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2022-09-27
La maledizione di Silvio colpisce ancora chi lo lascia. Lui cerca una poltrona vip
Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini (Ansa)
Per la settecentesima volta dalla sua discesa in campo è stato dato politicamente per morto, e per la settecentesima volta invece è vivo e lotta insieme a noi: Silvio Berlusconi torna in Senato, nove anni dopo la decadenza votata dalla sinistra per la legge Severino, e può, anzi deve essere inserito tra i vincitori delle elezioni politiche 2022. Quell’8% conquistato dopo la scissione della pattuglia ministeriale guidata da Mara Carfagna e Mariastella Gelmini ha il sapore dolce della ennesima rivincita di un uomo che, come accaduto molto, troppo spesso, gli osservatori politici prendono in giro, mentre è lui che prende in giro tutti.
È sbarcato su Tiktok e ha subito sbancato il social dei giovani tra barzellette e mosche schiacciate in diretta, ha dichiarato di voler sorpassare la Lega e per poco non ci è riuscito, sarà determinante per la tenuta della maggioranza, è riuscito a far rieleggere alla Camera la (quasi) moglie, Marta Fascina, nel collegio uninominale di Marsala, in Sicilia, ma soprattutto ha dimostrato che la maledizione di Gianfranco Fini, ovvero di chi lascia Silvio, è una scienza esatta: il sedicente terzo polo è dietro Forza Italia, contro tutti i pronostici della vigilia, e c’è da giurare che il suo ritorno a Palazzo Madama sarà l’evento più fotografato e commentato del giorno dell’insediamento del nuovo Parlamento.
«Forza Italia», scrive Silvione su Instagram, «si conferma decisiva per il successo del centrodestra e determinante per la formazione del prossimo governo. Ancora una volta, ho messo il mio impegno al servizio dell’Italia, del Paese che amo. Vi ringrazio per la fiducia». «L’Italia, il Paese che amo», ed è subito 1994, discesa in campo, primo trionfo. «Il risultato della nostra coalizione», aggiunge Berlusconi, «premia la coerenza e la credibilità di un’alleanza vera, che sono orgoglioso di avere fondato 28 anni fa e alla quale gli italiani hanno di nuovo affidato la responsabilità di governo del Paese. Faccio i miei complimenti a Giorgia Meloni per l’eccellente risultato», sottolinea il Cav, «e ringrazio Matteo Salvini per il suo impegno come sempre generoso e leale in campagna elettorale. Un buon rapporto con i nostri storici alleati degli Stati Uniti e dei maggiori paesi dell’Unione Europea», argomenta il Cav, «è essenziale. Allo stesso modo, ci consideriamo impegnati dagli elettori a far valere nel centrodestra di governo i principi liberali, cristiani, garantisti che sono alla base del nostro impegno politico».
Sprizza soddisfazione da tutti i pori la senatrice Licia Ronzulli, che insieme ad Antonio Tajani ha guidato il partito in campagna elettorale, ovviamente sempre un passo indietro rispetto al Cav: «Il leone ha ruggito ancora!!», scrive Licia sui social, postando una foto che la ritrae insieme alla Fascina, ad altri parlamentari azzurri, e naturalmente a Berlusconi, raggiante con il pollice all’insù.
Il centro del centrodestra è in piena salute, e arrivano i complimenti dal Partito popolare europeo: «Siamo fiduciosi», twitta il Ppe, «che Forza Italia guiderà il prossimo governo in un percorso al servizio dei migliori interessi del popolo italiano come parte di un’Europa forte e stabile. L’Italia è un’ancora per l’Europa e il nostro partito una bussola per i valori europeisti». Leggi Ppe e pensi a Tajani, ex presidente del Parlamento europeo, eletto alla Camera, il cui curriculum somiglia molto a quello di un prossimo ministro degli Esteri: «Per la prima volta», scrive Tajani sui social, «sarà un privilegio servire l’Italia qui da Montecitorio. Ringrazio Silvio Berlusconi, tutti i militanti di Forza Italia che non si sono mai risparmiati in questa campagna elettorale».
È riuscita a essere rieletta, vincendo l’uninominale in Basilicata, Maria Elisabetta Alberti Casellati, veneta doc, eppure spedita nelle terre lucane a conquistarsi il seggio a causa dell’ostracismo nei suoi confronti di Anna Maria Bernini, bolognese, che si è fatta paracadutare in Veneto per fare un dispetto alla presidente del Senato: «L’Italia», ha commentato la Casellati, «ha scelto il centrodestra. È una vittoria straordinaria, con cui Forza Italia si conferma ancora una volta determinante. Un grazie speciale ai lucani che hanno creduto in me. La Basilicata», ha aggiunto la Casellati, «mi ha accolto con affetto e io non lo dimenticherò».
Il Sud ha premiato ancora una volta Forza Italia, e non a caso: Berlusconi ha sempre avuto un feeling particolare con il meridione, e in particolare con Napoli (la Fascina, tra l’altro, ricordiamolo sempre, è di Portici). Proprio in Campania Forza Italia raggiunge la percentuale più alta d’Italia dopo la Calabria, sfiorando l’11% nonostante la diaspora di tanti esponenti locali di primo piano verso Azione e Italia viva. Merito della capacità organizzativa del commissario regionale, l’europarlamentare Fulvio Martusciello, che esulta: «Un risultato straordinario, abbiamo ricostruito una comunità in poche settimane, abbiamo mobilitato militanti e dirigenti e siamo solo all’inizio».
Vince Schifani, boom di «Scateno»
Renato Schifani stravince in Sicilia confermando la tendenza positiva del centrodestra in tutto il Paese. Il vantaggio su Cateno De Luca è ampio, ma il fenomeno di «Scateno», come lo chiamano in Sicilia, è impressionante. Tanto che nella sua Messina ottiene sia il collegio della Camera sia quello del Senato. La sfida al terzo posto è un testa a testa fino alla fine con i candidati di Pd (Caterina Chinnici) e Movimento 5 stelle (Nuccio Di Paola) che si rincorrono a vicenda scartandosi di pochi voti.
I due partiti si erano presentati insieme con tanto di primarie per eleggere un candidato comune. Elezioni che avevano portato alla vittoria di Caterina Chinnici. Sembrava fosse andato tutto liscio, ma dopo la caduta del governo nazionale per mano dei grillini, i rapporti sono velocemente precipitati per portare a uno strappo finale voluto da Giuseppe Conte. Il Pd lo ha accusato di lasciare l’alleanza in Sicilia per un mero calcolo elettorale, ma il leader pentastellato si è difeso dicendo che le personalità proposte dai dem erano incandidabili. Il segretario regionale del Pd, Anthony Emanuele Barbagallo, in tutta risposta ha minacciato di arrivare alle carte bollate per il danno causato dallo strappo arrivato all’ultimo minuto.
Insomma, prima di questo voto in Sicilia si è consumato un vero e proprio psicodramma, una guerra dei Roses tra Pd e Movimento 5 stelle che ha portato a un suicidio di fatto. A favorirne il super candidato del centrodestra, Renato Schifani. Dopo lo scrutinio notturno per il Parlamento nazionale, le urne regionali siciliane sono state aperte ieri alle 14 e lo spoglio è andato avanti lentamente per tutto il pomeriggio, ma già dalle prime proiezioni il risultato del primo e del secondo posto, almeno, sono sembrati chiari, con Schifani che potrebbe superare il 40% dei voti.
Cateno De Luca è deluso per la sconfitta: «Io ho perso. Ma non credo che i siciliani abbiano vinto ...», ha scritto su Facebook annunciando una diretta Fb in serata da Piazza Matrice a Fiumedinisi. Il candidato alla presidenza di Sicilia Vera ha atteso i dati reali dello spoglio definendo «farlocchi» i dati degli exit poll.
Schifani invece celebra la vittoria: «Questo è un successo di tutto il centrodestra», commenta il neopresidente della Regione Sicilia in una conferenza stampa a Palermo. «Ci sarà una maggiorata abbastanza qualificata che rafforzerà l’azione di governo perché tutti i partiti avranno pari dignità», ha detto prima di «ringraziare Silvio Berlusconi» e aggiungere: «Amo la Sicilia, che non ho lasciato nemmeno quando ero presidente del Senato. Chiedo ai siciliani di avere un pizzico di pazienza, ma non accetterò mediazioni al ribasso. Abbraccio l’impegno senza se e senza ma».
Quanto ai singoli partiti, le proiezioni attribuiscono a Fratelli d’Italia il 15,8%, al Movimento 5 stelle il 15,4%, e a Sud chiama Nord il 15%. L’affluenza in Sicilia si conferma bassa come in tutto il Sud Italia: ha votato il 48,6% degli aventi diritto. Alle precedenti regionali nel 2017 aveva votato il 46,7%: in quell’occasione però le elezioni non erano appaiate alle politiche.
Con il presidente si rinnova l’intero Parlamento (così si chiama l’assemblea regionale siciliana): si tratta di 70 deputati, 62 eletti con metodo proporzionale con annessa soglia di sbarramento al 5%, sei assegnati al listino del candidato presidente vittorioso, uno al presidente stesso e uno al candidato governatore arrivato secondo nelle preferenze.
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Per Gelmini, Carfagna e Brunetta lo stesso destino toccato a Fini: cancellati. Invece il Cav torna a Palazzo Madama dopo l’estromissione del 2013. Conferme per tutti i big.Schifani conquista la Regione Sicilia, la Chinnici (Pd) solo terza. Cateno De Luca si consola con due seggi in Parlamento per il suo partito personale.Lo speciale contiene due articoli.Per la settecentesima volta dalla sua discesa in campo è stato dato politicamente per morto, e per la settecentesima volta invece è vivo e lotta insieme a noi: Silvio Berlusconi torna in Senato, nove anni dopo la decadenza votata dalla sinistra per la legge Severino, e può, anzi deve essere inserito tra i vincitori delle elezioni politiche 2022. Quell’8% conquistato dopo la scissione della pattuglia ministeriale guidata da Mara Carfagna e Mariastella Gelmini ha il sapore dolce della ennesima rivincita di un uomo che, come accaduto molto, troppo spesso, gli osservatori politici prendono in giro, mentre è lui che prende in giro tutti. È sbarcato su Tiktok e ha subito sbancato il social dei giovani tra barzellette e mosche schiacciate in diretta, ha dichiarato di voler sorpassare la Lega e per poco non ci è riuscito, sarà determinante per la tenuta della maggioranza, è riuscito a far rieleggere alla Camera la (quasi) moglie, Marta Fascina, nel collegio uninominale di Marsala, in Sicilia, ma soprattutto ha dimostrato che la maledizione di Gianfranco Fini, ovvero di chi lascia Silvio, è una scienza esatta: il sedicente terzo polo è dietro Forza Italia, contro tutti i pronostici della vigilia, e c’è da giurare che il suo ritorno a Palazzo Madama sarà l’evento più fotografato e commentato del giorno dell’insediamento del nuovo Parlamento. «Forza Italia», scrive Silvione su Instagram, «si conferma decisiva per il successo del centrodestra e determinante per la formazione del prossimo governo. Ancora una volta, ho messo il mio impegno al servizio dell’Italia, del Paese che amo. Vi ringrazio per la fiducia». «L’Italia, il Paese che amo», ed è subito 1994, discesa in campo, primo trionfo. «Il risultato della nostra coalizione», aggiunge Berlusconi, «premia la coerenza e la credibilità di un’alleanza vera, che sono orgoglioso di avere fondato 28 anni fa e alla quale gli italiani hanno di nuovo affidato la responsabilità di governo del Paese. Faccio i miei complimenti a Giorgia Meloni per l’eccellente risultato», sottolinea il Cav, «e ringrazio Matteo Salvini per il suo impegno come sempre generoso e leale in campagna elettorale. Un buon rapporto con i nostri storici alleati degli Stati Uniti e dei maggiori paesi dell’Unione Europea», argomenta il Cav, «è essenziale. Allo stesso modo, ci consideriamo impegnati dagli elettori a far valere nel centrodestra di governo i principi liberali, cristiani, garantisti che sono alla base del nostro impegno politico». Sprizza soddisfazione da tutti i pori la senatrice Licia Ronzulli, che insieme ad Antonio Tajani ha guidato il partito in campagna elettorale, ovviamente sempre un passo indietro rispetto al Cav: «Il leone ha ruggito ancora!!», scrive Licia sui social, postando una foto che la ritrae insieme alla Fascina, ad altri parlamentari azzurri, e naturalmente a Berlusconi, raggiante con il pollice all’insù. Il centro del centrodestra è in piena salute, e arrivano i complimenti dal Partito popolare europeo: «Siamo fiduciosi», twitta il Ppe, «che Forza Italia guiderà il prossimo governo in un percorso al servizio dei migliori interessi del popolo italiano come parte di un’Europa forte e stabile. L’Italia è un’ancora per l’Europa e il nostro partito una bussola per i valori europeisti». Leggi Ppe e pensi a Tajani, ex presidente del Parlamento europeo, eletto alla Camera, il cui curriculum somiglia molto a quello di un prossimo ministro degli Esteri: «Per la prima volta», scrive Tajani sui social, «sarà un privilegio servire l’Italia qui da Montecitorio. Ringrazio Silvio Berlusconi, tutti i militanti di Forza Italia che non si sono mai risparmiati in questa campagna elettorale». È riuscita a essere rieletta, vincendo l’uninominale in Basilicata, Maria Elisabetta Alberti Casellati, veneta doc, eppure spedita nelle terre lucane a conquistarsi il seggio a causa dell’ostracismo nei suoi confronti di Anna Maria Bernini, bolognese, che si è fatta paracadutare in Veneto per fare un dispetto alla presidente del Senato: «L’Italia», ha commentato la Casellati, «ha scelto il centrodestra. È una vittoria straordinaria, con cui Forza Italia si conferma ancora una volta determinante. Un grazie speciale ai lucani che hanno creduto in me. La Basilicata», ha aggiunto la Casellati, «mi ha accolto con affetto e io non lo dimenticherò». Il Sud ha premiato ancora una volta Forza Italia, e non a caso: Berlusconi ha sempre avuto un feeling particolare con il meridione, e in particolare con Napoli (la Fascina, tra l’altro, ricordiamolo sempre, è di Portici). Proprio in Campania Forza Italia raggiunge la percentuale più alta d’Italia dopo la Calabria, sfiorando l’11% nonostante la diaspora di tanti esponenti locali di primo piano verso Azione e Italia viva. Merito della capacità organizzativa del commissario regionale, l’europarlamentare Fulvio Martusciello, che esulta: «Un risultato straordinario, abbiamo ricostruito una comunità in poche settimane, abbiamo mobilitato militanti e dirigenti e siamo solo all’inizio». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-maledizione-di-silvio-colpisce-ancora-chi-lo-lascia-lui-cerca-una-poltrona-vip-2658345024.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="vince-schifani-boom-di-scateno" data-post-id="2658345024" data-published-at="1664273460" data-use-pagination="False"> Vince Schifani, boom di «Scateno» Renato Schifani stravince in Sicilia confermando la tendenza positiva del centrodestra in tutto il Paese. Il vantaggio su Cateno De Luca è ampio, ma il fenomeno di «Scateno», come lo chiamano in Sicilia, è impressionante. Tanto che nella sua Messina ottiene sia il collegio della Camera sia quello del Senato. La sfida al terzo posto è un testa a testa fino alla fine con i candidati di Pd (Caterina Chinnici) e Movimento 5 stelle (Nuccio Di Paola) che si rincorrono a vicenda scartandosi di pochi voti. I due partiti si erano presentati insieme con tanto di primarie per eleggere un candidato comune. Elezioni che avevano portato alla vittoria di Caterina Chinnici. Sembrava fosse andato tutto liscio, ma dopo la caduta del governo nazionale per mano dei grillini, i rapporti sono velocemente precipitati per portare a uno strappo finale voluto da Giuseppe Conte. Il Pd lo ha accusato di lasciare l’alleanza in Sicilia per un mero calcolo elettorale, ma il leader pentastellato si è difeso dicendo che le personalità proposte dai dem erano incandidabili. Il segretario regionale del Pd, Anthony Emanuele Barbagallo, in tutta risposta ha minacciato di arrivare alle carte bollate per il danno causato dallo strappo arrivato all’ultimo minuto. Insomma, prima di questo voto in Sicilia si è consumato un vero e proprio psicodramma, una guerra dei Roses tra Pd e Movimento 5 stelle che ha portato a un suicidio di fatto. A favorirne il super candidato del centrodestra, Renato Schifani. Dopo lo scrutinio notturno per il Parlamento nazionale, le urne regionali siciliane sono state aperte ieri alle 14 e lo spoglio è andato avanti lentamente per tutto il pomeriggio, ma già dalle prime proiezioni il risultato del primo e del secondo posto, almeno, sono sembrati chiari, con Schifani che potrebbe superare il 40% dei voti. Cateno De Luca è deluso per la sconfitta: «Io ho perso. Ma non credo che i siciliani abbiano vinto ...», ha scritto su Facebook annunciando una diretta Fb in serata da Piazza Matrice a Fiumedinisi. Il candidato alla presidenza di Sicilia Vera ha atteso i dati reali dello spoglio definendo «farlocchi» i dati degli exit poll. Schifani invece celebra la vittoria: «Questo è un successo di tutto il centrodestra», commenta il neopresidente della Regione Sicilia in una conferenza stampa a Palermo. «Ci sarà una maggiorata abbastanza qualificata che rafforzerà l’azione di governo perché tutti i partiti avranno pari dignità», ha detto prima di «ringraziare Silvio Berlusconi» e aggiungere: «Amo la Sicilia, che non ho lasciato nemmeno quando ero presidente del Senato. Chiedo ai siciliani di avere un pizzico di pazienza, ma non accetterò mediazioni al ribasso. Abbraccio l’impegno senza se e senza ma». Quanto ai singoli partiti, le proiezioni attribuiscono a Fratelli d’Italia il 15,8%, al Movimento 5 stelle il 15,4%, e a Sud chiama Nord il 15%. L’affluenza in Sicilia si conferma bassa come in tutto il Sud Italia: ha votato il 48,6% degli aventi diritto. Alle precedenti regionali nel 2017 aveva votato il 46,7%: in quell’occasione però le elezioni non erano appaiate alle politiche. Con il presidente si rinnova l’intero Parlamento (così si chiama l’assemblea regionale siciliana): si tratta di 70 deputati, 62 eletti con metodo proporzionale con annessa soglia di sbarramento al 5%, sei assegnati al listino del candidato presidente vittorioso, uno al presidente stesso e uno al candidato governatore arrivato secondo nelle preferenze.
MR. BRAINWASH, Banksy thrower, opera unica su carta, 2022
Contrariamente a quanto si possa pensare, la street art, così straordinariamente attuale e rivoluzionaria, affonda le sue radici negli albori della storia: si può dire che parta dalle incisioni rupestri (i graffiti primitivi sono temi ricorrenti in molti street artist contemporanei) e millenni dopo, passando per le pitture murali medievali, i murales politici del dopoguerra e il « muralismo » messicano di Diego Rivera, José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros, approdi nella New York ( o meglio, nel suo sottosuolo…) di fine anni ’60, dove tag, firme e strani simboli si moltiplicano sui treni e sui muri delle metropolitane, espressione di quella nuova forma d’arte che prende il nome di writing, quell’arte urbana che è la «parente più prossima » della street art, meno simbolica e più figurativa.
E quando si parla di street art, il primo nome che viene in mente è in assoluto quello di Banksy, la figura più enigmatica della scena artistica contemporanea, che ha fatto del mistero la sua cifra espressiva. Banksy è «l‘ artista che non c’è » ma che lascia ovunque il segno del suo passaggio, con una comunicazione che si muove con intelligenza tra arte e media: i suoi profili social sono il primo canale di diffusione e le sue opere, spesso realizzate con stencil (una maschera normografica su cui viene applicata una vernice, così da ottenere un'immagine sullo spazio retrostante), sono interventi rapidi nello spazio urbano, capaci di coniugare arte e messaggio politico. Quella di Bansky è un’arte clandestina, quasi abusiva, fulminea, che compare dal nulla un po’ovunque, in primis sui grandi scenari di guerra, dal muro che divide Israele e Palestina ai palazzi bombardati in Ucraina. Le sue immagini, dall’iconica Balloon Girl (la ragazzina con un palloncino rosso a forma di cuore) ai soldati che disegnano il segno della pace, dai bambini con maschere antigas, alle ragazzine che abbracciano armi da guerra, sono ironiche e dissacranti, a volte disturbanti, ma lanciano sempre messaggi politici e chiare invettive contro i potenti del mondo.
Ed è proprio il misterioso artista (forse) di Bristol il fulcro della mostra a Conegliano, curata da Daniel Buso e organizzata da ARTIKA in collaborazione con Deodato Arte e la suggestiva cittadina veneta.
La Mostra, Keith Haring e Obey
Ricca di 80 opere, con focus sulla figura di Bansky ( particolarmente significativa la sua Kids on Guns, un'opera del 2013 che rappresenta due bambini stilizzati in cima a una montagna di armi, simbolo della lotta contro la violenza), la mostra si articola attorno a quattro grandi temi - ribellione, pacifismo, consumismo e critica al sistema – ed ospita, oltre all’enigmatico artista britannico, altri due guru della street art: Keith Haring e Shepard Fairey, in arte Obey.
Convinto che «l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare» Haring (morto prematuramente nel 1990, a soli 32 anni, stroncato dall’AIDS) ha creato un nuovo linguaggio comunicativo caratterizzato da tematiche legate alla politica e alla società, facendo degli omini stilizzati e del segno grafico nero i suoi tratti distintivi; Fairey, in arte Obey, attualmente uno degli street artist più importanti ( e discussi) al mondo, si è fin da subito reso conto di come la società in cui è nato e cresciuto lo abbia condotto all’obbedienza senza che lui se ne rendesse conto: da qui la scelta di chiamarsi Obey , che significa obbedire.
Bansky, Haring , Obey, praticamente la storia della street art racchiusa in una mostra che non è solo un'esposizione di opere d'arte, ma anche un'occasione per riflettere sulle contraddizioni di questo oramai popolarissimo movimento artistico e sul suo ruolo nella società contemporanea. Alla domanda se un’arte nata per contestare il sistema possa oggi essere esposta nei musei, venduta all’asta e diventare oggetto di mercato, non vengono offerte risposte, ma contributi per stimolare una riflessione personale in ogni visitatore. Perché, in fondo, anche questa è la forza della Street Art: porre questioni più che dare certezze...
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Da sx in alto: americani della 92ª Divisione, alpini della Divisione «Monterosa», paracadutisti tedeschi e la frazione di Sommocolonia oggi. Garfagnana, 26 dicembre 1944
La battaglia della Garfagnana, nota come Operazione «Wintergewitter» (tempesta invernale) fu l’ultima controffensiva delle forze dell’Asse sul fronte italiano. Iniziò la notte tra Natale e Santo Stefano del 1944 per terminare tre giorni più tardi. L’obiettivo, pur presentando scarse se non nulle possibilità di raggiungerlo, era quello di arrestare l’avanzata alleata lungo il fronte della linea Gotica allora in stallo per l’inverno rallentando l’avanzata degli angloamericani che puntavano verso Bologna e la Pianura Padana. Il teatro delle operazioni fu la valle del Serchio nella Garfagnana, in provincia di Lucca, dove gli americani del 92° Infantry Regiment, i famosi «Buffalo Soldiers» a maggioranza afroamericana, si erano acquartierati nei giorni precedenti al Natale, ritenendo le ostilità in pausa. L’effetto sorpresa era proprio il punto cardine dell’operazione pianificata dal comando tedesco guidato dal generale Otto Fretter-Pico. Le forze dell’Asse consistevano sostanzialmente di reparti da montagna, i «Gebirgsjaeger» tedeschi e gli alpini italiani della Divisione «Monterosa», uno dei primi reparti addestrati in Germania dopo la nascita della Repubblica Sociale. L’attacco fu fissato per la mezzanotte, tra il 25 e il 26 dicembre e procedette speditamente. I reparti speciali tedeschi e gli alpini iniziarono una manovra di accerchiamento da Montebono per Bobbio, Tiglio e Pian di Coreglia, mentre un reparto leggero prendeva in poche ore Sommocolonia. Contemporaneamente tutti i reparti si muovono, compreso un nucleo del Battaglione «San Marco», che in poco tempo occupava Molazzana. Entro la sera di Santo Stefano la linea dei Buffalo Soldiers era sfondata, mentre i reparti americani arretravano in massa. I prigionieri erano circa 250, mentre numerose armi e munizioni venivano requisite. Anche vettovaglie e generi di conforto cadevano nelle mani degli attaccanti.
Gli americani praticamente non reagirono, ma si spostarono in massa verso la linea difensiva di Bagni di Lucca. Per un breve tempo sembrò (soprattutto agli italiani, mentre i tedeschi sembravano paghi della riuscita sorpresa) che il fronte potesse cedere fino in Versilia e verso Livorno. L’ordine di Fretter-Pico di arrestare l’avanzata fu una doccia fredda. Le ragioni dell'arresto risiedevano principalmente nella difficoltà di mantenere le posizioni, la scarsità ormai cronica di uomini e munizioni (c’era solo l’artiglieria, nessun carro armato e soprattutto nessun supporto dall’Aviazione, praticamente sparita dai cieli del Nord Italia). Gli americani invece avevano il dominio assoluto del cielo, con i cacciabombardieri che potevano decollare dai vicini aeroporti della Toscana occupata, come quelli di Grosseto e Rosignano. Tra il 27 e il 30 dicembre 1944 i P-47 Thunderbolt dell’Usaf bombardarono a tappeto, mietendo vittime soprattutto tra la popolazione civile. La linea difensiva dell’Asse ritornò nei giorni successivi alle posizioni di partenza, mentre il fronte si assestava fino all’inizio del febbraio 1945 quando gli alleati lanciarono l’operazione «Fourth Term», che portò in pochi giorni alla conquista della Garfagnana. Durante l’operazione «Wintergewitter» lo scontro più violento si verificò nell’abitato di Sommocolonia dove la guarnigione americana perse quasi tutti gli uomini, compreso il proprio comandante tenente John R. Fox che, vistosi ormai circondato dai tedeschi, chiese all’artiglieria della 92ª di sparare sull’abitato nel tentativo disperato di rallentare l’attacco a sorpresa. Morì sotto le macerie della sua postazione e solamente nel 1997 fu insignito della medaglia d’onore.
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Lee Raybon avrebbe ambizioni da detective. Non da investigatore tout court. Piuttosto, vorrebbe essere un reporter, di quelli capaci - forti solo delle proprie risorse - di portare a termine indagini e inchieste, di dar forma alle notizie prima ancora che queste vengano diffuse dalle autorità competenti.
L'ambizione, tuttavia, è rimasta tale, nel corso di un'esistenza che ha costretto Raybon a ripiegare su altro per il mero sostentamento. Si è reinventato libraio, Lee Raybon, gestendo di giorno un negozio di libri rari. La notte, però, ha continuato a seguire il cuore, dando spazio alle sue indagini scalcagnate. Qualcuna è riuscito a trasformarla in articolo di giornale, venendola alle pagine di cronaca locale di Tulsa, città che ospita il racconto. E sono i pezzi ritagliati, insieme ai libri ormai giallognoli, ad affollare l'apportamento di Raybon, che la moglie ha mollato su due piedi, quando ben ha realizzato che non ci sarebbe stato spazio per altro nella vita di quell'uomo. Raybon, dunque, è rimasto solo. Non solo come il crime, per lo più, ha raccontato i suoi detective. Non è, cioè, una solitudine disperata, quella di Raybon. Non c'è tristezza né emarginazione. C'è passione, invece: quella per un mestiere cui anche la figlia dell'uomo sembra guardare con grande interesse.
Francis, benché quattordicenne, ha sviluppato per il secondo mestiere del padre una curiosità quasi morbosa, in nome della quale ha cominciato a seguirlo in ogni dove, partecipando lei pure alle indagini. Cosa, questa, che si ostina a fare anche quando la situazione diventa insolitamente complicata. Lee Raybon ha messo nel mirino i Washberg, una tra le famiglie più potenti di Tulsa. Ma uno di loro, Dale, si è tolto la vita, quando l'articolo di Raybon sulle faccende losche della dinastia è stato pubblicato su carta. Perché, però? Quali segreti nascondo i Washberg? Le domande muovono la nuova indagine di Raybon, la sostanziano. E, attorno alla ricerca di risposte, si dipana The Lowdon, riuscendo a bilanciare l'irrequietezza del suo protagonista, il suo cinismo, con il racconto di una dinamica familiare di solito estranea al genere crime.
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Secondo i calcoli di Facile.it, il 2025 si chiuderà con un calo di circa 50 euro per la rata mensile di un mutuo variabile standard, scesa da 666 euro di inizio anno a circa 617 euro. Un movimento coerente con il progressivo rientro delle componenti di costo indicizzate (Euribor) e con l’aspettativa di stabilizzazione di breve periodo.
Sul versante dei mutui a tasso fisso, il 2025 è stato invece caratterizzato da un lieve aumento dei costi per i nuovi mutuatari, in larga parte legato alla risalita dell’indice IRS (il riferimento tipico per i fissi). A gennaio 2025 l’IRS a 25 anni è stato in media pari a 2,4%; nell’ultimo mese è arrivato al 3,1%. L’effetto, almeno parziale, si è trasferito sulle nuove offerte: per un finanziamento standard la rata risulta oggi più alta di circa 40 euro rispetto a inizio anno.
«Il 2025 è stato un anno positivo sul fronte dei tassi dei mutui: i variabili sono scesi a seguito dei tagli della Bce, mentre i fissi, seppur in lieve aumento, offrono comunque buone condizioni per chi vuole tutelarsi da possibili futuri aumenti di rata. Oggi, quindi, l’aspirante mutuatario può godere di un’ampia offerta di soluzioni: scegliere il tasso variabile significa partire con una rata più contenuta, ma il vantaggio economico iniziale può essere ritenuto da molti ancora non sufficiente per giustificare il rischio connesso a questo tipo di finanziamento. Per chi non è disposto a rischiare, invece, i fissi garantiscono comunque condizioni favorevoli, oltre alla certezza che la rata resti uguale per tutte la durata del mutuo. Non esiste in assoluto una soluzione giusta o sbagliata, la scelta va presa da ciascun richiedente secondo le proprie caratteristiche; un consulente esperto può essere d’aiuto per valutare pregi e difetti di ciascuna proposta e identificare quella più adatta», spiegano gli esperti di Facile.it
Guardando in avanti, un’indicazione operativa sui variabili arriva dai Futures sugli Euribor (aggiornati al 10 dicembre 2025): per il 2026 non vengono prezzate grandi variazioni. L’Euribor a 3 mesi, oggi sotto il 2,1%, è atteso su livelli simili anche nel prossimo anno.
«In questo momento il mercato non prevede ulteriori tagli da parte della BCE nel 2026 e al netto di qualche piccola oscillazione al rialzo verso fine anno, nei prossimi 12 mesi le rate dovrebbero rimanere tendenzialmente stabili», continuano gli esperti di Facile.it
Lo snodo resta l’inflazione: se dovesse tornare ad accelerare, non si potrebbero escludere nuove mosse restrittive della Bce, con un impatto immediato sugli indici e quindi sulle rate dei variabili. Più difficile, invece, «leggere» i fissi: finché i rendimenti dei titoli europei resteranno in salita, è complicato immaginare una traiettoria diversa per gli Irs e, a cascata, per i mutui collegati.
Per chi deve scegliere adesso, lo scenario è nettamente diverso rispetto a inizio anno. Nel 2025, il tasso variabile è tornato mediamente più conveniente. Secondo l’analisi** di Facile.it sulle migliori offerte online, per un mutuo da 126.000 euro in 25 anni (LTV 70%) i variabili partono da un TAN del 2,54%, con rata di 554,5 euro. A parità di profilo, i fissi partono da un TAN del 3,10%, con rata di 604 euro: circa 50 euro in più al mese.
«Scegliere oggi un tasso variabile significa partire con una rata più contenuta, ma il vantaggio economico iniziale può essere ritenuto da molti ancora non sufficiente per giustificare il rischio connesso a questo tipo di finanziamento. Per chi non è disposto a rischiare, invece, i fissi garantiscono comunque condizioni favorevoli, oltre alla certezza che la rata resti uguale per tutte la durata del mutuo. Non esiste in assoluto una soluzione giusta o sbagliata, la scelta va presa da ciascun richiedente secondo le proprie caratteristiche; un consulente esperto può essere d’aiuto per valutare pregi e difetti di ciascuna proposta e identificare quella più adatta», concludono gli esperti di Facile.it.
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