
Il vertice dell'11 e 12 luglio sarà fondamentale per il futuro della coalizione, sempre meno centrale per Donald Trump. La fine del Patto atlantico penalizzerebbe l'Italia: bisogna rivitalizzarlo per porre un freno a Parigi e Berlino.Nel summit Nato dell'11 e 12 luglio l'alleanza non si sfascerà, ma resterà comunque a rischio. Non solo per la richiesta di Donald Trump alle nazioni europee di rispettare gli impegni finanziari, ma perché la Nato non è più così rilevante per l'America. Inoltre, la specializzazione della Nato contro la minaccia russa è un fattore di divergenza tra Washington e Mosca nel momento in cui la prima ha iniziato una guerra vera e propria con la Cina - del tipo Roma contro Cartagine - e sta tentando una riconvergenza con la Russia per (iniziare a) staccarla da Pechino. Da un lato, l'America ha bisogno di mantenere l'alleanza con gli europei se non altro per evitare che la Cina li influenzi. Dall'altro, Washington ha anche l'opzione - che Trump sembra preferire - di trattare con i singoli Stati europei instaurando alleanze bilaterali sostitutive di quella Nato. Tale opzione diverrebbe più probabile se nascesse una difesa europea separata dalla Nato. Gli europei orientali, nordici e il Regno Unito, preferirebbero un ombrello americano, lasciando isolata la Francia, che persegue l'idea di «sovranità europea» e mettendo in grave difficoltà la Germania e, soprattutto, l'Italia, così destabilizzando la già fragile Ue. Per l'interesse nazionale italiano è chiaro il vantaggio di preservare le alleanze che ne moltiplicano la medio-piccola forza, cioè Nato e Ue integre, e di dare alla Nato stessa una nuova missione che ne rinnovi la rilevanza e la convergenza euroamericana. E anche ne attutisca la specializzazione contro la Russia che diverge con gli interessi economici italiani. Da un lato, che l'Italia possa influenzare l'indirizzo della Nato è piuttosto irrealistico. Dall'altro, la situazione attuale permetterebbe a Roma di dare effetto a posizioni non conformiste e innovative. Quali? Nel 1989 i funzionari della Nato dicevano «out of area or out of business» (fuori dall'area o la Nato è finita). E la Nato fece accordi estesi all'Est e all'Asia centrale diventando rilevante in un'era in cui l'espansione di Ue e Nato, durante l'amministrazione Clinton, era percepita come utile dall'America. Poi tale rilevanza è scemata, dopo un ingaggio dell'alleanza in Afghanistan, ma senza missione di combattimento, ravvivandosi a seguito della nuova minaccia russa all'Ucraina e dintorni. Mosca, tuttavia, non ha interessi aggressivi illimitati verso Ovest, volendo solo difendersi da una disintegrazione dovuta all'espansione dell'Ue verso Est, potenziale di conflitto facilmente risolvibile con trattati equilibrati di reciproco rispetto e dando all'Ucraina uno status temporaneo di «cuscinetto», poi sostituibile da un accordo definitivo di stabilizzazione. La priorità di Mosca è difendersi dalla Cina, con cui è costretta a convergere malvolentieri per l'ostilità occidentale, e farsi riconoscere uno spazio di influenza, non invadere l'Ovest. Un presidio Nato verso Est va mantenuto per confinare tale spazio russo, ma ciò non giustifica da solo il mantenimento della Nato come grande sistema. Per dare rilevanza alla Nato bisogna estenderne la missione: 1 nel Mediterraneo e in Africa, calibrandola per azioni di penetrazione selettiva, per esempio eliminazione di bande dedite al traffico di esseri umani e di gruppi jiahdisti; 2 alla costruzione di armamenti con raggio globale a standard Nato da parte di consorzi industriali che includano aziende sia americane sia europee nonché giapponesi, compresi sistemi spaziali per il controllo dell'orbita e oltre; 3 all'aggregazione dell'alleanza asiatica - in particolare Giappone, Australia e Nuova Zelanda - con quella europea per una cooperazione globale sul piano della sicurezza. In sintesi, il nuovo «out of area» è l'evoluzione del sistema interoperabile di difesa verso una capacità di presidio del mondo. In tale configurazione una «Nato +» sarebbe chiaramente anti cinese e ingaggerebbe gli europei con gli americani nel Pacifico, impedendo la neutralità mercantile dell'Ue perseguita dalla Germania e superando l'idea francese di Ue come terza forza tra America e Cina. Ma così diventerebbe un'alleanza globale militare delle democrazie dotata di una formidabile leva comune di sviluppo per nuove tecnologie, poi trasferibili all'industria civile, e viceversa, immensamente più potente della Cina e base per integrazioni economiche. Questo sviluppo non può essere detto tutto e subito. Ma iniziare a ipotizzarlo nei giusti modi e luoghi darebbe alla Nato nuova rilevanza. Ritengo sia compito dell'Italia trovare il modo per avviare questo concetto. Camillo Benso di Cavour, che inviò un terzo dell'esercito piemontese nella remota Crimea per avere l'aiuto della Francia contro l'Austria, oggi direbbe: mettiamo militari nel Pacifico per vendere di più in tutto il mondo. Infatti lo chiamerei «Progetto Cavour», puntando subito a un consorzio industriale a guida italiana che costruisca il primo drone robotizzato a raggio globale nello scenario «Nato +».
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






