2023-06-29
La libertà di stampa Ue è spiare i giornalisti
Emmanuel Macron (Getty images)
Bruxelles (con la Francia di Macron capofila) sta lavorando a una legge che consenta di sorvegliare con i virus telematici le fonti e il lavoro dei cronisti. La scusa è la sicurezza nazionale degli Stati: ma è l’informazione a non essere più al sicuro ora.Partito per difendere la libertà di stampa, dopo lo scandalo internazionale dello spionaggio con i programmi di sorveglianza come Pegasus, il Parlamento europeo si appresta ad assestarle la mazzata definitiva. Una norma contenuta nella bozza del nuovo European Media Freedom Act consentirà agli Stati membri di spiare i giornalisti, i direttori e le loro fonti per motivi di «sicurezza nazionale». Una formula volutamente vaga e invasiva che già oggi consente incursioni micidiali su un terreno delicatissimo come quello del diritto/dovere di informare. A spingere per la pillola avvelenata nella nuova legge è stata finora soprattutto la Francia di Emmanuel Macron, spalleggiata da Germania, Olanda, Grecia, Repubblica Ceca e Lussemburgo.Proprio martedì, in Lussemburgo, il governo è stato attaccato dalle opposizioni, che hanno chiesto ufficialmente di sapere perché sta appoggiando questo colpo di mano. Il Lussemburgo, nell’economia di questa storia, è tutt’altro che marginale perché è da anni una base operativa formidabile per le aziende che vendono dispositivi di intercettazione. Un mercato che l’Europa sta cercando di regolare meglio. L’articolo 4 della nuova proposta di legge vietava esplicitamente le misure coercitive nei confronti dei giornalisti per svelare le loro fonti e proibiva il controllo delle comunicazioni e l’utilizzo di software spia su telefonini e computer. Una norma in linea con lo spirito della riforma, senza dubbio. A metà aprile, però, ecco il colpo di scena. In un negoziato a porte chiuse al Consiglio europeo, dove sono presenti anche i rappresentanti dei vari governi, la Francia chiede che questo articolo 4 venga capovolto: spiare i giornalisti, anche con l’uso dei vari trojan, dev’essere consentito se giustificato dalla famosa «sicurezza nazionale». La bozza della nuova legge, con tanto di pillola avvelenata alla francese, è stata pubblicata la scorsa settimana e ha suscitato le proteste di vari eurodeputati e delle principali organizzazioni internazionali dei giornalisti. Il rischio è abbastanza evidente: non solo i giornalisti potranno essere spiati per ragioni spesso non verificabili, ma ci sarà un effetto deterrente assai forte nei confronti delle loro fonti, la cui riservatezza sarà minacciata. Ad allarmare è anche il fatto che la possibilità di spiare riguardi non solo reati come il terrorismo, ma praticamente tutte le 32 fattispecie che consentono il mandato di cattura europeo, in uno spettro che va dall’omicidio alla pirateria musicale.Quello che può essere benevolmente definito un pasticcio segnala il consueto alto grado di ipocrisia. In scia ai francesi si sono messi rapidamente i governi di Germania, Olanda, Repubblica Ceca, Lussemburgo e Grecia, che hanno appoggiato il capovolgimento dell’articolo 4. Secondo la stampa inglese, assai preoccupata perché i suoi giornalisti che scrivono di affari europei potrebbero essere controllati, nessun rappresentante degli altri governi ha fatto una piega. E lo stesso risulterebbe dai verbali. La presidenza di turno svedese ha fatto aggiungere un paragrafo nell’ultima bozza in cui si sottolinea che l’articolo 4 «non pregiudica la responsabilità degli Stati membri per la salvaguardia della sicurezza nazionale». Un portavoce del ministro tedesco per la Cultura e i Media, Claudia Roth (una verde, attivista per i diritti delle donne e della comunità Lgbt), ha giustificato il sostegno di Berlino al blitz francese con la necessità di «garantire che gli Stati non si vedano compromettere le loro competenze in materia di sicurezza nazionale, come stabilito dal Trattato Ue».Il bello è che se si va a vedere lo spirito del Media Freedom Act si scopre che doveva servire a tutt’altro. Con la nuova legge si vorrebbe creare un regolatore europeo (l’ennesimo) che dovrebbe armonizzare regole e procedure, promuovere l’indipendenza degli editori, garantire un finanziamento equo alle emittenti pubbliche e prevedere paletti chiari per evitare le ingerenze degli editori nelle redazioni. Così, partiti con un vasto programma per promuovere un’editoria libera e pulita, gli eurosoloni rischiano di produrre un’editoria libera, sì, ma dalle notizie.Per chi credesse che il colpo di mano s’inserisca in un dibattito astratto, ecco che c’è una commissione parlamentare europea che dallo scorso anno lavora su Pegasus, lo scandalo del software spia israeliano che è stato usato contro politici e giornalisti in una serie di nazioni europee, tra cui Spagna, Polonia e Ungheria. Mentre in Grecia è stato adoperato Predator, prodotto simile. La commissione speciale ha chiesto di vietare la vendita di software spia fino a quando non sarà stabilito per legge in quali casi eccezionali uno Stato può utilizzarli. Una risposta indiretta le è arrivata ora dal sedicente Media Freedom Act. Quanto all’Italia, in attesa di una posizione ufficiale, sarebbe bello che chi in questi giorni s’indigna per la cancellazione della valorizzazione del giornalismo d’inchiesta dal contratto di servizio Rai (obiettivamente, non una bella pagina) prestasse attenzione a che cosa sta succedendo nel cuore dell’Europa democratica.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)