2025-11-19
Le previsioni Ue fanno acqua: mai allarmarsi
La Commissione rivede al ribasso la crescita dell’Italia nel 2025 (+0,4%) e gli «strilloni» anti-governo ghignano: «Fanalino». Ma le stime dei burocrati sono spesso fallaci. E il nostro Pil pro capite supera quelli della Germania e della Francia del debito.Tutti a parlare del fatto che le previsioni di crescita per il 2025 relegano l’Italia a fanalino di coda. Ah, le previsioni arrivano dalla Commissione europea. Che quattro volte l’anno ci offre le sue analisi sul passato e le sue previsioni per il futuro. A febbraio sono pubblicate le previsioni invernali. A maggio quelle di primavera. A settembre quelle estive. E a novembre quelle di autunno. E sono queste quelle che molti quotidiani italiani hanno commentato ieri. Il faro era puntato sulla bassa crescita. Che è una realtà indiscutibile.Nel 2025 il Prodotto interno lordo italiano aumenterà di un misero 0,4%. Contro una media dell’Eurozona dell’1,3%. E dell’Unione europea a 27 pari all’1,4%. Numeri non esaltanti. Giusto. Ma se è vero che la Francia fa un +0,7%, la Germania chiuderebbe il 2025 con appena lo 0,2%. Cosa ovviamente non evidenziata dai quotidiani di casa nostra. Preceduta dall’Austria con lo 0,3%. E infine l’Italia con un +0,4%. Al di là delle considerazioni statistiche, sono tutti numeri sostanzialmente equiparabili. Anzi nel caso della Francia occorrerebbe fare una considerazione supplementare. A Parigi si permettono il lusso di chiudere con tre punti in più di deficit sul Pil rispetto a noi. Il 6% anziché il 3%. Per fare cifra tonda. Per intendersi, è come se l’Italia spendesse qualcosa come 60 miliardi in più ogni anno. Cosa potrebbe fare l’Italia con 60 miliardi in più di deficit? Azzerare tutte le 14 imposte patrimoniali attualmente esistenti in Italia. Dall’Imu al bollo auto. Dall’imposta ipotecaria al canone Rai. Dall’imposta di successione ai diritti catastali. Passando per le imposte sulle transazioni finanziarie. Gli italiani smetterebbero di pagare, stando ai calcoli della Cgia di Mestre, la bellezza di 51 miliardi. Ne rimarrebbero da spendere ancora dieci. Avete idea che cosa potrebbe significare per la nostra economia? Come potrebbero essere rilanciato il mercato immobiliare? E nonostante questa zavorra l’Italia riesce quasi a eguagliare la Francia in termini di asfittica crescita: una sorta di capolavoro. La seconda considerazione riguarda la significatività del dato. Il Prodotto interno lordo ci dà una misura del reddito prodotto in un anno. Ma ancora più significativo, parlando di reddito, è misurare la dinamica del Pil pro capite. L’ordine di grandezza sempre questo è. Parliamo di una crescita dello 0,5% per il 2025 nel caso dell’Italia. Niente di cui esaltarsi. Ma in questo caso la differenza con la Germania si fa molto più marcata. Qui la crescita prevista è dello 0,1%. E sul Pil pro capite l’Italia supera anche la Francia e l’Austria. Stiamo quindi parlando di una situazione di complessiva stagnazione che riguarda le prime tre economie dell’Unione europea. Vale a dire Germania, Francia e Italia. Rimane infine da considerare questo esercizio di previsione con «granu salis», direbbero i latini. Né Ilaria e né Silvia. Banalmente vanno presi con le molle i numeri che arrivano da Bruxelles. Perché non sempre ci azzeccano. Il che non è affatto tranquillizzante per misurare l’efficienza e la capacità di questa burocrazia. Toppare a febbraio la previsione di crescita per fine anno è quanto meno comprensibile. Non azzeccarla a novembre è piuttosto imbarazzante. Va detto che questi anni di Covid, con le chiusure generalizzate e i tassi di crescita e decrescita a due cifre, hanno contribuito a rendere la realtà meno intelligibile e comprensibile agli occhi degli statistici. Proprio per questo motivo non sembra razionale prendere per oro colato questi numeri. L’anno scorso Bruxelles è stata capace di azzeccare a novembre lo 0,7% di crescita. Stessa sorte è accaduta nel 2018 e nel 2019. Bruxelles aveva rispettivamente previsto un +0,9% e un +0,5%. Con l’arrivo del Covid tutto si ingarbuglia. A novembre del 2020 la Commissione prevedeva un -9,9%. Il crollo si attesterà al 9%. Nel 2021 Bruxelles prevedeva a novembre un +6,2%. Si arriverà addirittura a +8,9%. Qui i tecnici della Commissione erano proprio andati a farfalle. Nel 2022 a novembre era prevista un +3,8%. Avremmo chiuso l’anno con un +4,8%. Nel 2023 veniva infine prevista una crescita dello 0,7% che poi invece si attesterà all’1%. Esaltarsi per le migliori performance non avrebbe alcun senso così come non lo ha imbastire racconti sulla base di numeri di cui si fa fatica spesso a comprenderne la consistenza. Peraltro, confrontare i numeri a consuntivo da un’edizione all’altra riserva spesso cattive sorprese. Le correzioni e le riscritture sono tantissime e continue. Nel 2024 la crescita del 2023 continuava a essere raccontata come pari allo 0,7%. L’anno dopo è stata quindi corretta. Insomma, ci vuole pazienza se si vogliono esaminare i numeri con spirito costruttivo. E cautela se invece si vuol fare solo polemica.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)