
Giuseppi fa propaganda sui dispositivi, ma sbatte sulla realtà: famiglie, professori e alunni si dovranno arrangiare in autonomia. In Europa siamo quelli che hanno serrato le classi per primi e le stanno riaprendo per ultimi, eppure risultiamo i meno preparati.Per riaprire senza ritardi la scuola non mancano solo le aule, i banchi e i professori: non ci sono neppure le mascherine. Sì, le segnalazioni che stanno giungendo in redazione smentiscono le rassicurazioni del presidente del Consiglio, che proprio mercoledì, in conferenza stampa, aveva tranquillizzato gli italiani, garantendo la disponibilità dei dispositivi di protezione. «Le mascherine sono distribuite dal governo alle scuole, già i quantitativi sono partiti», aveva risposto baldanzoso Conte alle domande dei giornalisti. «Tutti gli istituti scolastici avranno a disposizione le mascherine per studenti e studentesse, non solo per i docenti e il personale scolastico. Ne distribuiremo 11 milioni al giorno gratuitamente, chiedete ai dirigenti scolastici». Detto, fatto. Dopo aver ricevuto la mail di un genitore che ci raccontava ciò che era stato comunicato alle famiglie degli alunni di una scuola di Parma, ovvero che le mascherine dovevano essere portate da casa, i nostri cronisti si sono attaccati al telefono per chiedere ai presidi, proprio come suggerito dal premier. Il risultato dell'inchiesta lo potete leggere nella pagina precedente, ma la sostanza è proprio quella che ci è stata segnalata. Le mascherine al momento non ci sono. Non sappiamo che fine abbiano fatto gli 11 milioni di dispositivi di protezione annunciati da Conte: forse hanno preso la stessa strada dei banchi. Sta di fatto che, al pari delle aule che non ci sono, dei professori che mancano e dei bidelli che scarseggiano, nei prossimi giorni le famiglie, se vorranno proteggere i propri figli, dovranno acquistare le mascherine. E probabilmente non ne basterà una al giorno. Infatti, come ha chiarito il presidente del Consiglio, sarà indispensabile indossare i dispositivi di protezione tutte le volte che si entrerà a scuola, ma anche quando si uscirà alla fine delle lezioni e in tutte le occasioni in cui ci si dovrà spostare all'interno dell'istituto, cioè per cambiare classe o per andare in bagno. Facile dunque immaginare che, per essere davvero efficaci, le mascherine dovranno essere cambiate nell'arco della giornata. Senza contare poi che ci sono scuole dove il distanziamento sociale non sarà possibile, vuoi perché le aule e il numero di studenti non lo consente, vuoi perché non ci sono banchi monoposto. Dunque, in questo caso che si fa? La risposta è inevitabile: gli studenti dovranno indossare durante l'intero orario scolastico le protezioni. Quanti saranno i ragazzi costretti a trascorrere cinque ore al giorno con la pezzuola in faccia? Conte e il ministro Lucia Azzolina, a chi glielo chiedeva, hanno risposto minimizzando, parlando di 50.000 studenti. Ma la sensazione è che possano essere molti di più, perché in numerose scuole la situazione è tutt'altro che rosea. Ieri il preside di un grande istituto del centro di Milano ha raccontato che sarà costretto a fare lezioni a giorni alterni, nel senso che gli studenti (ne ha 1.800) frequenteranno la scuola un giorno sì e un giorno no, a turno. La preside di una scuola superiore di Roma, intervistata dalla troupe di Cartabianca, ha invece mostrato il tendone che accoglierà alcune classi, confidando ovviamente nella bella stagione e nel ponentino: per la stagione delle piogge si vedrà. Sì, insomma: la sensazione che le mascherine rischino di diventare indispensabili è forte.Ma non c'è solo quello. In vista della riapertura, alcuni genitori stanno ricevendo le istruzioni cui devono attenersi gli alunni per presentarsi a scuola. In pratica, per essere ammessi in classe, I ragazzi dovranno portarsi da casa un apposito kit anti Covid, compreso di mascherina, mascherina di ricambio e gel disinfettante. Eh sì, non mancano solo le protezioni, ma pure il liquido lavamani. Nonostante le promesse, le scuole ne sono sprovviste e se ne hanno non è sufficiente per tutti, dunque gli studenti si devono arrangiare, e forse pure i professori.La realtà è perciò molto diversa da quella descritta in conferenza stampa dal governo. Altro che milioni di mascherine gratuite a disposizione. Alla fine toccherà alla famiglie far da sole. Misurare la febbre, certificare sul diario che il proprio figlio è di sana e robusta costituzione e poi provvedere alla dotazione anti virus. Non c'è che dire: per aver chiuso per primi in Europa la scuola e averla riaperta per ultimi siamo ben organizzati. Adesso si capisce perché i dirigenti scolastici invitano l'esecutivo a posticipare il suono della campanella: vogliono evitare che suoni quella dell'allarme.
Massimiliano Fedriga (Ansa)
Come in Emilia, pure il Friuli ha pensato alle rinnovabili anziché alla gestione dei fiumi.
Credo che uno degli errori in democrazia sia trasformare in tifoserie da stadio le diverse visioni che stanno a fondamento delle diverse gestioni della cosa pubblica. La propria squadra ha sempre ragione e l’altra sempre torto e, siccome non si è infallibili, i leader non sbagliano mai perché, ove sbagliano, o nessuno li critica oppure le critiche non fanno testo perché «vengono dall’altra parte»: e che volete che dica l’altra parte? Il risultato è che l’elettore - incapace di obiettare alla propria parte - smette di andare a votare. Se ne avvantaggia la sinistra, i cui elettori votano anche se la loro parte propone loro uno spaventapasseri. Tutto sto giro di parole ci serve perché ci tocca dire che il presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha sbagliato tutto sulla politica energetica in Regione.
(IStock)
Riparte l’allarme sulle difficoltà di migliorare la propria condizione. Eppure il dato rivela una tendenza positiva: il superamento dell’ossessione della carriera, dei soldi e della superiorità, specie tra le nuove generazioni.
Oltre 3.000 professionisti, club, aziende e istituzioni sportive hanno partecipato all’ottava edizione del Social Football Summit a Torino. Tra talk, workshop e premi internazionali, focus su tecnologia, intelligenza artificiale, infrastrutture e leadership femminile nello sport, con la Start Up Competition vinta da Wovlabs.
2025-11-19
Colpevolizzare tutti i maschi per la violenza sulle donne creerà solo giovani più fragili
Gino Cecchettin (Ansa)
Etichettare gli uomini bianchi come potenziali criminali non fermerà i femminicidi. La condanna generalizzata, ora perfino a scuola, provoca invece angoscia nei ragazzi.
Ci parlano di femminicidi. In realtà ci assordano. Il signor Gino Cecchettin, padre di una figlia brutalmente assassinata, chiede corsi di prevenzione scolastica. Abbiamo una cinquantina di cosiddetti femminicidi l’anno su una popolazione di 60 milioni di abitanti. Ogni anno le donne assassinate sono poco più di cento, a fronte di 400 omicidi di maschi di cui non importa un accidente a nessuno. Abbiamo circa tre morti sul lavoro al giorno, al 98% maschi: anche di questi importa poco a tutti, a cominciare dal sindacalista Maurizio Landini, troppo impegnato in politica estera fantastica per occuparsi di loro. I suicidi sono circa 4.000 l’anno, e di questi 800 circa sono donne e 3.200 uomini. Il numero dei suicidi dei maschi è approssimato per difetto, perché molti maschi non dichiarano nulla e simulano l’incidente.






