2018-10-20
La melagrana, il frutto dal lato B imperiale
Il diadema a sei punte e la sovrabbondanza di arilli lo hanno fatto diventare simbolo di fertilità. I romani lo usavano come segno di buon augurio per le spose, per i cristiani i chicchi rappresentavano le virtù della Madonna. Secondo il Corano cresce in paradiso.Specchio, specchio delle mie brame, chi ha il lato B più bello del reame? «Quello dell'arancia è un botton d'oro, la mela ha un ombelico tondo, il didietro del melone è un capolavoro, ma il posteriore della melagrana è, tra i frutti, il più bello al mondo». Lo specchio magico non mente: la melagrana ha il fondoschiena più bello di tutte le sorelle e i fratelli portatori di semi, polpa e buccia. È la Pippa Middleton del regno fruttifero. Anzi, ha molti più quarti di nobiltà della sorellina di Kate Middleton, duchessa di Cambridge vice aspirante regina del Regno Unito. La melagrana è una regina. Con tanto di corona radiata: quel residuo del calice fiorale che porta con tanta regalità proprio sul lato B. Quel diadema a sei punte e la sovrabbondanza di arilli (sono i semi, più di 600) rinchiusi nella buccia come rubini in uno scrigno, hanno caricato la melagrana di significati simbolici. Ne vanta più di qualsiasi altro frutto. La melagrana, gustosa e preziosa in cucina, è una metafora, un'allegoria fin dai tempi più remoti. Questo frutto salutare era simbolo di fertilità, abbondanza, rigenerazione per egizi, fenici, mesopotamici. I greci l'avevano innalzato all'Olimpo ponendolo in mano ad Era, la potente moglie del capo, protettrice dei matrimoni (ci provasse Zeus a sgarrare!), a garanzia degli sponsali. E lo stesso faranno i romani con Giunone: stessa dea, stesso frutto, stessa protezione. I cives dell'Urbe adornavano le teste delle spose con coroncine di fiori di melograno in segno di buon augurio e prosperità. Un chicco di melagrana fatto mangiare fraudolentemente a Proserpina, legherà la figlia di Cerere a Plutone, il diavolaccio che l'ha rapita, per sei mesi all'anno giù nell'Ade. Roba da tagliarsi le vene. Pare proprio che ci stia pensando la malinconica Proserpina dipinta con una melagrana nella mano sinistra da Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), pittore prerafaellita inglese, figlio di un italiano esule a Londra. Dal mito alla religione, il simbolismo del frutto si arricchisce di nuovi significati. Per gli ebrei la melagrana rappresenta la santità, il frutto degno di essere accostato alla mistica sposa nel Cantico dei Cantici: «Come sei bella amica mia, come sei bella!... Come un nastro di porpora le tue labbra/ e la tua bocca è soffusa di grazia;/ come spicchio di melagrana la tua gota/ attraverso il tuo velo» (Ct. 4,3). E, nel capitolo ottavo, dove la santità sconfina nell'erotismo: «...m'insegneresti l'arte dell'amore./ Ti farei bere vino aromatico,/ del succo del mio melograno». Simbolo dell'osservanza della Torah, la melagrana era ricamata sulla veste rituale del sommo sacerdote e scolpita sui capitelli del tempio di Salomone.Stessa cosa per i cristiani: il frutto, simbolo del perfetto cristiano, orna i paramenti sacerdotali e abbellisce, tra le foglie d'acanto, i capitelli corinzi delle colonne delle chiese. La melagrana simboleggia la bellezza della Madonna e le sue numerose virtù: ogni chicco corrisponde a una dote mariana, una litania della natura. Nell'arte la melagrana dal rosso succo rappresenta il sangue dei martiri. Nella pittura e nella scultura rinascimentali, quando è raffigurata in mano a Gesù Bambino in braccio alla mamma, allude alla sua passione e alla futura resurrezione. La troviamo in Jacopo della Quercia, Filippino Lippi, Leonardo da Vinci e in due stupendi dipinti di Sandro Botticelli: la Madonna del Magnificat e la Madonna della melagrana. Quando è tra le dita dei potenti, i chicchi indicano le genti, i popoli, il cui destino è nelle mani di re e imperatori. Nel ritratto di Massimiliano I, Albrecht Durer la dipinge aperta, in modo che si possano vedere i semi in mano al sovrano. Il Corano insegna ai musulmani che il melograno cresce nel paradiso islamico ed è tra le più belle cose create da Allah. Una leggenda araba racconta che Fatima, figlia di Maometto, quando seppe della morte dei figli Hassan e Hussain, pianse lacrime che si trasformarono nei grani della melagrana. Perfino la massoneria ha adottato il frutto per il suo simbolismo. Gli adepti lo considerano segno di fecondità e immagine di unione universale della fratellanza. Insomma, un bel frutto con una gran bella storia alle spalle. E altrettanta letteratura. Su un melograno il poeta Giosuè Carducci piange la morte del figlioletto: «L'albero cui tendevi/ la pargoletta mano/ il verde melograno/ da bei vermigli fiori...». Esopo, in una delle sue favole, lo fa litigare con un melo e un olivo. Grazia Deledda ne fa il motivo di contesa in una drammatica lite tra ragazzi. La novella s'intitola La melagrana. Il frutto ispira il sensuale Gabriele D'Annunzio che durante l'appassionata relazione con Eleonora Duse scrive La trilogia del melograno: «Il frutto del melograno gonfio di maturità/ si fendeva subitamente/ come una bella bocca/ sforzata dall'impeto di un riso cordiale...». Ma, in quanto a voluttuosità, Artufo Graf batte il concupiscente Vate: «I fiori sanguigni tra le verdi fronde/ labbra parean di desiderio accese...».Le melograne pendono, in questa stagione, dalle piante di giardini e orti. Il Punica granatum - nome scientifico del melograno- è molto decorativo, sia in primavera quando si riempie di fiori rosso, sia in autunno per i bellissimi frutti. In cucina la melagrana viene usata per fare succhi e bevande dissetanti, cocktail, sciroppi, confetture. I grani vengono adoperati per arricchire le insalate, guarnire piatti e, trasformati in salsa, per valorizzare carni e pesci. I grandi chef ne fanno largo uso.La cucina veneta presenta molti piatti con il «pomo granato» che ricordano i fasti della Serenissima. Nino Baggio, cuoco e patron della celebre Locanda Baggio di Asolo, imbastisce con la melagrana (ne tiene quattro piante nell'orto) un intero menu: «È un frutto meraviglioso. Usiamo i chicchi per fare sorbetti, dolci e per condire il radicchio di Treviso. Sulle carni sta benissimo. Con la melagrana preparo un sugo che uso per l'anatra, il filetto di cervo e la selvaggina». Mida Muzzolon, chef della Tenuta San Martino di Legnago, prepara un piatto che unisce la laguna e l'Adriatico con l'entroterra: «È uno gnocco di semolino all'aneto con capasanta e gamberoni al succo di melagrana. Siccome il frutto è simbolo del matrimonio, lo propongo con successo anche ai pranzi di nozze». Giorgio Gioco, 94 anni, cuoco, poeta e scultore veronese, adornava i tavoli del suo ristorante, i 12 Apostoli, con melagrane in bronzo lucidato che scolpiva in cera nera e faceva poi realizzare col metodo della cera persa nella fonderia d'arte Brustolin. «La melagrana è bellissima. Ha la pelle di una giovane creola. Oltre che in cucina, la presentavo sui tavoli come simbolo di buon augurio e d'amicizia. I semi, riuniti sotto un unico involucro, rappresentano la fratellanza tra gli uomini. E poi fa bene. Ho conosciuto un generale dell'aeronautica che aveva dato ordine ai suoi uomini di bere, al mattino, una granatina al posto del caffè. “Questa, diceva loro, vi mantiene sani"».Il malum granatum, come lo chiamavano i romani, è uno scrigno di salute e benessere naturali. È ricco di vitamina C, di potassio e sostanze antiossidanti che proteggono cuore e arterie aggredendo i radicali liberi. Ricerche mediche confermano che rallenta lo sviluppo di alcuni tumori e l'aterosclerosi. Ha un'azione antibatterica particolarmente importante per la bocca, perché previene la carie. Ha proprietà astringenti e, secondo uno studio giapponese, combatte la depressione e allevia i disturbi della menopausa.Appartiene, invece, alla sfera leggendaria la storiella che con una forcella di melograno si possano trovare tesori nascosti. Siccome nella vita non bisogna mai dire mai, se avete doti di rabdomante e riuscite a procurarvi una forcella di melograno, potete sempre cimentarvi nella caccia al tesoro. Se riuscite a trovarne uno fateci un fischio.