2021-05-12
La Ong che attacca il sistema Italia finanziata da Soros
George Soros (getty images)
Recommon, che denunciò Eni per Opl 245 e ha nel mirino Snam, Intesa e Generali, ha preso 166.000 euro da Open societySono stati i protagonisti del flop dell’inchiesta Opl 245, quella sulla presunta tangente da 1,1 miliardi di dollari che sarebbe transitata intorno al giacimento petrolifero nigeriano. Furono infatti le Ong Recommon e Global whitness a presentare l’esposto del 2013 che ha dato il via al processo dove Eni e Shell sono state accusate di corruzione internazionale insieme con i rispettivi vertici. In quel processo sono stati tutti assolti. Ora c’è la possibilità che la pubblica accusa non presenti neppure ricorso in appello, anche se si attendono ancora le motivazioni, previste per giugno. Solo questo processo è costato a Eni quasi 62 milioni di euro in spese legali, senza contare quello che è stato speso anche dagli altri imputati come dalla stessa macchina della giustizia italiana. Sul suo sito Recommon si definisce «un’associazione che lotta contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori per creare spazi di trasformazione nella società, in Italia, in Europa e nel mondo. Crediamo che le persone vengano prima del profitto, ma siamo testimoni di devastazione sociale, di continue violazioni di diritti umani e di disastri ambientali che sono frutto di una logica esattamente inversa». Nel bilancio di esercizio 2019 indicano le battaglie principali, in particolare contro le fonti fossili e la corruzione. Negli ultimi anni nel mirino sono finite soprattutto aziende strategiche italiane, tra cui Enel, Unicredit, Generali, Snam e soprattutto Eni. Lo scorso aprile, in occasione dell’assemblea del Leone di Trieste, Recommon ha manifestato per chiedere coerenza. Secondo l’Ong, Generali avrebbe dovuto fare di più per evitare l’inquinamento, le minacce contro l’umanità e pure le pandemie. Inutile dire che si sono scagliati contro la transizione energetica promossa da Snam. In questo caso, l’idrogeno sarebbe «poco» e non sufficientemente favorevole all’ambiente. Stesso discorso per Intesa, la quale è accusata dagli attivisti di continuare ad avere in portafoglio troppi titoli che operano con le fonti fossili. Insomma, è chiaro che si tratta di immagine. E criticare o mettere nel mirino quella delle principali aziende che assieme formano il sistema Italia. Perché? Sicuramente si tratta di meri ideali. Che possono essere sostenuti dai finanziamenti di una figura che con il nostro Paese ha molta dimestichezza. Al 31 dicembre del 2019 la Ong segnala contributi per 574.051 euro, dove spiccano i 166.884 (divisi in tre tranche, di cui la più alta da 157.457 euro) della Open society foundation creata da George Soros, mentre il resto arriva da associazioni e fondazioni che promuovono la transizione ecologica e combattono l’inquinamento ambientale. Tra queste c’è anche la Olin fondata nel 1953 da John M. Olin, nel 2006 ha annunciato di aver stipulato un nuovo contratto di licenza con la Browning Arms Company per la commercializzazione di fucili e fucili a marchio Winchester. . Anche Global Whitness riceve fondi da Alexander Soros e anche dalla fondazione Adessium degli olandesi Van Vliet. È sempre interessante seguire la traiettoria dei fondi targati Soros. Più il Paese è piccolo e periferico, più il magnate ha influenza e gode di attenzione. Recentemente le Ong vicine a Open society si sono date da fare in Macedonia del Nord con l’intento di sostenere la linea politica avviata dal premier Zoran Zaev e benedetta dall’allora lady Pesc, Federica Mogherini. Grazie a una campagna capillare le Ong hanno spinto per allargare il ruolo della comunità albanese locale e inserirla in un progetto a largo spettro che si chiama Grande Albania. Un esempio di come qualche centinaia di migliaia di euro ben spesi possa aiutare un progetto che miri a cambiare il volto e la voce di un Paese. Eppure le Ong vantano sempre il loro ruolo di enti super partes. Il che ci riporta a Milano.Portate in un palmo di mano dalla pubblica accusa, in realtà in questi otto anni di accuse a Eni le Ong hanno contribuito soprattutto a spaccare la Procura di Milano. Sul caso Congo, per esempio, dove il reato è stato derubricato da corruzione internazionale a induzione indebita, si è consumata una delle fratture più forti tra la linea di Fabio De Pasquale e quella di Paolo Storari. Del resto, come emerso in queste ultime settimane, si è capito come la Procura milanese abbia in un certo senso tutelato l’avvocato Piero Amara e il manager Vincenzo Armanna per non demolire l’accusa di corruzione internazionale del processo Opl 245. Peccato che questa strada si sia rivelata totalmente fallimentare, mentre ci sarebbe stato da approfondire sulle strategie di Amara e Armanna, sia giudiziarie sia economiche. A mettere nel mirino Recommon e Global whitness ci ha pensato il procuratore generale Celestina Gravina nella richiesta di assoluzione per Emeka Obi e Gianluca Di Nardo, i due presunti intermediari della tangente nigeriana, condannati in primo grado. Gravina definisce l’impostazione di De Pasquale come «di tipo ideologico», «una chimera fatta di pezzi di fatti che sarebbero reati differenti e che sono accorpati poi sotto la figura della corruzione internazionale. Confrontate questa impostazione del capo di imputazione con la denuncia delle Ong, è la stessa impostazione. Il pubblico ministero sposa l’idealità o l’ideologia da queste strutture, che hanno le loro logiche, imponendola in una fattispecie processuale [...]». La logica delle Ong, quindi, viene messa in evidenza dal procuratore generale di Milano per chiedere l’assoluzione dei due intermediari della presunta tangente. Che De Pasquale si sia affidato a loro lo dimostra il fatto che il 20 novembre scorso furono proprio Recommon, Global whitness e The Corner House (che avevano provato a costituirsi parte civile senza successo) a portare nuove prove a processo: non sono servite a nulla.
Il caffè di ricerca e qualità è diventato di gran moda. E talvolta suscita fanatismi in cui il comune mortale si imbatte suo malgrado. Ascoltare per credere.