
Matteo Salvini «non spegne il telefono» e chiede un «governo del sì». Con il capo politico al posto di Giuseppe Conte, commissario in Europa. Un esecutivo senza Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli e con un Giovanni Tria più collaborativo? Difficile, ma...Una smentita è una notizia data due volte, e in questa crisi di ferragosto così anomala, così imprevedibile, la fretta con la quale Luigi Di Maio si è precipitato a definire una «fake news» l'ipotesi di ricomposizione della maggioranza Lega-M5s partendo dalla promozione a Palazzo Chigi dello stesso Di Maio e del promoveatur ut amoveatur di Giuseppe Conte, che verrebbe nominato Commissario europeo, è quanto meno sospetta. La «pazza idea» della riconciliazione del governo del Cambiamento, attraverso un sostanzioso rimpasto, è stata anticipata dalla Verità il giorno di ferragosto. Battezzata frettolosamente come «fantascienza», la pazza idea è diventata, nelle scorse 48 ore, oggetto di riflessioni e analisi da parte di tutti i protagonisti politici italiani, che si sono convertiti sulla via del rimpasto dopo che, a sorpresa, Matteo Salvini l'altro ieri ha mandato segnali di riavvicinamento abbastanza espliciti al M5s: «Secondo me», ha risposto Salvini a chi gli chiedeva se c'era la possibilità di una riconciliazione col M5s, «non c'è possibilità, poi se qualcuno vuole dialogare io sono qua, sono la persona più paziente del mondo e il mio telefono è sempre acceso e in questi giorni squilla parecchio. Finché il governo faceva, andava a gonfie vele, quando il governo ha cominciato a dire no era giusto fermarsi. Questo governo», ha aggiunto il leader del Carroccio, «si è fermato sui troppi no: alla Tav, all'autonomia, alla riforma fiscale, alla riforma della giustizia. Di no l'Italia muore, un governo muore, abbiamo bisogno di sì, se qualcuno dice sì ragioniamo. O c'è un governo con ministri del sì o un governo degli sconfitti non serve al Paese».C'è davvero l'ipotesi che la crisi si chiuda dal punto in cui era partita? È sicuramente lo sbocco meno probabile, ma off the record nessuno la smentisce, per quanto possa essere tutta tattica. E allora, proviamo a prenderla sul serio: i ministri del «no» da sostituire, per la Lega, sono certamente Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, che per tentare di mantenere la poltrona in caso di governo Pd-M5s ha completamente ribaltato la linea sull'immigrazione tenuta fino ad ora, rifiutandosi di firmare il divieto di ingresso nelle acque italiane alla nave della ong Open arms diramato dal ministro dell'Interno Salvini, tirando in ballo ragioni di «umanità». Il destino del titolare dell'Economia, Giovanni Tria, sarebbe invece legato ai «sì» che la Lega pretende sulla flat tax.Discorso a parte merita Giuseppe Conte: dopo la lettera pubblicata il giorno di Ferragosto contro Salvini, è evidente che l'avvocato del popolo non potrebbe restare a Palazzo Chigi nel caso di un nuovo governo Lega-M5s. Non solo: per fare spazio ai «ministri del sì» chiesti da Salvini, occorrerebbe liberare poltrone ministeriali pesanti, attualmente occupate dal M5s che andrebbero alla Lega. Di Maio premier compenserebbe abbondantemente questo ricambio.Di Maio si è affrettato a smentire questa ipotesi: «In questa estate surreale», ha scritto ieri su Facebook, «in cui la Lega ha fatto cadere il governo in pieno agosto fregandosene del Paese e degli italiani, leggo continue fake news su futuri ruoli, incarichi, strategie. Tutte cose che non ci interessano. Tutte assurdità veicolate ad arte da qualcuno sui giornali per nascondere la verità. A noi interessa una sola cosa arrivati a questo punto: che il 22 agosto, quando è fissata la seduta della Camera, si voti il taglio dei parlamentari. 345 poltrone, stipendi e privilegi in meno sono l'unica cosa che ci interessa in questo momento. Aspettiamo le forze politiche», ha aggiunto Di Maio, «il 20 agosto in aula. Chi sfiducerà Conte lo farà per evitare che si voti il taglio dei parlamentari. Questa è la realtà. Possiamo far risparmiare mezzo miliardo di euro agli italiani». «A differenza del Pd», ha immediatamente risposto Salvini, confermando la linea (ri)aperturista, «la Lega ha già votato e voterà ancora per il taglio dei parlamentari. Bene il risparmio di mezzo miliardo di euro per gli Italiani, ancora meglio il risparmio di due miliardi di euro grazie alla politica seria e coraggiosa dei porti chiusi, che qualcuno in queste ore vorrebbe cancellare tornando agli sbarchi di massa gestiti dalle Ong. Ma io non mollo, statene certi».C'è un altro indizio da non sottovalutare, che avvalora la tesi del ritorno di fiamma tra Lega e M5s con l'ipotesi di Di Maio presidente del Consiglio: l'agitazione che questa prospettiva provoca nell'ala di sinistra dei pentastellati, che già sognano un bel governo col Pd magari con Roberto Fico a Palazzo Chigi. Luigi Gallo, presidente M5s della commissione Cultura della Camera, ieri ha insultato pesantemente Salvini: «Rinchiudetelo», ha scritto Gallo su Facebook, «in qualche posto. Ha veramente bisogno di aiuto, di una comunità di recupero, altro che restare ministro». Bene: Gallo, radici ben piantate nella sinistra radicale, è in assoluto uno degli esponenti del M5s più vicini a Fico e ostili a Di Maio. Non c'è bisogno di un master in comunicazione politica per capire che l'obiettivo di Gallo è ostacolare ogni possibile riavvicinamento tra i due vicepremier.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.