2020-02-11
La mini Merkel lascia la guida della Cdu. Ora inizia la guerra per la successione
Akk, delfina della cancelliera, non si candiderà nel 2021: è la fine dell'era centrista. La lotta tra aspiranti leader minerà il governo.Un terremoto politico sta scuotendo la Cdu in Germania. È stato reso noto ieri che la delfina di Angela Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer, non si candiderà come cancelliere, rinunciando tra l'altro alla presidenza del partito. L'annuncio sarebbe avvenuto nel corso di un'assemblea tra i vertici della Cdu. Sembrerebbe che la Kramp-Karrenbauer abbia addotto come motivazione per il suo passo indietro il fatto che, soprattutto in Germania orientale, ampie porzioni del partito democristiano auspichino un'alleanza con i nazionalisti di Alternative für Deutschland, formazione politica sempre più radicata nei territori dell'Est. La presidentessa dimissionaria avrebbe infatti lamentato che «una parte della Cdu ha un rapporto non chiarito con l'Afd», ma si sarebbe mostrata infastidita anche da quei settori del partito maggiormente propensi a una distensione con la sinistra di Die Linke. La Merkel ha comunque chiesto alla Kramp-Karrenbauer di mantenere il proprio incarico come ministro della Difesa e ha cercato così di allontanare lo spettro di una crisi in seno alla grande coalizione, attualmente al potere con il concorso della Cdu e dei socialdemocratici. Nonostante le rassicurazioni, il passo indietro della presidentessa è destinato a lasciare un segno profondo nella politica teutonica: non dimentichiamo che la Kramp-Karrenbauer aveva ottenuto la guida del partito poco più di un anno fa e che - in quanto delfina di Angela Merkel - molti ne avevano preconizzato l'imminente conquista del cancellierato.L'annuncio della sua uscita di scena rischia quindi di produrre serie ripercussioni all'interno della Cdu e dello stesso esecutivo. Con ogni probabilità a pesare sul destino politico della Kramp-Karrenbauer è stata la recente questione della Turingia. La settimana scorsa, era infatti stato eletto a presidente del Land il liberale Thomas Kemmerich, grazie a una convergenza tra democristiani locali e Afd. Una convergenza definita «imperdonabile» da Angela Merkel, che si è subito adoperata per scongiurarla, scavalcando nei fatti il ruolo della sua delfina. Un intervento efficace quello della cancelliera, visto che Kemmerich si è dimesso appena poche ore dopo essere stato eletto. Non è del resto un mistero che la leader tedesca abbia sempre promosso una conventio ad excludendum nei confronti dell'Afd, ritenendo inopportuno stringere alleanze con i nazionalisti.Ecco: è proprio in queste dinamiche che la Kramp-Karrenbauer è finita politicamente stritolata. Sembrerebbe infatti che alla presidentessa dimissionaria sia stata contestata proprio la gestione del caso Turingia: una gestione considerata fiacca e irresoluta. Con il risultato che non solo si è ritrovata di fatto commissariata dalla Merkel ma non bisogna poi dimenticare i malumori che serpeggiano all'interno di un partito - la Cdu - sempre più diviso tra correnti contrastanti. Correnti che - indipendentemente se tendenti a destra o a sinistra - guardano con crescente fastidio alla linea filoestablishment imposta in questi anni al partito dalla leadership merkeliana. Un fattore interessante che, se ha già determinato la caduta della Kramp-Karrenbauer, costituisce ovviamente un problema per la stessa Merkel. Senza poi trascurare eventuali conseguenze spiacevoli per una fedelissima della cancelliera, come l'attuale presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L'onda lunga della Turingia rischia quindi di determinare ricadute negative sulla stessa Bruxelles.Insomma, per quanto la cancelliera sia tornata al momento centrale nella vita del partito, le basi del suo consenso interno appaiono sempre più logore, a causa di mal di pancia intestini che potrebbero presto trasformarsi in vere e proprie spinte centrifughe. Senza poi trascurare che - come riportava ieri pomeriggio l'Allgemeine Zeitung - adesso una «lotta di potere» apparirebbe «imminente». Sarebbero infatti almeno quattro i papabili candidati alla presidenza. In primo luogo, troviamo Friedrich Merz: già candidatosi invano alla carica nel 2018, si tratta di un acerrimo nemico della Merkel, oltre che di un liberal conservatore dalle posizioni marcatamente europeiste e atlantiste. In secondo luogo, abbiamo il centrista Armin Laschet, attuale governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia, che - nell'ottobre del 2011 - figurò tra i firmatati di un appello di George Soros sul Financial Times dedicato alla crisi dell'euro. Troviamo poi l'attuale ministro della Salute, Jens Spahn, che - sostenitore del matrimonio omosessuale - è stato un tempo critico della Merkel (soprattutto in materia di immigrazione), per poi ammorbidirsi tuttavia negli ultimi tempi. Infine abbiamo l'attuale presidente della Baviera, Markus Söder: un profilo noto per le sue posizioni ambientaliste ma anche per le sue critiche alla linea migratoria della cancelliera. Come che sia, indipendentemente dai singoli papabili, quello che emerge è una progressiva spaccatura in seno alla Cdu, tra correnti tendenti a destra e altre a sinistra. La linea centrista della Merkel continua invece a languire, attirandosi il risentimento delle fasce elettorali maggiormente orientate in senso antisistema. E non è detto che, in una simile situazione di stress, il partito riuscirà a preservare un'autentica compattezza. Anche perché la sfida interna per la presidenza potrebbe determinare non poche fibrillazioni per la grande coalizione, insinuando dubbi tra i socialdemocratici e indebolendo ulteriormente il già traballante potere della cancelliera.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (Imagoeconomica). Nel riquadro il programma dell'evento organizzato da La Verità
Charlie Kirk con la moglie Erika Frantzve (Getty Images)