2024-10-06
La sinistra ama i sacrifici solo se li chiede lei
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
L’assalto a Giancarlo Giorgetti dopo le parole sulla manovra mostra il solito doppiopesismo dei «migliori». Oggi tacciano l’esecutivo di incompetenza. Ieri esaltavano le restrizioni imposte con il Covid e sulla guerra ripetevano lo slogan: «Pace o condizionatori?».La nemmeno troppo breve esperienza di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio verrà senz’altro ricordata per alcuni fenomenali slogan coniati dal banchiere centrale, che si era già dimostrato uno specialista della materia quando, parlando della salvezza dell’euro, tolse dal cilindro il celeberrimo «Whatever it takes». Tra le varie frasi a affetto pronunciate da Draghi tocca senz’altro menzionare il famigerato «Non ti vaccini, ti ammali, muori», di cui hanno fatto dolorosamente le spese milioni di italiani. Ma l’uscita più spettacolare fu probabilmente quella relativa alla guerra in Ucraina. Ricordate? L’allora premier si presentò alla nazione e chiese: «Volete la pace o il condizionatore?». Si trattava di un quesito ingannevole, perché è la pace che garantisce il condizionatore. E molti italiani - se avessero potuto farsi ascoltare - avrebbero risposto giustamente: vogliamo l’uno e l’altro. Sta di fatto che il conflitto è ancora in corso, dunque la pace non l’abbiamo avuta, e il costo del condizionatore è aumentato. Comunque sia, il nodo della questione è che in almeno un paio d’occasioni (vaccino e guerra), Draghi invitò gli italiani a compiere quel che veniva presentato come un piccolo sacrificio a beneficio della patria. Un assaggio di male oggi per avere un bene più grande domani (bene che, si diceva, non si è mai manifestato). Non molto diversamente si espresso Sergio Mattarella, sempre riguardo all’Ucraina. Poco prima del 25 aprile del 2022, il presidente prese posizione sul conflitto e dichiarò in un sentito messaggio: «L’incendio appiccato alle regole della comunità internazionale è devastante; e destinato a propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermarlo subito, scongiurando il pericolo del moltiplicarsi, dalla stessa parte, di avventure belliche di cui sarebbe difficile contenere i confini. La solidarietà che va praticata nei confronti dell’Ucraina», concluse Mattarella, «deve essere ferma e coesa. È possibile che questo comporti alcuni sacrifici. Ma questi avrebbero portata di gran lunga inferiore rispetto a quelli che sarebbe inevitabile subire se quella deriva di aggressività bellica non venisse fermata subito». Di nuovo i sacrifici: uno sforzo oggi per godere di un maggiore benessere domani; un fastidio ora per non implodere poi. Ci pare di ricordare che quando Draghi e Mattarella richiesero segni di fedeltà alla patria e pretesero dai cittadini la sopportazione di una fatica in un nome di un bene superiore, la stampa italiana non è ebbe molto da ridire. Anzi: la grandissima parte dei commentatori lodò il senso delle istituzioni del premier e del presidente, e invitò gli italiani a obbedire. È per questo che adesso risulta quantomeno curioso l’atteggiamento esibito da vari giornali di fronte alle frasi di Giancarlo Giorgetti riportate da Bloomberg. «Approveremo una manovra che richiederà sacrifici da tutti», ha detto il ministro dell’Economia. «Esiste l’articolo 53 della Costituzione, dove tutti sono chiamati a contribuire per le loro possibilità alle necessità delle nazioni, e andare a tassare i profitti a chi li ha fatti è uno sforzo che tutto il sistema Paese deve fare. Ci rivolgiamo a tutti, prevalentemente taglieremo spese ma un concorso per quanto riguarda le entrate ci sarà». Strano a dirsi, ma queste parole hanno suscitato l’unanime sdegno dei media progressisti, alcuni dei quali ancora ieri inveivano contro la logica del sacrificio teorizzata dal ministro. La Stampa, per esempio, ha pubblicato parole di fuoco: «Ripudiare il sacrificio non è sbagliato: è, invece, vitale, sano, democratico, occidentale, liberale, speranzoso, razionale», si leggeva in un commento. Una reazione che, lo ammettiamo, ci ha fatto sorgere qualche dubbio. In realtà il sacrificio in sé stesso (a partire dalla Croce) è profondamente occidentale, speranzoso, sano e vitale anche se non è affatto razionale. Anzi, è vitale proprio perché sfugge alla matematica della ragione, rompe il circolo economico facendosi dono. Diviene, tuttavia, estremamente problematico quando è imposto, e per di più imposto solo a una parte della popolazione a tutela degli interessi di pochi. Non c’è bisogno, in ogni caso, di fare troppa filosofia. Il politico che pretende sacrifici dal popolo è una figura che poco ci entusiasma, anzi che ci suscita parecchia diffidenza a prescindere dallo schieramento politico. Le parole di Giorgetti - benché probabilmente meritassero d’essere meglio analizzate nel contesto in cui sono state pronunciate - non ci potevano dunque fare piacere. Proprio come ci lasciarono agghiacciati quelle - ben più concrete e temibili - di Draghi e Mattarella. Ecco allora la patente contraddizione, tipica del fronte progressista: quando l’offerta di lacrime e sangue viene richiesta dai suoi campioni, quel fronte corre a battere le mani e invoca la cessione dell’oro alla patria. Se la stessa richiesta giunge da altri, apriti cielo: in un lampo i liberal si indignano e strepitano. È una doppia morale a cui abbiamo fatto il callo, e che purtroppo continua a ripresentarsi con allarmante frequenza. Prendiamo, giusto per fare un esempio, i discorsi sulla libertà. Ne udiamo parecchi: di libertà si riempiono la bocca, tra gli altri, i manifestanti sinistrorsi che hanno contestato il decreto sicurezza. Di libertà ha parlato in questi giorni lo stesso Mattarella, celebrando il giornalismo senza bavaglio. Il presidente, un paio di giorni fa, ha spiegato che la stampa è «indispensabile alimento per il sistema democratico e di libertà del continente». E ha aggiunto che l’informazione «libera, indipendente e plurale è un diritto dei cittadini, un dovere per tutti esigerla. È l’antidoto per contrastare fenomeni manipolativi». Ieri è tornato sull’argomento applaudendo la Rai, la quale a suo parere «continua ad avere come missione quella di operare per la promozione della libera informazione e della cultura». Ovviamente, non possiamo che concordare. Ancora una volta, però, avvertiamo un leggero sentore di doppiopesismo. Ci sovviene, per dire, che Mattarella fu colui che invitò a non invocare la libertà per non vaccinarsi. Di conseguenza ci chiediamo: la libertà vale soltanto quando viene esercitata in conformità alle indicazioni di un certo potere? I media devono essere liberi soltanto se riportano le notizie gradite? La libertà è sacra solo se a limitarla sono i perfidi populisti? A quanto pare sì, in base alla stessa logica secondo cui i sacrifici vanno rifiutati sempre e comunque, tranne quando a richiederli sono «i buoni». Si ritorna così alla fatidica domanda draghiana: volete la pace o il condizionatore? A ben vedere, la risposta è irrilevante, perché cosa fare e cosa volere non siete voi a deciderlo. Lo stabiliscono, appunto, i sedicenti buoni. I quali sono così premurosi - pensate - da liberarvi persino dal fardello della scelta.
Jose Mourinho (Getty Images)