a immagine e somiglianza di famiglie-coccige e di nazioni-coccige, il nostro animo è assalito dallo sgomento e dallo sconforto. Basta prendere in considerazione le spaventose previsioni demografiche per i prossimi trent’anni».Il maestro francese aveva ragione, ci aveva visto giusto. E fu ovviamente trattato (anzi maltrattato) come Cassandra. In una intervista rilasciata alla rivista francese Valeurs Actuelles nell’aprile 2015 (cioè nel pieno dell’invasione dall’Africa), il romanziere dichiarò: «Questa crisi migratoria pone fine a trent’anni di insulti e calunnie nei miei confronti. Sono stato chiamato fascista per questo romanzo considerato un libro razzista...». Ecco che cosa abbiamo fatto a chi indicava il pericolo: lo abbiamo deriso, insultato, trattato da intollerante e da poco di buono. Non abbiamo ascoltato, e la profezia si è avverata in ogni minimo particolare. Non spettava a Raspail indicare soluzioni: spettava però alla politica. Che ha accuratamente evitato di affrontare la questione, anzi il più delle volte l’ha completamente sepolta sotto ampi strati di ipocrisia. I risultati li vediamo ogni volta che qualcuno venuto da lontano prende in mano un coltello o un fucile.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)