2020-09-26
La riforma del fisco è la priorità ma se fatta male è il colpo di grazia
Il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni (Ansa)
Stando alle indiscrezioni, gli interventi dei giallorossi saranno limitati e dannosi.Il nostro sistema fiscale, da vari punti di vista, è uno dei peggiori che ci sono in Europa. Lo supera la Francia per quanto riguarda la tassazione sulla casa che addirittura prevede un'imposta di successione del 45%. Superiamo praticamene tutti per quanto riguarda la tassazione sul lavoro. Ora, mettendoci le mani, bisogna stare attenti a non fare la fine di Muzio Scevola e cioè di mettere la mano sul fuoco. Anche perché, se non vogliamo fare la riforma Scevola, che era Gaio solo prima di bruciarsela, e, con tutta probabilità, dopo, divenne mesto, occorre fare molta attenzione a cosa si fa.Nella padella ci siamo già, bisognerebbe non passare sulla brace. Siccome sono uscite le prime indiscrezioni sulla proposta di riforma tributaria del governo, qualche dubbio ce lo abbiamo. Sentiamo già puzza di bruciato. Se le mani fossero di chi fa la riforma ci dispiacerebbe, ma «chi è causa del suo mal pianga sé stesso», e consiglieremmo un uso massiccio di Foille, prodotto efficace. Poiché la riforma riguarda i contribuenti italiani, non vorremmo che le mani bruciate fossero 38 milioni e 500.000.Ci permettiamo di indicare i tre punti dolenti del nostro sistema fiscale e tributario e, quindi, ciò che andrebbe raddrizzato. Le caratteristiche di un sistema giusto sono fondamentalmente tre: efficienza, equità, trasparenza e semplicità. Efficienza. Il sistema dovrebbe interferire il meno possibile con l'andamento del mercato per la semplice ragione che se il mercato funziona poco il gettito fiscale diminuisce. Vi ricordate l'aumento dell'Iva introdotto dal governo del professor Mario Monti che ebbe come risultato il calo del gettito fiscale della medesima tassa? Ora, qual è la tassa che causa i peggiori danni al mercato? Quella sul lavoro. Su 209 miliardi del famoso Recovery fund nei programmi del governo ne sono destinati 5 agli sgravi triennali contributivi (cuneo fiscale). Nulla. Perché così poco? Perché il governo ritiene, come ha sostenuto il commissario europeo Paolo Gentiloni, che sarebbe un messaggio sbagliato utilizzare le risorse del Recovery fund per tagliare le tasse? Si pensa forse di poter far ripartire il mercato senza un taglio poderoso delle tasse? Perché in questo caso più che Gaio Muzio Scevola, siamo nell'ambito miracolistico. Ciò di cui si preoccupava il cardinale Becciu, che tra l'altro è finito male. Equità. Cinque milioni di contribuenti (quelli con redditi superiori a 35.000 euro), che rappresentano solo il 12% degli italiani, pagano quasi il 60% di Irpef. Ora, a quanto ci è dato sapere, la riforma partirebbe occupandosi di coloro che rientrano nelle fasce di reddito sotto i 40.000 euro. La capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione) ci dice che ognuno deve contribuire in base alla sua capacità. Vi padre che il 60% pagato dal 12% degli italiani sia rispettoso del principio costituzionale della capacità contributiva? Evidentemente no. Non c'è dubbio alcuno che bisogna tagliare lì, perché lì è collocata la possibilità di ripresa del mercato, non altrove. Inoltre, c'è anche da dire che per calcolare la capacità contributiva, oltre alle tasse nazionali, andrebbero considerate tutte le altre tasse che un contribuente medio paga, dall'Iva che paga su tutto ciò che acquista, alle accise sulla benzina che sono il 50% del costo di un litro. Quindi ci vorrebbe un sistema di calcolo analitico non di presunzione: cioè, occorrerebbe calcolare il peso reale di ogni contribuente anche a fronte delle spese non voluttuarie che quel contribuente deve affrontare, ad esempio le cure mediche non rimborsate. Trasparenza e semplicità. In questo caso è perfino superfluo dilungarsi. Un solo suggerimento: fateli per questo gli Stati generali, dove le categorie interessate possano scrivere quello che scrissero i francesi radunati nel 1789 da Luigi XVI, per quegli Stati generali, i cosiddetti Cahiers de doléances, un elenco di critiche e lamentele della popolazione. Basta partire da lì per capire cosa semplificare e come rendere trasparente un sistema che, a oggi, è talmente opaco da rendere difficile il lavoro anche di un commercialista di serie A. Figuratevi per un contribuente.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)