
Un attentato a Bengasi e scontri a Tripoli tra il governo e le milizie di Misurata regalano alla Francia un ruolo da mediatore. I nostri accordi con le tribù non valgono più nulla e il rischio è una nuova ondata di immigrati. Sabato l'antipasto: 1.500 sbarcati.«La situazione di sicurezza nella capitale è sotto controllo», ha scritto ieri pomeriggio il premier libico Fayez Al Sarraj, confermando la teoria secondo la quale chi comanda per davvero non ha bisogno di dirlo. Tanto meno di scriverlo sui social. Tripoli infatti è stata sotto attacco per diverse ore e numerosi edifici pubblici sono finiti sotto il controllo delle milizie di Misurata legate alla brigata Halbous, dopo alcune settimane di tregua. D'altronde la situazione si è scaldata ovunque in Libia dopo il ritorno in patria del generale Khalifa Haftar, sparito per due settimane dopo un ricovero per motivi di salute a Parigi. Il leader di Tobruk e Bengasi nell'ultimo mese ha incontrato Sarraj e soprattutto ha riconquistato Derna, città a una cinquantina di chilometri da Bengasi controllata da uomini vicini all'Isis. Certamente l'attivismo di Haftar ha scosso i ribelli filo Isis che hanno piazzato una tremenda auto bomba nel centro di Bengasi (uccidendo sette persone e ferendone gravemente 22) e pure le milizie di Misurata che ieri si sono attivate pesantemente contro il governo riconosciuto dall'Italia. D'altronde, ad aver capito profondamente che la pentola libica è in ebollizione è Emmanuel Macron. Il presidente francese ha convocato una conferenza allargata per il 29 maggio a Parigi, mentre gli strateghi dell'Eliseo hanno già preparato una bozza di accordo che il capo di Stato punta a far firmare alle figure di spicco della vita politica della Libia e ai principali attori internazionali che hanno finora avuto, a vario titolo, un ruolo nel processo di normalizzazione del Paese nordafricano. La Francia sta cercando di blindare i tre pilastri del potere al fine di mantenere attivi gli scontri ma di imporsi come unico referente, quello in grado di dirimere le dispute più delicate. Ovvero quelle riguardanti i flussi di energia e quelli di immigrati. Al contrario, l'Italia in questo momento non ha un governo e non ha in alcun modo reso trasparente la strategia. Il rischio è che le milizie o gli uomini della Guardia costiera che in passato hanno ricevuto fondi dal nostro Paese si riposizionino inondandoci di nuovo di barconi alla deriva. L'antipasto è già stato servito: ieri sono arrivati 1.500 disperati sulle nostre coste. Anche per questo la disputa attorno all'eventuale ministro degli Esteri si gioca sui temi della crisi libica. Marco Minniti, ancora titolare del dicastero degli Interni, avrebbe messo il veto su Giampiero Massolo proprio per le divergenze avute in passato, quando il presidente di Fincantieri era candidato per prendere il posto di presidente del Dis, il dipartimento per le informazioni e la sicurezza poi finito ad Alessandro Pansa. Leggi Massolo, già pronto per gli Esteri, inciampa sul veto di Minniti, l'articolo di Alessandro Da RoldLo spazio vitale del nostro Paese non è solo minacciato dagli errori passati (del governo) e dall'espansione francese, ma anche dalle recenti mosse cinesi. Lo scorso febbraio il presidente dell'alto Consiglio di Stato, Abdulrahman Al Suwaheli, ha ricevuto a Tripoli l'ambasciatore cinese Li Zigu. Al centro delle discussioni gli sviluppi della scena politica, ma soprattutto gli aspetti commerciali e la cooperazione congiunta tra i due Paesi. La Cina avrebbe anche preso accordi con il governo di Tobruk per investimenti da decine di milioni nel settore edile e sanitario. A marzo e aprile è seguito un lungo via vai di ambasciatori tra Tripoli e Tobruk tra i quali spicca quello britannico, Frank Baker. Segno che entro fine estate il panorama in Libia sarà cambiato. Per noi il rischio è di osservare l'ex Paese di Mu'ammar Gheddafi solo con il cannocchiale.
Darmanin (Giustizia): «Abbiamo fallito». Rachida Dati (Cultura) parla di pista straniera. Le Pen all’attacco: «Paese ferito nell’anima».
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Lo si trova nei semi oleosi e nelle noci, così come in salmone, tonno e acciughe. Però oggi molti tendono ad assumerne quantità eccessive.
Paolo Violini (Youtube)
Il nuovo direttore del laboratorio. Restauro dipinti e materiali lignei del Vaticano: «Opereremo sul “Giudizio universale” e sulla Loggia del Sanzio nel cortile di San Damaso. Quest’ultimo intervento durerà cinque anni».
Ansa
Il dossier del nucleare iraniano sta tornando al centro dell’attenzione. Sabato, Teheran ha dichiarato decadute tutte le restrizioni previste dall’accordo sull’energia atomica, che era stato firmato nel 2015.