2020-11-07
La rabbia dei tassisti sul lastrico: «Non abbiamo soldi per la benzina»
Sciopero in tutta Italia: «Pochi aiuti e tante imposte, rischia di sparire un'intera categoria». Gli introiti sono crollati del 30% in un anno. E dal governo non è nemmeno arrivata una stretta contro l'abusivismoCommercianti e partite Iva sfilano davanti alla casa del sindaco, che voleva il lockdown già a ottobre. La sinistra insorge e parla di squadrismo per delegittimare la protestaLo speciale contiene due articoliTra le categorie più in difficoltà per il Covid-19 c'è sicuramente quella dei tassisti. Da tempo in crisi, ieri gli autisti della auto bianche hanno scelto di manifestare a livello nazionale contro l'ultimo dpcm del governo. Dalle 6 di ieri mattina fino alle 22 l'adesione alla «rivolta» è stata pressoché totale. Tutte le principali unioni dei lavoratori del settore sono scese in piazza a Roma per protestare davanti ai ministeri delle Finanze e dei Trasporti: erano presenti Claai, Usb Taxi, Tam, Orsa taxi, Unimpresa, Federtaxi Cisal, Uritaxi, Ati taxi, Ugl taxi, Unione tassisti italiana, Satam, Associazione tutela legale taxi. Oltre a Roma , ci sono state manifestazioni in tutte le principali città italiane.Come spiega una nota congiunta firmata dalle sigle sindacali aderenti allo sciopero, ieri mattina, a seguito del presidio davanti ai due ministeri guidati da Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, «una nostra delegazione è stata ricevuta dal sottosegretario Alessio Villarosa che ha assicurato la velocizzazione dell'attivazione dei fondi previsti dal decreto Agosto», relativo ai ristori previsti per l'attività collocate nei centri storici delle principali città italiane, nonché il pagamento entro il 15 novembre del contributo erogato anche in nostro favore nel recente decreto Ristori».Il sottosegretario Villarosa ha poi confermato l'apertura di un prossimo tavolo intergovernativo, al fine di valorizzare e rendere strutturale il «bonus taxi», con nuove risorse che dovrebbero essere trovare con la manovra di bilancio e l'utilizzazione dei fondi europei. Lo stesso problema è stato poi anche evidenziato nel pomeriggio di ieri ad alcuni funzionari del ministero dei Trasporti ai quali si è anche chiesto di completare l'iter normativo di riforma del settore, previsto dalla legge 12/2019, con l'approvazione dei previsti decreti necessari a contrastare l'abusivismo. «Su queste ultime e specifiche tematiche», conclude la nota, «nella giornata di giovedì saremo ricevuti dal sottosegretario che segue le tematiche taxi e Ncc, per proseguire in modo serrato il confronto e riuscire a trovare possibili soluzioni per gli operatori egli utenti del settore».Nonostante tutto, ieri il servizio per anziani, portatori di handicap e persone con problemi di salute è stato comunque garantito, ma in una nota inviata a governo, Comuni e Regioni, i tassisti spiegano che il settore soffre di «aiuti economici insufficienti o inadeguati e l'assoluta inconsistenza di ogni attività di contrasto all'abusivismo, che trova nella mancata stesura di adeguati decreti attuativi e del dpcm sulle piattaforme tecnologiche un ulteriore elemento critico».Del resto, ieri, nei pressi della stazione romana di Termini campeggiava uno striscione molto eloquente: «Oggi sciopero taxi. Ci scusiamo con l'utenza ma non abbiamo più nemmeno i soldi per il carburante».A Milano, secondo Emilio Boccalini, presidente del maggior radiotaxi della città, Taxi blu, l'adesione dei tassisti alla manifestazione contro l'ultimo dpcm del premier Giuseppe Conte è stata del 100%.«Il dpcm non ci consente manifestazioni e quindi gran parte dei colleghi è a casa e non, come di consueto, nei parcheggi», ha detto ieri, «Circolano solo i taxi, con uno speciale cartello, che svolgono servizi di carattere sociale e che trasportano persone malate o invalide senza farle pagare. Siamo fermi oggi», ribadisce Boccalini, «ma in realtà siamo fermi da mesi, siamo ai minimi storici con le corse. Qui non rischiamo di perdere solo il lavoro, ma di veder scomparire un'intera categoria», conclude. «Siamo costretti a fermarci perché non abbiamo neanche più i soldi per il carburante», aggiunge Alessandro Genovese, responsabile Ugl taxi. «Abbiamo trasportato per mesi medici e pazienti, abbiamo adeguato le nostre auto con paratie per il Covid, ci siamo comprati mascherine, guanti e gel a spese nostre dandoli spesso anche agli utenti sprovvisti, ma a oggi gli aiuti che ci sono arrivati sono davvero minimi. E in più lo Stato continua a chiederci le tasse. Così non si può andare avanti».La categoria dei tassisti, d'altronde, è fiaccata da tempo da diversi problemi. Oltre alla concorrenza di piattaforme online come Uber e dei nuovi sistemi di mobilità come il car sharing, nel 2020 ci si è messo il Covid a dare l'ennesima batosta alla categoria. Con l'azzeramento degli eventi fieristici e dei voli, il numero di clienti, complice anche la paura di salire in macchina e rischiare un contagio, è crollato. Le stime in arrivo dalla categoria mostrano un crollo del fatturato del 90% durante i mesi del primo lockdown, mentre ora la media si aggira intorno al 30% rispetto a quanto si guadagnava un anno fa. Se non altro dal governo arrivano segnali di apertura: oltre alla conferma del ristoro per i mancati guadagni durante i mesi di lockdown, due giorni fa il ministero dei Trasporti ha annunciato che saranno distribuiti 35 milioni di euro di voucher destinati a persone con difficoltà motorie che desiderino muoversi in taxi o Ncc. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-rabbia-dei-tassisti-sul-lastrico-non-abbiamo-soldi-per-la-benzina-2648652655.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="chiusura-folle-bergamo-si-ribella" data-post-id="2648652655" data-published-at="1604692506" data-use-pagination="False"> Chiusura folle: Bergamo si ribella «Buttare benzina sul fuoco è pericoloso». È un Giorgio Gori preoccupato ma pacato quello che decide di replicare con parole istituzionali al corteo di giovedì sera davanti al municipio di Bergamo e poi sotto casa sua, dove 400 persone si sono riunite per protestare contro la zona rossa in Lombardia e quindi anche nella città di cui è sindaco. La decisione del governo è parsa incomprensibile nella Bergamasca dove i dati epidemiologici - ieri solo 252 positivi, 0 in 55 Comuni - sono i più bassi della regione (eccetto il ridotto della Valtellina). La protesta si è scatenata lì e il fulcro è sempre il lavoro, con una spolverata di diritti costituzionali sospesi che per il Pd diventano accessori quando non sono funzionali ai suoi disegni. L'identità dei manifestanti l'ha rivelata Gori medesimo dopo aver letto La Repubblica: «Ristoratori, commercianti, partite Iva, insieme a gruppi organizzati di estrema destra, negazionisti e alcuni esponenti della Lega». E giustamente ha aggiunto: «Riconosco il diritto di chiunque a manifestare e anzi capisco la preoccupazione, in alcuni casi la disperazione, di chi vive della propria attività e teme che la nuova chiusura possa darle il colpo di grazia». Poi ha sottolineato: «Chi si è mescolato a quel corteo con il solo scopo di strumentalizzarlo sa bene quali siano le competenze dei diversi livelli istituzionali. In un momento come questo buttare benzina sul fuoco è grave e pericoloso». La manifestazione bergamasca rivela che la benzina può essere carburante tossico o vin santo, dipende da chi la versa. Il sindaco di Bergamo dimentica che il giorno prima, pur di difendere l'ultimo sgangherato dpcm di Giuseppe Conte, si era avventurato ad attaccare il governatore Attilio Fontana perché «non aveva chiuso la Lombardia due settimane prima», facendo sua un'uscita estemporanea dell'ennesimo virologo dall'intervista facile. Ai suoi concittadini, che già ritenevano ingiusta la zona rossa al 6 novembre, non deve avere fatto piacere sapere che il sindaco l'avrebbe preferita il 15 ottobre. C'è benzina e benzina. Lo conferma l'ampia solidarietà a sinistra per l'antipatica deviazione sotto casa Gori; messaggi allarmati dal ministro Roberto Gualtieri a Carlo Calenda che hanno scambiato qualche pota per squadrismo, violenza e intimidazione secondo la consueta isteria a senso unico della casa. Si tratta degli stessi campioni della fairness che non hanno avuto niente da dire in giugno quando simboli di democrazia come i Carc (Comitati appoggio resistenza comunista) e i centri sociali sfilavano davanti alla Regione accanto a consiglieri del Pd e del M5s con lo striscione «Fontana assassino». Tutti uniti nello squallido tentativo di dare una spallata politica criminalizzando la pandemia. Per il raffinato e miope mondo liberal quella non era benzina ma spritz. Il significato della protesta è più serio di come viene rappresentato dal raccontino strumentale. È il senso profondo di una crisi economica e di valori sintetizzabili con la dignità del lavoro, concetto supremo a Bergamo e ormai residuale nella sinistra politica e sindacale. È la vecchia questione settentrionale mai risolta. Il giorno prima del corteo sono usciti i dati dell' Ascom, l'associazione commercianti: con il secondo lockdown chiuderanno fra 8.000 e 15.000 imprese del terziario, ci sono 49.000 posti di lavoro a rischio. I bergamaschi lottano per conservarli contro il dirigismo ottuso della sinistra sanitaria. E gridano contro Gori perché il governo dei fannulloni e delle mance è anche il suo.
Il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo (Imagoeconomica)
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