
Dopo vent'anni di ricerche, la sociologa (progressista) Eva Illouz ha pubblicato uno studio sulla situazione delle relazioni sentimentali in Occidente. Il quadro è disperante: sono sempre più fragili e noi siamo sempre meno capaci di sostenerle.Di questi tempi ci si preoccupa tanto, fin troppo, dell'odio e delle sue conseguenze. Eppure, ogni tanto, sarebbe bene spostare leggermente lo sguardo e interessarsi alla situazione di un altro sentimento: l'amore. Le cui condizioni, a quanto pare, non sono esattamente strepitose. Da qualche decennio a questa parte, infatti, si assiste a un singolare fenomeno: troppa libertà sta distruggendo l'amore. Almeno questa è - tagliando con l'accetta - la conclusione a cui è giunta Eva Illouz, docente all'Università ebraica di Gerusalemme, considerata la più autorevole studiosa delle relazioni sentimentali al mondo. Dopo vent'anni di ricerche ha prodotto un corposo volume intitolato La fine dell'amore. Sociologia delle relazioni negative, appena pubblicato anche in Italia da Codice edizioni.La Illouz non può certo considerarsi un'austera conservatrice o una bacchettona, e cerca in ogni modo di evitare moralismi: il suo libro, del resto, è uno studio sociologico, non un pamphlet. Ma proprio per questo motivo ciò che contiene risulta ancora più interessante.La Illouz prende le mosse da un discorso poco affrontato, e cioè la funzione politica che l'amore ha avuto nella cosiddetta civiltà occidentale. «La rivendicazione di autonomia emotiva contenuta nell'amore», spiega, «era un potente agente di cambiamento sociale, che alterava alle fondamenta il processo della formazione della coppia, la concezione del matrimonio e l'autorità dei tradizionali organismi sociali. […] Il diritto a scegliere l'oggetto del proprio amore divenne a poco a poco il diritto a fare dei propri sentimenti la propria fonte di autorità». La libertà di scegliere le proprie relazioni amorose e poi quelle sessuali ha modificato in profondità tutto il nostro tessuto sociale. A partire dal XVII secolo ha cominciato a delinearsi la «modernità emotiva», che poi si è compiuta dopo gli anni Sessanta con la «liberazione sessuale».Il punto, però, è che questa libertà, oggi, si è trasformata in anomia, in caos. «L'istituzione della libertà sessuale per mezzo della cultura del consumo e della tecnologia», scrive la Illouz, ha sortito l'effetto opposto a quello immaginato. «Ha sconvolto alle basi la certezza, l'ambito e l'obiettivo dei contratti sessuali ed emotivi, che ora sono a disposizione di tutti, incessantemente contesi». La sfera sessuale prima e quella emotiva poi si sono trasformate in un mercato in cui «regna la confusione, l'incertezza, per non dire il caos». Oggi in materia di sesso e amore ogni consumatore può (o deve) scegliere come fra gli scaffali di un supermercato. «La sessualità è diventata il regno delle tecniche psicologiche, della tecnologia e del libero mercato». La scelta delle relazioni permette a ciascuno di definire la propria identità sia in modo positivo sia in modo negativo. Cioè tramite «il rifiuto, l'evitamento, la sottrazione dagli impegni, dai legami e dalle relazioni in nome della libertà e della realizzazione di noi stessi». Oggi, insomma, la libertà è quella di non impegnarsi. Il sesso, dunque, è diventato una sorta di parco giochi, ma a quanto sembra gli occidentali riescono ancora a gestirlo in maniera decente, inventandosi varie definizioni per le diverse relazioni ludiche. Il problema vero riguarda i rapporti sentimentali, cioè l'amore. Ci sono venuti a mancare gli strumenti per interpretare e definire le relazioni. Contrattare fra adulti consenzienti un incontro sessuale è tutto sommato facile, ma venire a patti su un rapporto duraturo - ossessionati come siamo dall'affermazione di noi stessi - è un vero dramma.È facile capire che, se la volatilità e la precarietà delle relazioni non sono un grosso problema per quel che riguarda il sesso, lo sono molto di più per l'amore. E, soprattutto, per tutti i legami stabili su cui si è sempre fondata la società. La famiglia e il matrimonio sono ovviamente le istituzioni più colpite, e le devastanti conseguenze - ormai sotto gli occhi di tutti - sulla natalità non sono che il corollario di questo disfacimento progressivo dei rapporti stabili. Colpisce che a notarlo sia una studiosa di sinistra che fa proprie numerose istanze progressiste (comprese quelle Lgbt).Possiamo dire che la libertà amorosa ha subito lo stesso destino toccato ad altre libertà individuali. «Quella che potrebbe sembrare una liberazione progressiva dalla religione è stata in realtà l'effetto di potenti forze economiche e culturali che, in maniera lenta e invisibile, hanno trasformato il significato della sessualità», dice la Illouz. Il sesso si è trasformato in un'attività ricreativa, ben presto sottoposto alle leggi del libero scambio all'interno del mercato. Dopo la «rivoluzione sessuale», la sessualità è divenuta «il valore e la pratica culturale più importante, che gettava un ponte tra progetti autentici di liberazione e la commercializzazione della vita sociale. La liberazione divenne una nicchia di consumo e uno stile di consumo». Il mercato della sessualità è ormai il luogo in cui le identità individuali si definiscono, soprattutto in maniera negativa, e in cui uomini e donne sono di fatto concorrenti, sfidandosi come in un campo di battaglia.Alla fine dei conti, il monumentale lavoro della progressista Illouz conferma ciò che scrisse Gilbert Keith Chesterton: «Non si ripeterà mai abbastanza che ciò che distrusse la famiglia nel mondo moderno, fu il capitalismo», diceva il grande britannico. «È il capitalismo che ha portato le tensioni morali e la competizione affaristica tra i sessi, che ha sostituito all'influenza del genitore l'influenza del datore di lavoro; che ha fatto sì che gli uomini abbandonassero le loro case per cercare lavoro; che li ha costretti a vivere vicino alle loro fabbriche o alle loro ditte invece che vicino alle loro famiglie; e soprattutto che ha incoraggiato per ragioni commerciali, una valanga di pubblicità e di mode appariscenti che per loro natura uccidono tutto ciò che erano la dignità e il pudore dei nostri padri e delle nostre madri».In nome della «libertà individuale», in sostanza, abbiamo quasi ucciso l'amore. E per sottrarci alla «oppressione» della religione, della famiglia e di tutte le autorità verticali, ci siamo imprigionati volontariamente nei meccanismi del mercato. Con il senno di poi, forse non è stata una idea strepitosa.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






