
L'ente gestito dalla presidenza del Consiglio propone una serie di corsi estivi rivolti a laureati, studenti e operatori delle Ong. Pagando 450 euro si impara a far entrare i profughi nel mercato del lavoro italiano.Una summer school sui migranti? Logico: l'estate è la stagione di massima attività degli scafisti e nella quale avviene il maggior numero di sbarchi. E il fatto che la summer school su «immigrazione e asilo» si svolga in una cooperativa con la partnership dell'Unar - ente dipendente dalla presidenza del Consiglio, oggi guidato da Luigi Manconi - è ugualmente logico. Dalla sua istituzione, nel 2003, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali persegue una sua linea politica che considera l'immigrazione sotto il profilo della «dimiscrinazione», partendo dal presupposto che ogni tentativo di limitarla sia espressione di razzismo. E infatti l'edizione del 2018 della «scuola estiva» (sostenuta anche dal Comune di Bologna e dalla Regione Emilia Romagna) si concentra su «integrazione di migranti e rifugiati nel mercato del lavoro del lavoro della Ue». Dichiarano gli organizzatori nel bando di selezione degli aspiranti al corso: «La formazione approfondirà l'analisi e il confronto delle attuali politiche di integrazione del lavoro per migranti e rifugiati in Europa, le certificazioni e il riconoscimento delle qualifiche, il lavoro autonomo dei migranti e la loro autonoma capacità di fare impresa, e altro ancora». Per chi fosse interessato, segnaliamo che il corso si terrà a Bologna (in via Boldrini 14, singolare coincidenza) dal 9 al 14 luglio. Partecipare costa 450 euro, comprensivi di «logistica, pasti, pause caffè e trasporto nei luoghi da visitare». Certo, considerando che i rifugiati autentici secondo statistiche ufficiali sono circa uno su venti, il corso di formazione tutto sommato ruota attorno a una questione: come trovare lavoro a coloro che superano la frontiera in condizioni di illegalità. In un Paese con piena occupazione - tipo la Germania - il corso avrebbe un senso più plausibile. In Italia, tuttavia, questi tentativi di «inserire nel mercato» stranieri entrati illegalmente, e quasi sempre senza diritto, attirano invece la facile obiezione che il sistema Paese versa in una profonda crisi occupazionale che colpisce soprattutto le fasce giovanili. Qualcun altro potrebbe obiettare che l'Italia è un Paese di migranti anche (e soprattutto) nel senso che ogni anno migliaia di giovani italiani sono costretti ad emigrare in cerca di lavoro in altri Stati. Dove però, supponiamo, non si organizzino corsi «per trovare lavoro agli italiani». A tutte queste obiezioni risponde l'Unar di Manconi e lo fa in maniera inappellabile, spiegandoci (con un vago retrogusto di minaccia) che tutte queste obiezioni sanno di razzismo.L'Unar ha avuto il suo momento di gloria in questi cinque anni dominati dai temi del politicamente corretto. Con la fine della legislatura e il concentrarsi dei partiti su problemi più seri, sembrava che questo carrozzone burocratico fosse destinato a cambiare impostazione, diventando finalmente un'istituzione seria. E invece rieccolo là, con la stessa veste ideologica, sotto la guida autorevole di Luigi Manconi, che ha il compito di far dimenticare le polemiche che travolsero il suo predecessore Francesco Spano, uomo dai meravigliosi cappottini arancioni. Spano finì nell'occhio del ciclone dopo che un servizio delle Iene mostrò come l'Unar finanziasse circoli privati molto particolari in cui si praticava il sesso di gruppo e avvenivano episodi di prostituzione maschile. Spano si dimise non senza aver rimarcato che l'Unar non incentivava il sesso di gruppo e la prostituzione maschile, ma finanziava corsi contro le discriminazioni che si svolgevano in quei circoli (dove però si praticava il sesso di gruppo e anche la prostituzione maschile…). Una precisazione ineccepibile.Ora, con Manconi, l'Unar si lascia alle spalle le polemiche sui festini nei circoli, ma non rinuncia a quello che è il suo storico obiettivo: intervenire a gamba tesa nel dibattito, facendo pendere l'accusa di «razzismo e discriminazione» su ogni gruppo politico che si opponga a una visione irenica e diciamo pure fantasy del fenomeno migratorio. Per perseguire questo programma di lavoro, il marito di Bianca Berlinguer è senza dubbio l'uomo giusto al posto giusto. Manconi è autore, infatti, di saggi che già nel titolo esprimono una visione equilibrata dei problemi che affliggono la maggioranza degli italiani. Tra i pregevoli testi vale la pena di ricordare: Accogliamoli tutti. Una ragionevole proposta per salvare l'Italia, gli italiani e gli immigrati e Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini. Un curriculum intellettuale perfetto per chi deve sorvegliare sul nostro «razzismo congenito».
Franco Zanellato
Lo stilista Franco Zanellato: «Il futuro? Evolvere senza snaturarsi e non inseguire il rumore, ma puntare su qualità e coerenza. Nel 2024 abbiamo rinnovato il marchio partendo dal Dna. Il digitale non è più soltanto un canale di vendita».
C’è un’eleganza silenziosa nel successo di Zanellato. In un panorama della moda che cambia rapidamente, tra nuove sensibilità e mercati in evoluzione, il brand fondato da Franco Zanellato continua a crescere con coerenza e autenticità, restando fedele ai valori del Made in Italy e a un’idea di lusso discreto e consapevole. Partito da Vicenza, ha saputo trasformare l’azienda di guanti di famiglia, in un luxury brand conosciuto in tutto il mondo. L’iconica Postina, simbolo di una femminilità raffinata e senza tempo, oggi dialoga con tre nuove borse che ampliano l’universo creativo della maison, interpretando con linguaggio contemporaneo il concetto di «Arte e mestieri» che da sempre ne definisce l’identità. Una visione che piace e convince. A trainare questa crescita, il mercato italiano e la piattaforma e-commerce, ma soprattutto una strategia che mette al centro la ricerca, l’equilibrio tra tradizione e innovazione, e un dialogo sempre più diretto con le donne che scelgono Zanellato per ciò che rappresenta: autenticità, bellezza, rispetto dei tempi e dei gesti, una filosofia che unisce artigianalità e design contemporaneo sempre vincente. Ne abbiamo parlato con Franco Zanellato per capire come si spiega questo successo e quale direzione prenderà l’azienda nei prossimi anni.
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Proviene dal «maiale degli alberi»: dalle foglie alla corteccia, non si butta niente. E i suoi frutti finiscono nelle opere d’arte.
Due sabati fa abbiamo lasciato la castagna in bocca a Plinio il Vecchio e al fior fiore dell’intellighenzia latina, Catone, Varrone, Virgilio, Ovidio, Apicio, Marziale, i quali hanno lodato e cantato il «pane dei poveri», titolo ampiamente meritato dal frutto che nel corso dei secoli ha sfamato intere popolazioni di contadini e montanari.
Albert Bourla (Ansa)
Il colosso guidato da Bourla vende una quota della sua partecipazione nella casa tedesca. Un’operazione da 508 milioni di dollari che mette la parola fine sull’alleanza che ha dettato legge sui vaccini anti Covid.
Pfizer Inc vende una quota della sua partecipazione nella casa farmaceutica tedesca Biontech Se. Il colosso statunitense offre circa 4,55 milioni di American depositary receipts (Adr) tramite un collocamento accelerato, con un prezzo compreso tra 108 e 111,70 dollari per azione. L’operazione porterebbe a Pfizer circa 508 milioni di dollari, segnala la piattaforma di dati finanziari MarketScreener.
Da sinistra, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Maurizio Landini (Ansa)
Secondo uno studio, solo nel 2024 hanno assicurato all’erario ben 51,2 miliardi di euro.
A sinistra c’è gente come Maurizio Landini, Elly Schlein o l’immancabile duo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni che si sgola per denunciare il presunto squilibrio della pressione fiscale che grava sui cittadini e chiede a gran voce che i ricchi paghino di più, perché hanno più soldi. In parole povere: vogliono la patrimoniale. E sono tornati a chiederla a gran voce, negli ultimi giorni, come se fosse l’estrema ancora di salvataggio per il Paese.






