2022-03-27
La lite con il prete e pochi amici presenti. L’addio a Céline pare tratto da un suo libro
Particolare della tomba di Louis-Ferdinand Céline e di Lucette Destouches nel cimitero di Meudon (Wikipedia)
Sono tre i volumi in uscita dedicati al grande scrittore francese. Vi scopriamo anche lo scenario tragicomico del suo funerale.Céline non muore mai. Lo abbiamo visto la scorsa estate, quando sulle prime pagine di tutti i giornali è finita una strana storia, già di suo molto céliniana, che parlava di manoscritti rubati da partigiani, un mercanteggiare di anni, fogli dattiloscritti trafugati e gelosamente conservati pur di non arricchire una vedova colpevole di delinquenza ideologica per interposto marito defunto. Guerre, il primo inedito tratto da questi manoscritti, dovrebbe essere pubblicato il 5 maggio 2022 nella collezione Blanche dell’editore francese Gallimard. Si tratterebbe del secondo capitolo di un trittico, il cui primo tassello era Morte a credito e il terzo dovrebbe essere un altro inedito di prossima pubblicazione, Londre. La tiratura dovrebbe essere di 80.000 esemplari. E se il caso letterario del 2022 sarà ancora un suo libro, è proprio il caso di dire che Céline non muore mai. Anche perché quando morì non se ne accorse nessuno. Era il 1° luglio 1961, una giornata di caldo torrido, e nessuno ne parlò, anche perché fece molto più rumore la fucilata che a poche ore di distanza si sparò Ernst Hemingway. Il 29 giugno Céline aveva terminato Rigodon. Due giorni dopo venne colpito da aneurisma e morì per la successiva emorragia cerebrale. Venne sepolto non a Père-Lachaise, il cimitero degli artisti, come aveva richiesto più per dar fastidio che per brama di pubblici onori, ma al cimitero di Meudon. Alle esequie ci sono quattro gatti, più un gatto vero e proprio che gironzola intorno alla tomba: Roger Nimier, Claude Gallimard, l’attrice in odore di collaborazionismo Arletty, e ovviamente la vedova Lucette. Per Dominque De Roux, «Céline fu ucciso dai suoi colleghi scrittori; da questa consorteria di gentucola unita (in ogni epoca) per autocompiacersi del proprio talento e scacciare l’uomo libero, lo scrittore senza compromessi, colui che finisce in cella, in fin dei conti, per il suo rifiuto di appartenere a chicchessia».Il fenomenale La morte di Céline, scritto nel 1966 da De Roux, viene ora ripubblicato per i tipi di Passaggio al bosco, in contemporanea con altre due uscite céliniane: Un profeta dell’Apocalisse. Scritti, interviste, lettere e testimonianze, a cura di Andrea Lombardi e con prefazione di Stenio Solinas, e «Sono io l’ultimo francese!», curato sempre da Lombardi (entrambi i volumi sono editi da Bietti). La mole di testi di e sullo scrittore maledetto francese raccolta nei due saggi è impressionante. In «Sono io l’ultimo francese!» troviamo vere e proprie chicche, come per esempio l’opinione politicamente scorretta di Michel Houellebecq, che ha dichiarato: «Ho apprezzato Viaggio al termine della notte, e penso che poi sia diventato sempre più formalistico. Si guardava scrivere. E alla fine, era solo vuoto formalismo. Mi spiace... L’altra cosa sgradevole da dire su Céline è che i suoi pamphlet antisemiti non sono affatto male. Per me, era più dotato nei pamphlet che nei romanzi. Ciò detto, penso che globalmente ci sia del buono nella sua opera, e sono contento che i danesi abbiano impedito che venisse ammazzato nel 1945». Davvero singolare è anche il fatto che su Céline si sia espresso persino Didier Raoult, l’infettivologo e professore di microbiologia francese divenuto una celebrità in Francia per le sue opinioni eretiche sul Covid: «Non si possono giudicare gli umani», ha scritto il virologo, «solo da un aspetto. Vedete, lo scrittore più geniale al mondo, Céline, era un antisemita. Personalmente, me ne frego alla grande. Eppure mia moglie è ebrea, e anche i miei figli lo sono. Ma non smetterò di leggere uno dei tizi della letteratura più geniali della storia dell’umanità solo perché è antisemita».Anche Un profeta dell’apocalisse è pieno di pietre preziose. Vi troviamo le testimonianze di Georges Geoffroy, compagno di scorribande di un giovane Louis Destouches a Londra nel 1915, di Karl Epting, dell’Istituto di cultura tedesco nella Parigi dell’Occupazione, del colonnello Ss Hermann Bickler, di Robert Brasillach, dell’affascinante libertina Maud de Belleroche… E ancora, i commenti e i giudizi su Céline usciti dalla penna di Drieu la Rochelle, Benito Mussolini, Kurt Vonnegut, Charles Bukowski e Gilles Deleuze.Un testo da citare fra le innumerevoli chicche del libro? Il racconto del funerale di Céline fatto da un altro reprobo della letteratura francese, Lucien Rebatet, l’autore de I due stendardi. C’è Céline che si stende e dice: «Sto per morire». Al che la moglie Lucette non si scompone: «Lo dici sempre». Apparentemente una scena alla Casa Vianello. Venti minuti dopo era morto. Le esequie furono organizzate in gran segreto, presenti pochissimi amici. Racconta Rebatet: «Lucette avrebbe voluto una messa (Céline se ne fregava, avrebbe voluto la fossa comune), ma il curato di Bas-Meudon si era rifiutato. Aveva rifiutato persino di inviare una religiosa per l’ultima vestizione. Siamo andati allora direttamente al cimitero di Vieux-Meudon. Proprio in quell’istante, si è messa a cadere una pioggerella sottile, come per un’illustrazione di Morte a credito. Fu veramente stupefacente, ed eravamo appena usciti dal cimitero che il sole riapparve su questa banlieue eteroclita. Tutti noi avevamo giudicato come se fosse perfettamente nell’ordine delle cose di questi tempi che il più grande scrittore francese d’oggi fosse seppellito così, clandestinamente, da un pugno di amici, molto più miseramente che una lavascale».
Marta Cartabia (Imagoeconomica)