2025-11-19
Emendamento di Fdi per riportare l’oro sotto lo Stato e levarlo a Bankitalia
La mossa di Lucio Malan ricorda che 275 miliardi di riserve sono del Paese. Anche se non ne può disporre per le regole europee.Ci sono diversi modi per mandare frecciatine nemmeno tanto trasversali verso la Banca d’Italia, l’Eurosistema e la Ue. Uno è quello di voler stabilire in modo inequivocabile chi è il proprietario delle riserve auree detenute e gestite dalle stanze di Palazzo Koch.Dopo un tentativo simile durante il governo Conte uno, a opera del senatore leghista Claudio Borghi, venerdì è stato il senatore Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, con altri quattro senatori del suo partito, ad apporre la propria firma su un lapidario emendamento alla legge di Bilancio 2026: «Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano».Parliamo di 2.452 tonnellate d’oro depositate per il 44,9 per cento in Italia, per il 43,3 negli Stati Uniti, per il 6,1 in Svizzera e per il 5,7 nel Regno Unito, iscritte nel bilancio 2024 di Bankitalia per 197,9 miliardi (147,2 alla fine del 2023), il cui valore al 31 ottobre era arrivato a 275 miliardi. Una cifra di tutto rispetto, equivalente al 13% circa del Pil e al 10% del debito pubblico. Si tratta del terzo stock al mondo per dimensioni, dopo quello degli Usa e della Germania, che saggiamente non è stato mai venduto, resistendo alle numerose crisi finanziarie.La notizia è stata ripresa ieri anche dalla Reuters a cui Malan non ha fornito risposto per chiarire la logica e la finalità dell’emendamento, che secondo Il Messaggero, sembra essere qualificato come «segnalato», quindi destinato a proseguire l’iter parlamentare. Al contrario di quanto riportato dalla stessa Reuters, secondo cui appare invece destinato a essere respinto.Resta a oggi sul tavolo un fatto di grande rilevanza politica che dalle parti di Bankitalia - chissà se il governatore Fabio Panetta ha saputo qualcosa in anteprima - potrebbe provocare qualche inquietudine. Perché ovviamente un capogruppo del partito di Giorgia Meloni non si muove mai per caso, peraltro su un tema che da anni costituisce un cavallo di battaglia personale dello stesso premier.La rilevanza politica è ancora più evidente quando si esamina il profilo tecnico della vicenda. Infatti stabilire che la proprietà sia dello Stato, pur essendo un fatto formalmente molto significativo, non consente a quest’ultimo di disporne liberamente. Questo perché la detenzione e la gestione dell’oro è attribuita per legge alla Banca d’Italia, che lo espone tra le proprie attività di bilancio.Inoltre, poiché la nostra banca centrale è parte integrante del Sistema europeo delle banche centrali (Sebc) - come se fosse una filiale della Bce - sono le regole di questo sistema che bisogna osservare. E uno dei compiti fondamentali assegnati dai Trattati al Sebc è proprio quello di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera (oro incluso), cosa che avviene a livello delle singole banche centrali. Tali riserve servono per proteggersi dai rischi derivanti dall’esercizio della politica monetaria e dalla gestione di tutte le attività finanziarie del Sebc. Il cui statuto prevede che tali rischi sono in linea generale oggetto di condivisione tra tutte le altre banche centrali nazionali dell’area dell’euro, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale (chiave capitale) della Bce. Tutto questo si riflette proprio nel bilancio dell’istituto di via Nazionale. Dove, a fine 2024, l’oro figurava accanto ad altre attività finanziarie e costituiva ben il 18% delle attività di bilancio, preceduto soltanto dai 591 miliardi di titoli pubblici acquistati con i programmi varati da Mario Draghi nel 2015 e da Christine Lagarde nel 2020. A fronte di queste attività, la passività più rilevante è il debito intra Eurosistema che deriva dall’operatività del sistema Target2 (348 miliardi a fine ottobre, in netta discesa rispetto ai 416 del 2024 e ai 521 del 2023). Questi sono debiti su cui peraltro Bankitalia paga alla Bce interessi passivi (circa 20 miliardi) che hanno peggiorato i conti della banca. Tale saldo si crea per effetto dei pagamenti transfrontalieri tra i residenti dell’eurozona che determinano giornalmente un saldo creditore o debitore di ciascuna banca centrale nazionale verso la Bce.Se questi sono gli assetti di bilancio e le norme, disporre dell’oro significa smembrare l’Eurosistema e il Sebc.Quindi, se la finalità dell’iniziativa del senatore Malan fosse quella di rendere chiaro «Urbi et Orbi» che, con l’euro e l’Eurosistema, al massimo, potremmo essere dichiarati proprietari di un bene di cui però non possiamo disporre, con tutte le conseguenze politiche, allora l’emendamento ha già colto nel segno.In definitiva, sembra essere di scarsa immediata utilità il fatto che la Repubblica Italiana sia dichiarata proprietaria di un bene di cui non può disporre e su cui un terzo soggetto, peraltro indipendente come Bankitalia, ha ampio potere di disposizione nell’ambito dei suoi obiettivi di politica monetaria e di stabilità del sistema finanziario. A meno che questo non sia un passo essenziale e propedeutico alla disgregazione dell’unione monetaria. Un’ipotesi politicamente ardita ma che tecnicamente vede proprio nelle disponibilità delle riserve auree un importante tassello.
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
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