
Le tappe del declino della Cassa di Teramo e il salvataggio contestato dall'Ue.La definizione di «groviglio armonioso» è stata coniata per il rapporto incestuoso tra finanza e politica che ha soffocato il Monte dei Paschi di Siena. Ma calza alla perfezione anche per Tercas. Un'altra banca del Centro Italia, un piccolo satellite del sistema del credito rispetto a Mps, i cui fili portano però dritto verso la stagione dei crac bancari condizionati dalle regole europee sul bail in e poi verso la Popolare di Bari. Diventando un dossier ingombrante anche per Bankitalia. Vediamo come, riavvolgendo il nastro di una storia iniziata nel gennaio del 1940, quando la Cassa di risparmio della provincia di Teramo, in breve Tercas, inizia la sua attività con una massa fiduciaria di quasi 14 milioni di vecchie lire, raccolti con 11 sportelli e 29 dipendenti. La politica espansionistica di Tercas tocca il suo culmine nel 2011 con l'acquisto della Cassa di risparmio di Pescara per 228 milioni di euro dal Banco Popolare, operazione che permette all'istituto di Teramo di diventare il primo gruppo bancario dell'Abruzzo. Ma il destino viene segnato il 4 maggio del 2012 quando il Mef, su proposta di Bankitalia, mette la banca in amministrazione straordinaria per «l'inadeguatezza degli assetti di governance e dei controlli interni nonché gravi irregolarità operative». Dopo un tentativo, fallito, di fusione con il Creval, a novembre del 2013 la Fondazione Cassa di risparmio della provincia di Teramo e la Banca Popolare di Bari sottoscrivono un accordo: la Bari acquisirà il controllo di Tercas con un aumento di capitale da 200 milioni. «Grazie all'intervento del fondo interbancario e alla disponibilità della Popolare di Bari, che garantiranno un corposo apporto di liquidità fuori dalla portata di qualunque soggetto finanziario abruzzese, i risparmiatori sono tutelati e il gruppo bancario avrà una prospettiva», commentò in quei giorni sulla stampa locale l'allora sottosegretario Giovanni Legnini, che qualche anno dopo, con la casacca di vicepresidente del Csm, affiderà i conti di Palazzo dei Marescialli in gestione alla popolare pugliese.Il contributo ritenuto necessario per l'acquisizione di Tercas da parte della Bari, inizialmente stimato in 280 milioni, sale però a 330 milioni, che vengono stanziati dal Fondo interbancario di tutela depositi (Fitd) nel luglio del 2014, con l'ok di Bankitalia. L'operazione, ha spiegato in seguito via Nazionale, si inseriva nello «sviluppo lungo la dorsale adriatica del Paese all'epoca indicato nel piano industriale» della Pop Bari, che prevedeva anche un programma di rafforzamento patrimoniale sollecitato dalla Vigilanza. Nella primavera del 2015, però, questo intervento viene contestato dalla Commissione Ue come possibile aiuto di Stato. Per superare l'ostacolo, viene messo in pista lo schema volontario del Fondo cui contribuiscono le banche «sane» del sistema. Un'operazione che ritarda i tempi di integrazione tra la Bari e Tercas, «con significative conseguenze negative sulla attività di entrambi gli istituti», aggiunge Bankitalia in una sua recente ricostruzione della vicenda, come a sottolineare che Bruxelles ci ha messo del suo nel far precipitare la situazione. Solo nel marzo 2019 il tribunale dell'Unione annulla la decisione dell'Antitrust europeo che però a fine maggio 2019 presenta appello alla sentenza (in attesa di verdetto). Nel frattempo, la Pop Bari è finita sull'orlo del crac, con perdite intorno ai 2 miliardi. Ed è stata commissariata. Marco Jacobini, ex presidente, e il figlio Gianluca, ex condirettore, sono finiti ai domiciliari per falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla Vigilanza. Il 27 maggio scorso è stato però fatto il passo decisivo verso il salvataggio: i 151 istituti consorziati nel Fitd hanno deliberato lo stanziamento di 1,17 miliardi che, affiancati ai 430 milioni di Mcc, cui passerà il controllo della Popolare, copriranno i 1,6 miliardi di capitale necessari. Ora la parola spetta ai soci. La complessa operazione, che ha richiesto lunghe trattative fra il Fitd, Mcc e i commissari straordinari della Bari, prevede la trasformazione in spa e l'aumento di capitale. Passaggi che dovranno essere approvati dall'assemblea del 30 giugno ma che avranno bisogno anche del via libera dell'Ue.
Elly Schlein (Ansa)
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Ansa
Il triste primato nello stabilimento dove doveva sorgere la gigafactory per le elettriche.






