
L'élite dei «tecnici» sta prendendo il potere e fa pressione sugli Stati. Ma è formata da sapienti che si autonominano infallibili anche se commettono errori dagli effetti tragici. Il vizio d'origine è cercare di rinchiudere la realtà nella gabbia della matematica.Karl Popper, che è tale quella che accetta di essere messa in discussione e verificata, altrimenti non è più scienza, ma ciarlataneria. Oggi però, se la discuti, sei subito un somaro (come si esprimono scienziati molto televisivi, ignari della grandezza del simbolo della fatica raccontato in: Asino caro o della denigrazione della fatica (Bompiani) di Roberto Finzi. A chiedere rispetto, anzi intimidire chi critica, più che la scienza sono però quelli che parlano in suo nome, e si definiscono «scienziati». Un gruppo di pressione studiato con attenzione fin dagli anni Sessanta da alcuni studiosi di scienza politica, a cominciare dal francese Jean Meynaud, che nei suoi libri sulla tecnocrazia presentò con conoscenza di causa questa nuova élite del potere, rappresentata appunto dagli scienziati dei saperi tecnoscientifici. Non è sorprendente: nelle società militariste vogliono comandare i generali, in quelle teocratiche i vescovi, e in quelle scientifiche gli scienziati e i tecnici. E la nostra è una società industriale, fondata su un modello di produzione tecnoscientifico, dove tecnici e scienziati vogliono comandare. Ciò non significa però che vadano lasciati fare. Anzi, vanno assolutamente fermati come le letteratura e la saggistica, anche scientifica - a partire appunto da Meynaud - hanno abbondantemente dimostrato.I veri grandi scienziati ci avevano spiegato da sempre, con Leonardo da Vinci nei suoi Codici, che pochi sbagliano come gli scienziati, soprattutto i matematici. Il loro guaio è la loro segreta competizione con la natura. Si tratta di una debolezza comprensibile, perché è proprio la scienza stessa a dimostrare la miseria dell'umano rispetto all'incredibile perfezione della natura. Molti scienziati però nel loro delirio di grandezza non accettano che sia la natura, e non l'uomo all'origine di tutti i fenomeni, anche più profondi, sottili e meno visibili. Innamorati dalla sofisticata perfezione dei loro calcoli, non vedono i limiti delle loro valutazioni e sbagliano. Tanto da generare oggi un intero genere editoriale dedicato ai loro errori: tra gli ultimi Astrobufale (Rizzoli) di Luca Perri, già autore di Errori galattici (De Agostini) e Cantonate. Perché la scienza vive di errori (Bur) di Mario Livio. Dunque alla larga dalla scienza, e viva il Salvadego leonardesco, che si salva.Gli errori degli scienziati, però, non sono dovuti solo al fatto che per trovare la cosa giusta bisogna prima sbagliare, come benevolmente spiegano le fascette editoriali dei libri in questione. Leonardo faceva notare che nella scienza asservita all'astrazione matematica c'è proprio un errore fondamentale, epistemologico (come dicono i filosofi della scienza). Si tratta della preferenza non innocente, già segnalata dall'autore dei Codici, degli scienziati per le formule rispetto allo studio accurato dei fenomeni come si danno in natura. Come invece faceva lui, che genio lo era davvero, e anche molto testardo. L'asservimento della scienza diverrà poi la regola nel secolo successivo a Leonardo con Galileo Galilei, iniziatore della scienza moderna, da lui definitivamente imbrigliata nella matematica attraverso la «matematizzazione della natura», (come l'ha poi definita il filosofo Edmund Husserl). Privando così i fenomeni naturali del loro significato complessivo per la vita reale dell'uomo (oltre che della loro bellezza), come noteranno appunto buona parte dei filosofi della scienza. Compreso grandi matematici del Novecento, come Gaston Bachelard, che per consolarsi dell'astrattezza delle formule in cui ci ha rinchiusi questo pervertimento scientifico ci ha poi lasciato le sue splendide e profonde meditazioni sulle Immagini dell'aria, della terra, dell'acqua, del fuoco (Red edizioni). Il separare nella natura e nell'uomo i «fatti», riducibili a formule matematiche, da tutto il resto (gli aspetti psichici, i sentimenti, le forze spirituali), ha creato una scienza di fatti privi di senso sul piano umano, come ha messo poi in luce Edmund Husserl, il maggior filosofo della scienza del 1900, fondatore della fenomenologia. Nella sua opera Crisi delle Scienze europee, egli mostra il carattere autoritario e parziale della scienza dei «fatti» e la necessità che essa esca dal recinto matematico in cui si è chiusa negando a ogni altra disciplina diritto di parola. La preferenza dei tecnoscienziati per le formule matematiche e le loro osservazioni parziali, che interessano soprattutto i grandi produttori di beni e servizi, ha anche destinato gli «scienziati dei fatti» a preferire il mondo inorganico, dei materiali senza vita o artificiali, a quelli del mondo organico, vivente. Il perché l'ha spiegato bene, tra gli altri, l'antropologo Arnold Gehlen: la natura inorganica è più facile da trattare e trasformare di quella biologica, «infinitamente più irrazionale», anche se molto più ricca. E la «scienza dei fatti», quando c'è odore di ciò che non rientra nelle formule, e quindi secondo lei è irrazionale, gira al largo. Peccato che questa caratteristica ce l'abbiano la libertà, e la vita. I «fatti» della scienza ridotta a formule matematiche costringono così progressivamente l'uomo dentro una gabbia di comportamenti programmati dei quali non riesce a vedere il senso e non può assumersi la responsabilità. Qual è il senso di stroncare le infezioni con farmaci cui i batteri si abituano diventando nel giro di poco invincibili, come succede ora agli antibiotici distribuiti generosamente fino a ieri per i disturbi più banali, e oggi merenda preferita di batteri e virus? O assumere vaccini contro malattie quando i Paesi che danno la copertura più alta alle corrispondenti infezioni registrano anche il maggior numero di ammalati? L'uomo ipercurato è oggi un individuo debole, e insicuro.Il fatto è che la tecnocrazia ha sposato questa scienza matematicizzata e astratta proprio perché è quella che non ha rapporti con il mondo dell'uomo, vivente, libero e imprevedibile, in quanto impegnata a livello economico e produttivo a costruire il «mondo nuovo» degli incubi novecenteschi. Popolato non da esseri umani liberamente pensanti e accesi dalla passione dell'amore, ma individui programmati e a volte concepiti in laboratorio e quindi liberi da appartenenze familiari, nazionali, territoriali, religiose, artistiche, spirituali. Quando avevo poco più di vent'anni, e Jean Meynaud, allora professore di scienza politica alle università di Losanna, Ginevra e all'Ecole Pratique de hautes etudes a Science Po, a Parigi, mi coinvolse tra queste varie città nei suoi studi sulla tecnocrazia, vidi e studiai direttamente la tendenza sempre più evidente dei tecnici e scienziati di riunirsi in un'élite, per sostituire gradualmente i poteri politici nazionali. Già allora, erano i primi anni Sessanta, grazie alla forte presenza delle maggiori agenzie nell'Onu, si vedeva assai bene, soprattutto da Ginevra, che i tecnoscienziati tendevano a scavalcare le istituzioni politiche locali, premendo direttamente sulle decisioni delle organizzazioni sovranazionali, meno condizionate dai territori locali. Più di mezzo secolo è passato in un soffio: nel frattempo le élite, compresa quella degli «scienziati», hanno conquistato e organizzato le nostre vite. Ma, come avevano previsto veri scienziati tra i quali Oswald Spengler e Arnold Joseph Toynbee, il mondo è a disagio, e non ci sta. Leonardo ci aveva avvisati: la vita non si lascia chiudere in formule. Gli «scienziati» se ne facciano una ragione.
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
Lo speciale contiene due articoli.
Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
Lo speciale contiene due articoli.
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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