2022-10-21
La «Milano da temere» di Beppe Sala. Ogni giorno ci sono 13 aggressioni
Nelle prime due settimane di ottobre sono state quasi 200 le risse che hanno richiesto l’invio delle ambulanze del 118. Situazioni che mettono a rischio anche gli stessi soccorritori, sempre più spesso vittime delle violenze.!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");Più che una «Milano da bere», la capitale economica italiana sembra diventata una «Milano da temere». Che la città guidata da Beppe Sala sia fuori controllo non è un’invenzione giornalistica o una boutade denunciata via Instagram da un’influencer del calibro di Chiara Ferragni tra uno scatto hot e la promozione della sua nuova collezione di scarpe. No, lo certificano i numeri, quelli forniti dal ministero dell’Interno, che incoronano Milano come capitale italiana anche di furti, scippi, rapine e violenze. Ci sono le dichiarazioni dei protagonisti della sicurezza in città, come il questore Giuseppe Petronzi che parla apertamente di una «maggiore aggressività giovanile» e di una sempre più marcata «propensione alla violenza sulla donne». Ci sono poi le decisioni conseguenti a questi fatti, come quella presa da Atm di chiudere in una gabbia di plexiglass gli autisti di 650 autobus pubblici.E mentre Sala si arrovella su quali calzini arcobaleno indossare e quanto verde chiedere di inserire nel piano del nuovo stadio, il sindaco manager perde il controllo della sua città. I numeri del grafico qui accanto fotografano gli interventi delle ambulanze del 118 a Milano per i casi di liti e aggressioni. Sono quelli delle prime due settimane di ottobre, da domenica 2 a domenica 16, e soltanto quelli più gravi (codici gialli e rossi, non sono stati considerati i verdi, meno gravi). Un elenco sterminato, da città in stato d’assedio. Episodi che si concentrano non in zone periferiche, ma centrali: Garibaldi, Navigli, stazione Centrale i quartieri più pericolosi, anche per gli stessi soccorritori.Gli interventi La radio tablet suona. Lampeggia il messaggio di nuova missione sul display dell’ambulanza in servizio per la Soreu metropolitana, la sala operativa del 118 per l’area di Milano e Monza-Brianza (un bacino di oltre 4 milioni di abitanti). Il codice assegnato è il giallo, la categoria di intervento è «evento violento». Così comincia l’ordinaria routine di un equipaggio di dipendenti o volontari chiamati a soccorrere una o più vittime della violenza quotidiana nel territorio cittadino.Mentre l’ambulanza si reca sul posto nel caos diurno (oppure nel cuore della notte) dribblando auto, bici e monopattini in contromano o magari pedoni distratti da smartphone o auricolari, si rischia e non poco. E il rischio potrebbe non finire una volta a contatto con il paziente, vittima o responsabile che sia, dell’atto violento perché tutto dipende, oltre che dalle condizioni sanitarie, anche da quelle psichiche della supposta vittima. Se tutto va bene, l’equipaggio può trovarsi a soccorrere una o più persone vittime di violenza a scopo di rapina, le quali possono scegliere o meno di essere ospedalizzate. Altrimenti, ulteriori rischi possono essere dietro l’angolo. Se si tratta, per esempio, degli esiti di una rissa tra gang, vittima e carnefice potrebbero coincidere o, peggio, se il paziente (come frequentemente accade) si trova sotto l’effetto di sostanze psicotrope o alcool, potrebbe mostrarsi aggressivo e difficilmente trattabile. O, ancora, potrebbe essere armato oppure circondato da complici poco raccomandabili.Nella quasi totalità degli eventi violenti, le forze dell’ordine sono allertate e intervengono. Ma per le volanti e le gazzelle di Milano il numero di chiamate di questo tipo rischia di essere soverchiante. Così capita che per i primi minuti i soccorritori restino soli e indifesi in una scena non sicura, rischiando di diventare loro stessi oggetto di violenza.Soccorritori aggrediti Che il preoccupante fenomeno delle aggressioni ai sanitari abbia investito la città, lo dimostrano alcune iniziative attuate nell’ultimo biennio da Areu, l’Agenzia regionale emergenza urgenza. Per sensibilizzare media e popolazione, l’Agenzia ha istituito addirittura una giornata, il 12 marzo, contro la «violenza sugli operatori della salute». Anche perché gli episodi sono in crescita costante, dopo una breve parentesi dovuta alla pandemia, già dal 2021. Dalle 20 aggressioni gravi del 2019 in Lombardia il dato è raddoppiato nell’ultima stima disponibile del 2021 e quest’anno ci si aspetta di peggio.L’ambulanza, dopo il tempo necessario in posto, procede al trasporto in ospedale. Dove c’è l’ultima, non trascurabile incognita: il tempo di attesa nei pronto soccorso che a Milano sono spesso al limite del collasso. Sempre che la «vittima» non si esibisca in violenze anche in ospedale, richiedendo un ulteriore intervento della sicurezza e tempi ancora più lunghi. Può capitare, all’equipaggio, di dover attendere la disponibilità di un lettino prima di lasciare il paziente, in attesa sulla barella dell’ambulanza, nelle mani dei medici.Alla fine, bisogna aggiungere i tempi di sanificazione e ripristino dell’ambulanza. Si parla, a volte, di ore per una sola missione, durante cui una delle 100 ambulanze di Milano (e hinterland) o delle nove automediche non può essere impiegata in interventi contemporanei magari più urgenti. Nelle prime due settimane di ottobre, la «routine» di un ambulanza impegnata per gli esiti della violenza di strada si è ripetuta per ben 196 volte.