
Secondo la Corte costituzionale va garantita la libertà di farla finita. Per i giudici in pratica la vita equivale a una malattia.E così la Corte costituzionale, chiamata a decidere sul caso del leader radicale Marco Cappato, che aiutò il dj Fabo a recarsi in una clinica svizzera per porre fine ai suoi giorni, ha decretato che la Costituzione più bella del mondo impone che non si possa punire chi si vuole togliere dal mondo. Il perché lo conosceremo quando saranno diffuse le motivazioni della Consulta, che ha sospeso il giudizio di costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale, che sanziona l'aiuto al suicidio. Tuttavia una frase lascia prevedere dove si andrà a parare. Per la massima Corte infatti vi sono «determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti». Vuoi scommettere che la situazione a cui si riferiscono i giudici ha a che fare con la salute? Quando nel 1975 la Consulta sdoganò la soppressione di un essere umano con l'aborto, mica lo fece in maniera sfacciata come i sette giudici di maggioranza della Corte suprema Usa avevano fatto due anni prima, giustificandolo con il diritto di privacy. Macché, i nostri ricorsero al diritto alla salute. Certo, dissero, la vita del concepito è un bene protetto dalla Costituzione, ma lo è anche la salute della madre e quando questi due diritti confliggono è il diritto di chi legalmente è già persona a prevalere. Poco male che decine di studi scientifici abbiano dimostrato che l'aborto tuteli la salute della donna come un calcio nei testicoli tutela la salute dell'uomo, l'importante è avere garantito 40 anni di aborto gratuito e 6 milioni di bimbi mai nati. Nel 2009 la Consulta permise di congelare gli embrioni come i pisellini e in nove anni se ne sono accumulati oltre 100.000 (al 2016 erano 75.777). Anche in quel caso si trattava della salute. Nel 2014 arrivò l'abrogazione del divieto dell'eterologa. I motivi? Che ve lo dico a fare, ma la salute, ovviamente. Sì, perché dal 1948 la salute è per l'Organizzazione mondiale della sanità «uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale». Poco importa che una tale definizione, nelle parole dell'epidemiologo Petr Skrabanek, sia una condizione che si raggiunge soltanto durante il mutuo orgasmo. Rimane sempre che essa, insieme all'articolo 32 della Costituzione, che dichiara la salute un «fondamentale diritto dell'individuo», costituisce un combinato disposto capace di trasformare ogni desiderio insoddisfatto in un diritto costituzionalmente protetto. Il bambino è portatore di una malformazione? «Aborto eugenetico», ma chiamiamolo «terapeutico», che così è più digeribile. Sei disabile? Perché non fornirti l'operatore sessuale. Sei single? Sei nonna? Sei omosessuale e vuoi un figlio? Perbacco, non avere un figlio turba il completo benessere, dunque il figlio è un diritto, tanto la madre è solo un concetto antropologico. Se è vero che la Corte costituzionale ha in diverse sentenze riconosciuto un diritto costituzionale alla vita, la Costituzione di stampo personalista non indica un «dovere alla vita». E dunque quando vivere costituisce la fonte del turbamento dello stato di completo benessere, diventa logico che la vita venga identificata con la «malattia» da estirpare e farlo un diritto alla salute. Detto in altro modo, se con l'aborto la donna ha il «diritto» di sopprimere un altro essere vivente, come negare il diritto di sopprimere sé stessi? Se l'aborto è libero e a spese dello Stato, perché non dovrebbe esserlo anche il suicidio?La legge approvata alla fine della scorsa legislatura da Pd e M5s ha stabilito che un tetraplegico cieco che voglia farla finita possa morire rimuovendo il sondino per la nutrizione e idratazione, considerati trattamenti sanitari. E un disabile nelle stesse condizioni non dovrebbe potersi far fuori? E infatti i radicali, che non a caso si chiamano così, non si accontentano del suicidio assistito, vogliono anche l'eutanasia per fare cappotto. Dj Fabo infatti ha potuto azionare con la bocca il dispositivo svizzero che gli ha somministrato la pozione letale, ma vogliamo mica negare lo stesso servizio a chi da solo non è in grado di farlo? I giudici hanno detto al Parlamento di fare una legge che consenta di uccidersi. Se i parlamentari obbedissero, si ridurrebbero a meri esecutori del potere giudiziario. Nella mens dei giudici il Parlamento, così come fece con la legge 194, dovrebbe limitarsi a stabilire cose come chi può accedere al trattamento deanimatorio o se serve o meno il certificato medico. Un bel progetto, un grande futuro, non c'è che dire. E giunti alla fine, dopo milioni di bambini, malati gravi, cronici, vecchi giunti al termine del loro ciclo vitale, ammazzati o convinti a farlo da soli, dopo che avremo vomitato chilometrici peana di questa mattanza celebrandola come «legge di civiltà», gli italiani si scopriranno pochi, vecchi e residuali; e un momento prima di morire, guardandosi allo specchio, vedranno l'immagine di ciò che sono diventati: democratici, agonizzanti, radicali.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






