2018-12-09
La piazza di Roma battezza una Lega nazional popolare che vuol prendersi l’Italia
Papa Karol Wojtyla, piccola impresa, cibo italiano, famiglia. I nuovi riferimenti di Matteo Salvini ricordano quelli Dc, capaci di «pescare» da Nord a Sud. Obiettivo: includere.Qualcuno diceva che l'Italia morirà democristiana. Matteo Salvini ha trovato il modo di rinascerci, democristiano. Senza arroccamenti nei Palazzi (dai politici che si barricano, anzi, ha invitato a diffidare). Senza trucchetti da politicanti consumati («fosse per me», ha detto, «in Parlamento non dovrebbe esistere il voto segreto»). Con il volto rassicurante e popolare, della Dc ai tempi d'oro, anche se molto più scomposto della vecchia Balena bianca. Non sarà un caso se ieri, nella soleggiata Piazza del Popolo a Roma, davanti alle 80.000 persone censite dagli organizzatori (200 autobus, tre treni), il leader della Lega ha citato Alcide De Gasperi e la sua frase sugli statisti che guardano alle prossime generazioni, non alle prossime elezioni. Gesti, parole, movenze, tutto confluiva nell'attribuire alla manifestazione del Carroccio il sapore di una consacrazione romana in tutti i sensi: il culmine della «nazionalizzazione» di un ex partito secessionista e l'inizio di una nuova era per la destra, di cui Salvini appare avviato a essere il capo indiscusso. Anche perché di riferimenti sacri ce ne sono stati parecchi. Il primo quando il vicepremier, giustificando la scelta di non cancellare il comizio a causa dei luttuosi eventi di Ancona, ha spiegato: «Oggi a Roma ci saranno 50.000, 100.000 persone che in maniera composta vogliono ragionare sul futuro del Paese, con la preghiera per chi crede, con totale rispetto e vicinanza alle vittime della tragedia nelle Marche». La difesa del presepe da chi, persino nel clero cattolico, lo sopprimerebbe. Il riferimento al «santo Natale». La citazione a sorpresa di quello che Salvini ci tiene a chiamare «San Giovanni Paolo II» e non Karol Wojtyla, che parlava di Europa fondata su «fraternità e solidarietà», di «unione di popoli distinti etnicamente», di «civilizzazioni nazionali». Il rimando alla festa dell'Immacolata Concezione e al tradizionale omaggio alla statua della Madonna da parte di papa Francesco, nella vicina Piazza di Spagna. L'appello alla natalità. La difesa del «cibo migliore del mondo». E poi quel passaggio che sembrava quasi un riferimento al vecchio adagio berlusconiano sull'amore che trionfa sull'odio: «La vita è troppo breve per perdere tempo in odio e polemiche». Con tanto di richiamo a uno dei grandi teorici della non violenza: «Martin Luther King diceva che per farsi dei nemici non è necessario dichiarare guerra; basta dire quello che si pensa». Un po' a stuzzicare la folla contro quelli che Donald Trump avrebbe chiamato «fake news media», giornali e tv che non fanno che rafforzarlo mostrificandolo. Un po', surrettiziamente, a rimarcare le differenze con l'altra piazza del giorno, quella, benedetta da Beppe Grillo, dei No Tav a Torino. Che hanno un passato di scontri con la polizia e non rappresentano la maggioranza silenziosa e «composta». Invece, «le forze dell'ordine, con la Lega in piazza, sono disarmate e sorridenti». Volendo restare in tema, quasi quasi a Roma è andato in scena il gioco «poliziotto buono-poliziotto cattivo». I «cattivi» erano certi ministri, come il cattotrad Lorenzo Fontana o il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti, entrambi a presidio delle tradizioni cristiane: presepe e crocifisso nelle aule. I «buoni» erano il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che ha sottolineato il senso di responsabilità del governo in Europa e lo stesso Salvini, che ha ricordato la battaglia «per non mettere nessuna nuova tassa, a partire dalla piccola impresa». Un trionfo di buon senso - di senso comune? Come la tirata sull'«educazione civica nelle scuole», che «magari insegnerà ai nostri figli ad alzarsi in autobus se c'è un anziano, un disabile o una donna incinta». Come la chiamata a raccolta di quelli che ha definito «i piccoli», ovvero «imprenditori, artigiani, professionisti, partite Iva». Come l'immedesimazione del leader con i cittadini che si sentono insicuri a viaggiare sui mezzi pubblici. E nel trionfo del lato irenista di Salvini non è mancato neppure l'appello all'unità rivolto alle opposizioni.Insomma, il ministro dell'Interno ha svestito i panni del capopopolo aggressivo. Si è rivolto alla pancia del Paese, ma non alla sua bile. Anche quando ha chiesto «un mandato per trattare con l'Ue a nome di 60 milioni di italiani che vogliono lasciare ai loro figli e nipoti un'Italia migliore» e ha rassicurato: «Non faccio cadere il governo per un sondaggio, siamo qui per durare 5 anni». Ha condotto una manifestazione che, per toni e contenuti, potesse parlare all'elettorato più ampio possibile, specialmente a quell'area moderata che un tempo vedeva in Silvio Berlusconi, l'imprenditore di successo, vicino alla gente e nemico dei pericolosi estremismi rossi, il suo paladino. E che ora, a meno che non s'appiattisca sulla linea tecno-eurocratica sposata dal Pd e dalla stessa Forza Italia, è orfana di rappresentanti. È così che, stando ai sondaggi che pure ha detto di non voler ascoltare, giurando fedeltà al contratto con i 5 stelle (della serie, Luigi Di Maio stai sereno?), Salvini ha fatto della Lega il partito da oltre il 30% che è oggi, se le rilevazioni non errano. «Interclassista», si direbbe con don Luigi Sturzo: amico di operai e produttori. Capace di prendersi il centrodestra, spolpando Forza Italia, lasciandone gli avanzi a un'ipotetica e fragile intesa con i dem, insidiando Giorgia Meloni, che pure fa di tutto per distinguersi dalla Lega, per darsi un'identità che confermi il suo ruolo di irrinunciabile spalla. Piazza del Popolo ieri ha battezzato (è il caso di usarlo, un termine religioso) una forza ormai nazional popolare, che si è voluta contare, ha voluto far sentire la sua presenza, il suo radicamento, il suo potenziale. Di De Gasperi, poi, ce n'è uno solo. Ma questa è un'altra storia.