2019-09-15
La masseria di Turco e la strana asta
Il neo sottosegretario del M5s ha comprato una struttura ricettiva fallita. Alla gara aveva partecipato pure il vecchio proprietario ma il ministero ha «perso» la sua offerta.Al secondo giro ce l'ha fatta, il senatore grillino Mario Turco. Dopo averla sfiorata nel 2018, la promozione a sottosegretario alla presidenza del Consiglio è arrivata nel governo giallorosso con la delega alla programmazione economica e agli investimenti. A stretto contatto con il conterraneo premier. Foggiano Giuseppe Conte, tarantino lui. Avvocato il primo, economista il secondo. Poco appariscente sui media, Turco è uomo di solide relazioni. Un articolo di Repubblica dell'aprile 2018, dedicato alla mappa del potere pentastellato, lo indicava tra i neo parlamentari più gravidi di impegni professionali con otto incarichi tra cui quello di consigliere nella Sincon, società di sistemi informativi per la pubblica amministrazione e le aziende sanitarie.Turco è stato eletto nel collegio di Taranto dove il Movimento ha raccolto il 47% spendendo come fattibile un libro dei sogni che prevedeva - e sappiamo invece com'è finita - la chiusura delle fonti inquinanti dell'Ilva e la riconversione del complesso siderurgico.Del docente di economia aziendale a Lecce si è occupato pure Il Fatto Quotidiano raccontando la storia che lo ha visto coprotagonista insieme a un piccolo imprenditore tarantino di nome Enzo Papa, titolare, fino al 2012, della Masseria Galeota, un b&b con oleificio e ristorante nella zona di Leporano. In quell'anno, complici la crisi e la spaventosa campagna mediatica sull'inquinamento dell'Ilva, gli incassi della struttura ricettiva calano a picco. E Papa non riesce più a onorare il mutuo acceso con la Banca della nuova terra. Scattano così il pignoramento per 1 milione di euro e le procedure per la vendita all'incanto. Per tre volte l'asta va deserta. Al quarto tentativo, con una base d'asta di 375.000 euro, Papa decide di riprovarci insieme alla società Kanapa srl. È il 17 gennaio 2019. Versa una caparra di 75.000 euro e deposita un'offerta al ministero della Giustizia che dovrà poi inviare l'istanza al sito delle aste telematiche. Papa riceve via posta elettronica certificata la ricevuta della registrazione dell'offerta.Succede però l'impensabile: sul portale compare solo un'offerta. Quella di Mario Turco. Della comunicazione della società Kanapa non c'è traccia, nonostante la ricevuta Pec. Che cosa è successo? Il sito Aste telematiche invia al delegato del giudice una comunicazione in cui afferma che l'offerta della società non era stata inviata dal ministero al portale perché era stato rinominato il file generato all'atto della registrazione. C'è però un particolare: sul portale sono protocollati correttamente due bonifici. Quello di Turco e quello della Kanapa srl. La masseria viene comunque aggiudicata al senatore grillino senza mettere a verbale l'esistenza della caparra di Papa.Allora, il legale di Kanapa deposita un'istanza di revoca al tribunale di Taranto chiedendo di invalidare l'aggiudicazione e di indire una nuova asta. Richiesta bocciata perché per il giudice non esiste automatismo tra l'offerta più alta e l'aggiudicazione del bene. Il 3 aprile 2019 il magistrato firma il decreto di trasferimento e il 29 dello stesso mese il bene viene immesso nel possesso di Mario Turco. Nello stesso giorno, arrivano l'avvocato e la mamma del parlamentare, due carabinieri e il funzionario (senza delega) dell'Istituto vendite giudiziarie per sfrattare la famiglia Papa. Con una fretta che suggerisce all'avvocato di Papa, Alexia Serio, queste dure parole, riportate dal Fatto Quotidiano: «Lavoro da molti anni anche per il Sunia, il sindacato degli inquilini, faccio tanti sfratti, ma non ho mai visto tanta disumanità. Anche il suo legale avrebbe chiesto all'onorevole Turco di concedere un po' di tempo in più, ma inutilmente». Papa non ha avuto modo di prendere nemmeno il cambio d'abiti e i libri della figlia sedicenne rimasti in casa: «Non ho più niente, mi hanno portato via la mia masseria, la mia vita. Mi incatenerò davanti al ministero della Giustizia, non ho più nulla da perdere».
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