2022-04-12
La sfida Nato alla Cina è un suicidio La Grande Asia adesso cerca spazio
Minacciare Pechino in questo momento è una pessima idea. In Oriente cresce il numero di Paesi ribelli al potere Usa. Intanto, gli interessi (e i missili) del regime rosso sono arrivati in Serbia, alle porte dell’Ue.Che tutti siano pronti a muovere guerra alla Russia appare ormai assodato, anche se la gran parte degli italiani (stando ai sondaggi) è contraria e alla fine a combattere davvero saranno altri. La domanda a cui i nostri politici dovrebbero rispondere in questi giorni, tuttavia, è un’altra: davvero volete iniziare una guerra, fredda o bollente che sia, con la Cina? Perché è esattamente in quella direzione che stanno soffiando i venti atlantici. Sulle prime, pareva quasi che gli Stati Uniti stessero cercando una strana distensione con Pechino, facendo pressioni affinché mollasse Mosca. Poi le pressioni si sono fatte più pesanti, fino a sfiorare l’aperta provocazione.Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, giorni fa ha fatto esplicite accuse alla Cina, sostenendo che sarebbe pronta ad armare la Russia. Un paio di giorni fa, tramite intervista concessa al britannico Telegraph, ha rincarato la dose descrivendo il Dragone come «una minaccia». A che cosa serva, in questa fase, indisporre i cinesi non è chiarissimo: tutti i politici della Repubblica Popolare che finora si sono espressi sulla crisi ucraina, a partire ovviamente da Xi Jinping, hanno dichiarato di volere la pace, e non si tratta di parole di circostanza. Con morbidezza taoista, i cinesi preferiscono gli accordi commerciali al ruggito delle armi, per tradizione non hanno l’approccio coloniale tipico dell’Occidente, e non si capisce per quale motivo dovrebbero cambiare attitudine ora, tanto più che mantenere buoni scambi con l’Europa è piuttosto conveniente. Nel 2021, per dire, queste operazioni sono ulteriormente cresciute, per un giro d’affari di circa 800 miliardi di dollari.Il fatto che Pechino, come ha più volte comunicato, preferisca la collaborazione al conflitto non significa però che consideri l’Europa indispensabile e centrale. Alcuni analisti occidentali continuano a suggerire che Xi sarebbe molto irritato dall’iniziativa russa, motivo per cui potrebbe abbandonare Mosca al suo destino. In fondo, si dice, gli scambi con la Russia valgono circa un decimo di quelli con l’Ue. Ecco, continuare a ragionare da tale prospettiva eurocentrica e vagamente arrogante potrebbe rivelarsi molto, molto rischioso.La crescente insistenza con cui Nato, Usa e Ue stanno puntando il dito contro la Cina non ha lasciato indifferente il Dragone. Basta scorrere gli editoriali usciti nelle ultime settimane sui principali media cinesi a diffusione internazionale per rendersi conto che i toni si stanno inasprendo. Sulla crisi ucraina, il People’s Daily è stato piuttosto diretto, chiamando in causa proprio il segretario Nato Stoltenberg. «La Nato ora raccoglie ciò che semina», ha scritto il giornale. «L’intensificarsi del conflitto sta corrodendo la sicurezza e l’economia dell’Europa e allargando le divisioni in tutto il mondo. Alla fine, sono le persone comuni a sopportare il peso maggiore. Ciò che il blocco ha cercato a lungo è di mantenere l’egemonia e cercare la sicurezza assoluta senza riguardo per gli interessi degli altri. A tal fine, i politici egoisti all’interno dell’alleanza hanno rielaborato l’iperbole della “minaccia cinese” come un pratico strumento politico per produrre paura, emettere sanzioni e fomentare lo scontro ideologico per perseguire i propri programmi geopolitici».In effetti, non si può affermare che la Cina abbia responsabilità nell’esplosione del caos ucraino, e non è molto sensato continuare a stuzzicarla, per vari motivi. Tanto per cominciare, se c’è qualcuno che può esercitare una influenza robusta e mediare fra i belligeranti, quel qualcuno abita a Pechino. Inoltre, bisogna considerare che, oltre alla Repubblica Popolare, esiste un’intera area geografica – un continente e qualcosa di più – che non gradisce affatto gli atteggiamenti smargiassi di Washington e compari. Stiamo parlando della Grande Asia, una realtà in crescita esponenziale che comprende anche nazioni come l’India, il Pakistan, numerosi stati arabi, l’Iran… Metà del mondo se non di più, in sostanza.Ebbene, tutte queste nazioni (Stati-civiltà è un termine forse più corretto), che pure hanno le loro ragioni di tensione, stanno nelle ultime settimane rafforzando i propri legami. E più il magnete grande-asiatico si fa potente, più attira anche nazioni europee a noi vicine. Un esempio. Il consigliere di Stato cinese e ministro degli Esteri, Wang Yi, ha avuto venerdì una conversazione telefonica con il suo omologo Nikola Selakovic. In precedenza, Xi in persona aveva chiamato il presidente serbo Aleksandar Vucic, fresco di fragorosa rielezione. Nel fine settimana poi, ben sei aerei cargo cinesi Y-20 sono arrivati all’aeroporto di Belgrado con un bel carico di FK-3, ovvero «la versione da esportazione del sistema missilistico terra-aria cinese HQ-22». I missili erano stati ordinati nel 2109, e sono stati spediti ora: un segnale abbastanza chiaro. Inutile rimarcare che la Serbia è legata da robusta amicizia alla Russia. E che – come notava un report di Vladimir Shopov ben riassunto da Formiche – la Cina sta allargando la sua influenza nei Balcani occidentali, coltivando relazioni con Albania, Bosnia, Macedonia del Nord e altri vicini.Del resto, gran parte dell’Occidente si sta riarmando e a Pechino non sono sfuggiti gli annunci dei giorni scorsi sulla consegna di sottomarini nucleari all’Australia (la quale, assieme a Usa e Uk, ha già iniziato a lavorare sullo sviluppo di missili ipersonici). Perché il Dragone dovrebbe restare a guardare? Secondo il Wall Street Journal, i cinesi stanno ampliando il parco atomiche: «Pechino crede che gli Stati Uniti possano ricorrere alle armi atomiche in caso di un conflitto, e che l’invasione dell’Ucraina sottolinei il peso di un robusto arsenale nucleare», ha scritto il giornale.Queste sono le conseguenze reali del prolungarsi del conflitto in Ucraina. E il fatto che i vertici Nato o i politici americani insistano a punzecchiare Pechino di certo non contribuisce a svelenire il clima. Quale sia la strategia di Washington è abbastanza ovvio: fomentare lo scontro diretto in Russia per alimentare quello indiretto con la Cina. Ora riflettete un attimo e provate a rispondere a questa domanda: avanti di questo passo, secondo voi, come potrebbe finire?
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)