Al ministro andranno deleghe di peso su Economia e Pnrr. Preoccupa l’anti atomo Ribera all’Ambiente. Ci sono 60 centrali in costruzione e altre 110 programmate: di queste 70 in Cina, seguono Russia e India. L’Ue, che ha fame di energia, sta a guardare.
Al ministro andranno deleghe di peso su Economia e Pnrr. Preoccupa l’anti atomo Ribera all’Ambiente. Ci sono 60 centrali in costruzione e altre 110 programmate: di queste 70 in Cina, seguono Russia e India. L’Ue, che ha fame di energia, sta a guardare.Ormai manca poco. Raffaele Fitto commissario Ue è cosa certa. Da capire che deleghe e che portafoglio avrà. Come abbiamo scritto più volte non si tratta di dettagli ma di elementi essenziali. Gentiloni si è trovato a rivestire una carica spacchettata e senza poter incidere. In molti hanno, per carità, persino preferito fosse così. Ma adesso la situazione è molto diversa. I rumor usciti sulla stampa italiana e persino su quella tedesca parlano di accordi tra Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni. Non abbiamo evidenze né certezza. Ma è molto probabile, come ad esempio scriveva poco tempo fa il Foglio che la scelta di far votare Ecr contro Ursula senza comunicare prima l’intenzione di voto fosse concordata. Un modo per azzoppare gli eventuali franchi tiratori. Se così fosse la Meloni sarebbe riuscita a tenere il governo allineato in sede di Consiglio e il partito in area d’opposizione all’interno dell’Europarlamento. La Welt, dunque, avrebbe raccolto questi rumor per trarre la conclusione che a Fitto saranno affidate deleghe di peso. In ambito economico. Potrebbe anche essere una strada intrapresa dalla Von der Leyen per mettere Italia e Francia su un livello di costante discussione in tema di deficit e patto di Stabilità. Possibile, ma alla fine ciò che conta - ribadiamo - sono le deleghe. Per questo ciò che ci preoccupa non riguarda i temi economici ma quelli ambientali. Appurato che il modello di transizione ecologica, sostenuto e lanciato da Frans Timmermans, si sta sbriciolando. Le cause automobilistiche licenziano, gli industriali protestano. Il nuovo numero uno di Confindustria, Emanuele Orsini, ha alzato i toni e denunciato i pericoli della transizione nel settore automotive e non solo. L’incognita enorme si chiama però Teresa Ribera. È il ministro spagnolo proposto come commissario all’ambiente. Come già abbiamo raccontato su queste colonne, la Ribera è ribattezzata anche con l’appellativo di ministra in bicicletta e fortemente sponsorizzata dal premier Pedro Sánchez. A questo proposito è rimasto negli annali il suo arrivo sulle due ruote alla conferenza sul clima di Valladolid poco più di un anno fa, accompagnata però da due auto che le facevano da scorta, una Ford Mondeo e una Opel Insignia, entrambe spinte da un motore termico. Al di là dell’immagine i contenuti sono pure peggio. La Ribera Rodriguez è una fan incallita delle rinnovabili, ritiene che l’energia solare riuscirà a rivoluzionare il mondo e ovviamente non vede il nucleare. A inizio 2023, tanto per fare un esempio, si è battuta in sede Ue contro l’idrogeno rosa, quello ricavato dall’elettricità di origine nucleare, mentre a Bruxelles ha criticato più volte alcuni passi indietro dei Popolari e della Germania sui dossier chiave del Green deal. Con il ministro spagnolo a Bruxelles avrà il vero successore di Timmermans e un forte oppositore dell’atomo. Al contrario l’Europa dovrebbe concentrarsi su un futuro fatto di nucleare di nuova generazione. Se andiamo a leggere il report redatto dalla World nuclear association si capisce che in questo momento ci sono 60 nucleare in costruzione e altri 110 sono progettati sulla carta. La Cina da sola ne cuba circa 70. Segue la Russia, l’India, la Corea, il Giappone. Persino l’Ucraina ne ha in cantiere quattro. In Europa? La Gran Bretagna ne sta costruendo 2 e altri due sono in via di finanziamento. Poi tra Francia, Slovacchia, Ungheria, Polonia e Romania se ne possono contare soltanto nove. Di cui in costruzione una, quella francese. È una situazione assurda che andrebbe subito affrontata e ribaltata. L’Europa è in totale deficit energetico. Se non c’è controllo della filiera energetica non c’è futuro nemmeno per il manifatturiero. Un rapporto presentato da Snam e Rystad energy la scorsa settimana lancia l’allarme sulle forniture di metano: fra sei anni il mondo sarà in deficit per l’aumento dei consumi e gli scarsi investimenti. «I mercati globali del gas rimangono in uno stato di equilibrio fragile, con una crescita limitata dell’offerta mentre la domanda aumenta costantemente, con un incremento dell’1,5% nel 2023 e un’accelerazione prevista al 2,1% entro la fine del 2024. L’Asia continua a essere il motore principale della crescita», si legge, «mentre il Nord America e il Medio Oriente sono in testa alle esportazioni». Se la domanda continuerà a rafforzarsi, il deficit sarà ancora più marcato. Questo sottolinea l’urgente necessità di aumentare gli investimenti. Ma non è finita. Nel report si legge, inoltre, che la domanda di energia ha continuato ad aumentare nelle regioni sviluppate e in quelle in via di sviluppo, mentre il consumo del carbone è aumentato più che mai nel 2023, rimanendo la principale fonte di emissioni e battendo un altro record. «Se le attuali tendenze della domanda e dell’offerta di energia persistono, gli obiettivi al 2030 delineati negli scenari di decarbonizzazione resteranno molto probabilmente irrealizzati». Viene da dire bene. In realtà - e qui starà il bivio - l’unica fonte ecologica e a bassa prezzo è il nucleare di nuova generazione. Pensare di insistere solo sulle rinnovabili significa mettere in crisi mezzo mondo, favorire il carbone nell’altra metà e rendere l’Europa incapace di produrre. Ecco perché i fari dovranno essere costantemente puntati sulla Commissione Ambiente. Basta scherzi malvagi. Basta ideologia. Le nuove tecnologie sono quelle che veramente aiutano l’ambiente e consentono di portare ricchezza ai Paesi. L’ambientalismo al contrario porta solo povertà.
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