
Anche quest’anno quasi sicuramente l’esame si terrà solo in forma orale. Come chiesto pure da una petizione online firmata da 40.000 studenti. La scuola, come dimostrano i dati Invalsi, è allo sbando. E con la scusa del Covid si abbattano tutti i tabùAbbassare sempre di più l’asticella, ridurre il tasso di difficoltà, accettare implicitamente mediocrità e sciatteria. Naturalmente nessuno ha il coraggio di mettere le cose in questi termini brutali, e quindi, con ampio sfoggio di perifrasi e circonlocuzioni, si parla di «esame snello», di volontà di «non penalizzare» gli studenti, di «gradualità». Ma sta di fatto che anche nel 2022 il ministero dell’Istruzione sembra orientato a confermare l’esame di maturità ultralight già sperimentato lo scorso anno. Ecco il ministro Patrizio Bianchi: «Stiamo molto attenti alle richieste dei ragazzi e abbiamo molta attenzione verso quanto ci dicono i docenti. Quanto prima daremo il modo di preparare al meglio anche gli esami di quest’anno. Avete visto gli anni scorsi quando sembrava impossibile: li abbiamo fatti tutti in presenza permettendo a tutti di esprimersi al meglio». Chiacchiere a parte, sembra ormai acclarato che pure alla fine di quest’anno scolastico l’esame sarà senza prove scritte. E cosa ci sarà invece? Una tesina, un elaborato preparato a casa, premessa per una prova orale in quattro parti, da svolgere davanti a membri interni (con la sola eccezione del presidente della commissione). Morale: si allontana il ritorno alla normalità pre Covid, e semmai si istituzionalizzano - in nome di un’emergenza che non finisce mai - prove assai meno impegnative. E le ragioni addotte sono perfino peggiori della scelta adottata: informalmente, si evoca il fatto che gli studenti del quinto anno escono da una ventina di mesi di didattica frammentata e spesso svolta a distanza, e che dunque non li si vorrebbe «penalizzare» con un esame tradizionale ritenuto troppo ostico. Con sprezzo del ridicolo, veline ministeriali accennano all’eventuale novità consistente nell’aggiunta del tema di italiano: ma - annotano i bene informati - si tratterebbe solo di un’eventualità remota. Se non parlassimo di cose gravi e serie, ci sarebbe perfino da ridere: con i dati Invalsi che certificano un disastro in termini di apprendimento, e con tassi di comprensione terribilmente bassi di qualunque testo scritto da parte degli studenti dell’ultimo anno delle superiori, anziché incoraggiarli a migliorarsi, ci si preoccupa di sgombrare il campo perfino dall’ipotesi che debbano cimentarsi con un tema di italiano. Pazzesco. A spingere per la maturità ultraleggera (e senza scritti) è anche una petizione su Change.org, rivolta proprio a Bianchi, e che ha già raccolto oltre 40.000 firme. Vi si legge testualmente: «Noi studenti maturandi chiediamo l’eliminazione delle prove scritte agli esami di maturità 2022, poiché troviamo ingiusto e infruttuoso andare a sostenere degli esami scritti in quanto pleonastici, i professori curricolari nei cinque anni trascorsi, hanno avuto modo di toccare con mano e saggiare le nostre capacità. Inoltre abbiamo passato terzo e quarto anno in Dad, penalizzandoci, distruggendo parte delle nostre basi che ci sarebbero dovute servire per gli esami. L’ulteriore stress di esami scritti remerebbe contro un fruttuoso orale indispensabile come primo passo verso l’età adulta. Sicuri di un suo positivo riscontro le porgiamo i più cordiali saluti».Volutamente, non abbiamo corretto il testo, che - dalla punteggiatura alla costruzione delle proposizioni - è di per sé un documento eloquente: testimonianza, come ha scritto opportunamente Mattia Ferraresi su Domani, «della sgrammaticata povertà» con cui alcune argomentazioni sono state presentate. Più che mai, occorrerebbe qualcuno (nella scuola e nella politica) capace di andare controcorrente, e di rivendicare la necessità del tema di italiano, della versione di latino e greco, del compito di matematica, non solo come indispensabili esercizi di organizzazione mentale, ma soprattutto come allenamenti duri, come prove difficili, come esercizi impegnativi. Se li togliamo dal tavolo, cosa resta? Solo ostacoli bassi? Non occorre uno psicologo per comprendere che un momento cruciale nella formazione dei ragazzi sta proprio nel non scansare le difficoltà, nel non elaborare strategie di aggiramento. Al contrario - c’è da chiedersi - che succede se un’intera società decide di allontanare le cose difficili, di sottrarsi (e di sottrarre i suoi giovani) alle verifiche più impegnative? Lungi da noi colpevolizzare i ragazzi, anzi. In primo luogo, si tratta di comprendere. Il trionfo degli strumenti «visual» (prima la tv, poi il pc, ora lo smartphone) è inevitabile, e - inevitabilmente, appunto - porta alla velocità, alla superficialità, a tempi ristrettissimi di lettura. Secondo alcune ricerche, il lettore medio dedica non più di 10-12 secondi alla lettura di qualunque contenuto su Internet: a malapena, cioè, guarda titolo e sottotitolo. E il balbettante andamento del lavoro scolastico nei lunghissimi mesi della pandemia ha accentuato questa deriva. Dunque, occorre capire dove stiamo andando, o forse dove siamo già. E anche domandarsi se non ci si debba affrettare a invertire questa tendenza, o almeno a correggerla, a rallentarla, a evitare di renderla definitiva. A meno di accettare consapevolmente un futuro di mediocrità e declino.
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».






